Le bimbe dormono. Volevo guardare il tutorial di una hipster americana per imparare a usare gli acquerelli ma non riesco a concentrarmi.
Il mio psicologo una volta mi ha detto che all'inconscio piacciono le date (un ex fidanzato mi aveva mandato un messaggio proprio il giorno del mio compleanno, non di auguri, un sms per chiedermi un favore, e secondo Rolando era stato un giochetto del suo inconscio). Allora sono andata a spulciare nei messaggi per ricostruire bene la data, che non mi ricordavo più precisamente. E ne ho avuto la conferma, il mio inconscio lo sapeva già: un anno fa era la vigilia di un giorno in cui, non so bene come, presi una valigia e me ne andai di casa con le bimbe.
Un bel respiro.
Si muore un po' per poter vivere, cantava la Caselli per giustificare il suo Insieme a te non ci sto più che però a me piace soprattutto nella versione di Battiato. Ma si muore un po' anche restando, quando ciò in cui resti ti stringe ogni giorno un po' di più. Quando non ti riconosci più in ciò in cui ti sei trovata (o messa o finita o bho). Quando ti accorgi che nemmeno sai più, letteralmente, tenere la schiena dritta da quanto sei provata. E la vecchia te, quella di prima che il mondo si facesse un angosciante asfissiante buco nero, lo sa che corpo e mente sono la stessa cosa, e che se non riesci più a tenere la schiena dritta è grave, che devi rimetterti a fare yoga, che devi far fluire le energie, lo sa, ma non riesce a farsi spazio e mettersi al comando e prendere in mano la situazione e fare ciò che va fatto.
Non ci riesce perché è in continuo allarme, perché intorno si è fatto il vuoto, perché é incazzata perché intorno c'è il vuoto -e dove cazzo sono andati tutti-, e chi c'è ausi sempre la giudica, e perché vuole le sue bambine ma lo sa che le sue bambine la fanno andare ad un ritmo necessariamente più lento, e che le accelerate ai bimbi non piacciono, e non riesce perché pensa di avere colpe, perché pensa che se lo ama dovrebbe aiutarlo ancora un po' di più, che se lo molla tutti diranno -o penseranno, che è ancora peggio- " ecco, vedi, te l'avevamo detto, lo sapevamo, dovevi ascoltarci dovevi dovevi dovevi". Non ci riesce perché ormai il cervello è in loop, non si dorme, non si vive, si tira una boccata d'aria ogni tanto. Non ci riesce perché tante cose che rifiuta urlando rispedendole al mittente le sono entrate nella testa, e un po' ci crede davvero e non sa più distinguere paranoie da fatti, non ci riesce perché ci vuole tempo energia e soldi anche per uscirne e perché da perfezionista non accetta che dovrà passare un momento difficilissimo e nemmeno sa quanto lungo sarà questo momento e vorrebbe la bacchetta magica per risolvere tutto, subito, ora, tutto, subito, ora. Non ci riesce perché nonostante tutto e nonostante tutti si mette nei panni dell'altro, che a tratti è carceriere manipolatore tenero amato stronzo irresponsabile paranoico sadico gentile, perché vuole controllarlo, salvarlo, l'ha promesso, se l'è ripromesso, gliel'ha promesso. Non ci riesce perché si sente che è sbagliata lei, che se è finita in questa casa così asfissiante è colpa sua, qualcosa in lei deve essere irrimediabilmente rotto marcio putrefatto e allora perché uscirne che gli altri lo vedranno anche loro quanto di rotto marcio e putrefatto c'è?
Un bel respiro.
365 giorni fa, ho preso una valigia, ho sorriso alle bimbe e sono andata via. Ho lasciato casa mia e speravo, pregavo con tutta la mia forza che anche lui se ne andasse perché se non se ne fosse andato avevo una sola alternativa, e non la volevo. Mi viene da vomitare a pensarci, anche ora. Eppure forse, se lo sarebbe meritato. Non so, non lo voglio sapere, non ho più voglia di cercare colpe e colpevoli, vittime e vittimismi, ripicche e restituzioni.
Passano dei giorni, festeggio i miei 40 anni con i cerchi sotto gli occhi, i capelli sporchi, le bambine urlanti, poche amiche tenerissime. Ad un certo punto torno a casa, bimbe a scuola, riprende il lavoro. La pandemia, la DaD, i consigli d'istituto di classe di materia e dipartimento, il parco, le tate, lo psicologo, lacrime, urla, paura ansia rabbia, fai il papà cazzo, devi farlo, ancora lì, che controllo e salvo, le riunioni Al-Anon, la sponsor, "Signore, dammi la serenità", non so più interagire con le persone, di che cosa si parla, vado velocissima e poi rallento, mi incazzo, pesate le parole, prendetevi le vostre ansie che le mie bastano, prendo congedi, sistemo la cantina, i libri, vado dallo psicologo, avvocati, tribunale, custodia, affido, soldi, angoscia, speranza, fai il papà cazzo, prega Marilisa, prega, amorevole intelligenza divina pensaci tu, ringrazia, la liste delle cose di cui essere grata prima di andare a dormire, nel buio, una di qui l'altra di là, ce le raccontiamo le cose belle della giornata dopo aver fatto mamma lupa e lupacchiotte sotto il lenzuolo, la casa che ritrovo e ricostruisco e ricompongo mia, le ragazze che mi aiutano, dire la verità agli studenti di quinta, ascoltarne due che mi dicono "a casa mia era uguale", i conti con il passato, l'odore delle case di quando ero piccola, chi ero con gli ex, fare i conti con ciò che ho dato e ciò che ho preso, come l'ho preso, l'avrò restituito, bho, mi sarà stato restituito, che pezzo è mancato, "quando mi lascerai creerò le mie cose più belle, come Orfeo", una fitta al cuore, sogni di pianti tenerissimi, scrivere, sentirmi scema fortunata furibonda stremata timidamente entusiasta sicura di fronte all'abisso pronta.
Un bel respiro.
E' l'unica cosa che conta. Saper fare un bel respiro al momento giusto.
Paul Klee, Ponte Rosso, 1928
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