Pensavo una cosa banale, mentre tornavo da RdL a Milano stasera.
Ascoltavo la partita dell'Italia dall'iPhone, non so nemmeno io bene perché. Forse perché al ristorante con degli amici la guardavamo distratti, poi loro sono andati a casa a godersela, e io invece a salutare i miei, che a loro volta la seguivano con alterna convinzione e quindi poi volevo sapere come andava a finire.
E pensavo appunto che una persona, di fronte ad una partita di calcio può essere posizionata in molti modi diversi.
Può ignorare che si giochi, fregarsene pur sapendolo, può guardarla con partecipazione in tv, ascoltarla tramite le urla dalle case dei vicini, scegliere la radiocronaca (RadioRai ne offriva due diverse). Potenzialmente potrebbe essere allo stadio a vederla, o addirittura essere tra i giocatori in campo, oppure arbitrarla oppure essere il raccattapalle, il cameramen, il giornalista, l'allenatore...
Ognuna di queste esperienze rispetto allo stesso oggetto è vera ed indiscutibile. Ma non si pensa quasi mai alla possibilità che le cose esistano anche da punti di vista diversi e si vive come se quello che si vive in prima persona sia l'unica assoluta verità.
In un certo senso è così, perché non si può vivere la realtà di un'altra persona, e noi esperiamo il mondo solo attraverso noi stessi. Ma se io mi convincessi che l'unico modo vero di vivere una partita sia guardarla in tv e per assurdo convincessi tutti gli altri esseri umani di questa mia verità, nessuno giocherebbe più a calcio, e quindi non potrei più vedere alcuna partita.
Quindi ora, invece di chiudere con una sentenza, ammetterò che me ne sto andando a letto con una domanda.
Ovvero: come faccio a sapere che esistono tanti "posizionamenti" diversi, ad accettarli e a considerare che hanno tutti pari dignità, senza per questo smettere di avere delle opinioni e quindi dei motivi per vivere e per spendere il mio tempo e le mie energie? Ho qualche abbozzo di risposta, sia teorica che pratica, ma a tratti è ancora un bel casino.
Nessun commento:
Posta un commento