Ieri ragionavo sul fatto che i bambini imparando a parlare non riescono a non credere nell'assoluta identità tra un oggetto e il nome che lo designa e che sentono ripetere continuamente. Si sforzano tantissimo nell'impresa di impossessarsi del mondo, di far coincidere il prodotto del loro apparato fonatorio al mondo. E pure si sforzano per sentirsi dire bravi dai genitori, e si illudono che quando parleranno gli altri finalmente li capiranno. Ma non sanno che in realtà ci sono molti modi per dire una cosa, e non solo perché esistono tante lingue. E perdono pian piano il loro potere magico di creare il mondo, perché ne accettano uno che gli viene già dato, e non inventano più altri modi per chiamarlo/ricrearlo.
Ad esempio oggi pensavo di essere sveglia, e poi invece ho aperto gli occhi aperti e ho visto che stavo su una fune. E nessuno mi ci aveva messo, ci stavo, ci sto. E ho tre possibilità: A. sperare in un colpo di vento o in qualcuno che tagli la fune e così cadere (non mi piace) B. tornare indietro C. continuare ad andare. Visto che le possibilità di cadere sono uguali sia tornando indietro che proseguendo, andrò avanti.
E per concludere:
Quello che non affronti, si ripresenta.
Quello che cerchi, lo stai già trovando.
Quello che non fai, non esiste.
Quello che ti fa paura, è la cosa da fare.
Quello che ti rubano, te lo devi riprendere.
Quello che vuoi riprendere, non è detto che tu lo debba rubare a tua volta.
Quello che riprendi, lo puoi nascondere, oppure regalare.
E infine, molto importante: quello che ancora non hai, non potresti regalarlo. Ma quando lo regalerai, allora ce l'avrai.
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