domenica 18 dicembre 2011

Perché potrei smettere di andare da Rolando. Potrei dico.

Nel regno del kitsch travestito da ristorante da me oggi frequentato è avvenuta l'epifania.
Vi racconto come.
Mia mamma ha compiuto gli anni, e dopo il pranzo composto da cinque antipasti freddi due antipasti caldi due primi pesce (una spigola a testa) sorbetto frutta dolce, arriva la torta di compleanno. Rivestita ma anche ripiena di crema e panna montata, con al posto della candelina una sobria fontana di luce pirotecnica.
Foto di riti con i nipoti, e già contavo di averla sfangata. Invece il cameriere incalza "Ma con i figli no?".
Io e le mie sorelle ci guardiamo e con la fatica delle leonesse in digestione ci alziamo e circondiamo la genitrice, a cui si aggiunge anche il genitore.
Il nipote grande, il Lorenzo dell'episodio pasquale scatta con l'Iphone, mentre il cameriere, sempre lo stesso, dice a mio padre: "Un maschio non le è proprio riuscito, vero? Ma ci sperava, dai".
Mia mamma mugula "Cambi discorso" conscia delle mie fatiche psicologiche nell'essere la terza figlia femmina a cui la nonna disse "Ah, che delusione quando sei nata tu".
Mio padre replica al servitore di essersi rifatto con i tre nipoti maschi. Poi dopo un attimo di silenzio dice "E comunque anche le mie figlie hanno le palle". Il cameriere bofonchia delle cose sui mariti di donne con le palle, mentre mio papà lo ignora e sorride beato.

E se dico che potrei smettere di andare da Rolando, ma continuerò ad andarci, è perché io le palle non le voglio, e anche per molti altri motivi. Ma dentro le parole di mio padre c'è la bellezza del mondo, come la sa esprimere lui. E finalmente questo modo riesco a capirlo.

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