giovedì 6 settembre 2012

La scelta di scegliere

Ho visto la prima nebbia d'autunno attraversando la pianura. Sono tornata a Milano definitivamente, forse definitivamente (citazione tradotta dagli Oasis, me ne rendo conto mentre scrivo), dopo un mese di lavori imprevisti, decisi all'ultimo momento. Un mese di distanze e vicinanze, scelte oppure forzate. E ora ci sono tantissime facce dentro i miei sogni, e nelle mie veglie impastate di sonno e di alcool e di troppi pensieri, pensieri su cui per lunghi tratti ora riesco a galleggiare, divertendomi pure.
Sogno la mia vita anche. E la veglio. E, sorpresa ed entusiasta, addirittura la vivo. E mi piace, e io piaccio a lei. E per ringraziarmi, dalla stessa vita mi sgorga altra vita dentro, mi scorre nel giro che penso infinito ma che ahimé finirà del sangue venoso-arterioso-venoso.
E in tutto ciò quello che davvero sta al fondo dei miei pensieri oggi, nascosto come un semino bianco racchiuso da un nocciolo rugoso racchiuso da una pesca profumata, è che per quanto proviamo a stare attenti, mai potremmo camminare senza ammazzare insetti. Insomma, che la vita per essere vissuta chiede un tributo, se lo vogliamo dire cattolicamente. Ma possiamo anche dire che la vita genera morte che genera vita. Ecco mi piace di più.
Muoiono continuamente parti di noi, a volte dobbiamo avere coraggio e accelerarne l'agonia, che sotto il vecchio preme il nuovo, tenero e molliccio come il guscio di un gamberetto dopo la muta.
Non so se anche per voi è così, ma per me è ormai chiaro che imparare a morire è imparare a vivere, come imparare a vivere è imparare a morire. E che rifiutarsi di morire significa regalarci un inutile noioso sopravvivere, che puzza di minestrina di ospedale. Basta. E' talmente evidente che non ci voglio pensare più.


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