giovedì 7 luglio 2016

Nietzsche guarda i gatti e i gatti guardano nel sole, mentre il mondo sta girando senza fretta


The natural is sufficient. If one strives, he fails.Lao-Tzu
We do not possess an 'ego'.
We are possessed by the idea of one

Wei Wu Wei 
Stavo impazzendo perché il mio gatto Apache non accettava il nuovo gattino, Zen, trovato sotto una macchina. Era furibondo con lui e con me, ringhiava e soffiava tutto il giorno. E allora io ho comprato il diffusore di ormoni materni facciali, ho separato le ciotole del cibo, le lettiere, li ho tenuti lontani per una settimana, coccolavo Apache con l'unico risultato di farlo innervosire ancora di più. 
Poi, sono andata al mare per 5 giorni. Li ho chiusi in casa, con una signora che un giorno sì e uno no passava per cibo acqua e altre necessità. Sono tornata e ora Apache e Zen hanno trovato un loro equilibrio. Apache fa di nuovo le fusa e Zen gli mordicchia la coda. Sono quasi amici, direi. 
Tutto questo mi fa pensare.
Che le cose vanno sempre come devono andare.
Che mi sopravvaluto come gattara. 
Che sopravvaluto in generale il potere delle mie azioni: mi agito perché le cose funzionino e ciò di solito complica tutto.
Perché tutta questa agitazione, che forse non è solo mia, ma di molti? Ci agitiamo tantissimo per ottenere le cose, e facendolo alteriamo le condizioni di partenza e aggrovigliamo tutto.
Probabili motivi:
non ci fidiamo abbastanza di noi stessi, quindi dobbiamo fare, agire, provarci al massimo;
non ci fidiamo abbastanza dell'Universo, che di solito fa che le cose vadano per il meglio, o perlomeno per la soluzione più semplice;
dobbiamo provare il nostro ego: siamo bravi, siamo in gamba, ce la facciamo, otteniamo risultati. 
Il problema è sempre lì: vivere per l'ego. Per l'ego a volte  facciamo cose molto brutte, ma anche cose che apparentemente sembrano belle. Per l'ego siamo gentili, attenti, giusti, carini, non ci arrabbiamo mai, non ci emozioniamo, fingiamo che non ci piaccia scopare, mangiamo con i gomiti stretti anche quando stiamo morendo di fame, non mandiamo affanculo chi se lo meriterebbe, accontentiamo tutti, assecondiamo l'idea che vogliamo che gli altri abbiano di noi. Per l'ego ci allontaniamo da noi stessi, dal nostro centro e abbracciamo un'immagine falsa, rinunciamo ai nostri desideri e coltiviamo mazzi di rancore. 
Ma voler parere buoni non significa esserlo e non significa nemmeno che i risultati dei nostri sforzi siano buoni. Le mie intenzioni nel prendermi cura di Apache e Zen erano buone, ma i risultato no. Andare via 5 giorni lasciandoli soli è stata una scelta che avrebbe fatto gridare all'abbandono di animali le gattare più dure e pure, perché sai, in un momento delicato come quello dell'inserimento di un gattino nuovo in casa, bisogna essere lì. Eppure l'azione buona ha dato risultati cattivi, l'azione sbagliata risultati ottimi. 
L'ego è la vera causa della morale degli schiavi di cui parlava Nietzsche. Vogliamo sembrare buoni, nascondiamo la nostra forza per non sembrare stronzi, ma in realtà vogliamo manipolare. E soprattutto non vogliamo che gli altri pensino che siamo stronzi.
Esempio: l'altro giorno un tizio con cui lavorai mille anni fa, a little weird, mi scrive per la centordicesima volta su FB. Per anni l'ho ignorato e accettato alcuni poke (ma, per dio,  ancora si fanno i poke?), aggiornamenti non richiesti sulla sua vita, qualche commento sulla mia bacheca, velati inviti a vedere che maschio era. Mi sono resa conto che mi ero convinta che non gli dicevo di mollarmi perché non volevo farlo rimanere male. Era una scusa per non sembrare stronza ai suoi occhi. Ma non avevo più voglia di sentirlo e di trovarmi di fronte ai suoi imbarazzanti messaggi. Ne avevo facoltà, quindi ho deciso di cancellarlo dagli amici. 
Perché dobbiamo sempre lottare per essere migliori di ciò che siamo? Non è più facile accettare ciò che siamo e vedere che man mano questa accettazione crea spazio per un miglioramento naturale? Non significa vivere come bruti, eh. Significa usare quell'amorevole accettazione che il nostro ego beneducato usa per tutti innanzitutto per noi stessi, lasciandoci liberi, accettando le nostre reazioni naturali, dicendo sì e no quando vanno detti. 
Credo che un mondo in cui tutti vivessimo fino in fondo la morale dei padroni potrebbe essere un filo complicato. Ma per arrivare ad una moralità che tenga insieme me stessa e il mondo, bisogna assolutamente passare da una moralità che se ne freghi dell'ego che ci vuole buoni, e che vada verso ciò che veramente è buono per noi. 
Serve che smettiamo di mascherare i nostri desideri, reprimerli, travisarli e invece ci sentiamo forti abbastanza da viverli tutti e temperarli per poter avere una vita comune. 
Chi invece non ha il coraggio di sentire i suoi desideri, di agire un po' meno ma più pienamente, senza paura del giudizio altrui delle consuetudini di ciò che direbbe nonna sembrerà anche buono visto da fuori, ma andrà per il mondo emanando effluvi rancore che cercherà di camuffare sotto parole di bontà universale al profumo di rosa.