lunedì 6 febbraio 2017

L'amore e il tempo

Corri nel tempo e scorri nel tempo.
E nel tempo scorre qualcosa. 
E nel tempo è qualcosa che conosci e non conosci ma che riconosci. 
E che sa fermare il tempo stesso.

Non l'avrei mai detto. Ho una fede al dito e sono felice. Io capocciona, io individualista, egoista, spaventata e a tratti spaventevole.
Ho attraversato un tempo immenso con furibonda lentezza, per incontrare con estenuante velocità un essere umano che ha un cuore il cui ritmo è uguale al mio. Che ha ferite difetti luminosità slanci paure turbinii ali.
Non che gli altri esseri umani non li abbiano. Ma i suoi risuonano di luoghi lontani eppure così familiari, con un'armonia che mi rassicura e mi riempie e mi allarga il cuore e mi porta i piedi in una voragine in cui mi sento al sicuro.
E per una volta so che anche io voglio non il mio bene, ma il suo. Che potrei vivere lontana da lui se potesse renderlo più felice, che andrei in pellegrinaggio in tutti i luoghi sacri del pianeta per chiedere un'ora in più del suo respiro, ovunque volesse respirare. Che sono disposta a rinunciare ai miei migliori difetti. Che sono disposta a perdonargli i suoi inarrivabili pregi. 

Chiunque dice e dirà ciò che vuole su noi due, penseranno bene o male, inventeranno, faranno ipotesi, cresceranno le lingue e forse si biforcheranno. Nemmeno noi sapremo dire la verità, perché sta in un posto del cuore inaccessibile a chiunque, anche a noi stessi, e se anche ci arrivassimo non sapremmo dirla perché con le parole la soffocheremmo. Sapremo solo riconoscerla e, forse, lo speriamo, provare a viverla, in una tempesta di giorni a venire in cui tenerci stretti, in cui aggrapparci a quell'essenza che scorre nel tempo, immota, quell'essenza che in pochi istanti abbiamo riconosciuto. 

La cosa più vicina alla verità che posso, che possiamo dire, sono le parole di Dante Alighieri alla fine del Paradiso 

A l'alta fantasia qui mancò possa;
ma già volgeva il mio disio e 'l velle,
sì come rota ch'igualmente è mossa,
l'amor che move il sole e l'altre stelle.

Perché l'esperienza dell'amore, di questo cuore che volevamo lanciare oltre l'ostacolo, di questo cuore che voleva saltare gli ostacoli e che solo scoprendosi rotto vide uscire i propri ostacoli da dentro, è l'unica vera esperienza religiosa. Che dura un attimo, ma si cerca di rivivere e ripetere per tutta la vita. Non solo io per lui e lui per me, ma come figli, genitori, amici, colleghi, esseri viventi, l'esperienza dell'amore salva. Ma è necessario che sia io per lui e lui per me perché da lì nasce e torna, per me, quell'amor che move il sole e l'altre stelle. 



PS: grazie a tutti quelli a cui ho voluto bene, senza mai saperlo fare abbastanza bene. Grazie a tutti quelli che hanno provato e provano a volermi bene, senza che io glielo abbia o glielo permetta. 

martedì 3 gennaio 2017

Credere in Dio non serve a niente. Ed è una buona notizia, abbiate fiducia.

Titolo molto reciso, direte, per il primo post dell'anno, dopo diversi mesi di assenza.
Be', avete ragione. Ma credo di avere le mie buone ragioni per affermarlo.
Se mi chiedeste se credo in Dio, vi risponderei di no. Perché purtroppo quando usiamo questa parola, Dio, abbiamo quasi sempre in mente una costruzione tutta umana. E quando usiamo la parola credere stiamo limitando la forza di Dio.
Un Dio che ha trovato rifugio nelle pagine di libri che si considerano ispirati o addirittura scritti da Dio. Eppure è evidente che portano in sé le tracce culturali e umane che li hanno creati, sebbene vi si possano trovare perle di grande spiritualità.
E' evidente che quando parliamo di Dio parliamo di qualcuno che dovrebbe salvare noi in quanto bravi devoti, che crediamo nel Dio giusto, e dannare gli altri che non credono in lui come lui ha stabilito (il fatto che ci siano testi sacri così diversi tra di loro significa affermare che per un credente uno solo sia il Dio vero e che gli altri, purtroppo per loro, sono miscredenti che prima o poi dovranno giungere alla verità, o perire nell'errore).
E' evidente che chi crede in Dio non crede altro che in un sistema di dogmi in cui gli è vietato guardare, pena l'ira di Dio.
E' evidente che i riti e i culti ripetuti fin dalla prima infanzia, non spiegati, non vissuti, non compresi, non possano aiutare a incontrare Dio,
E' evidente che la religione per come è ora abbia bisogno di far leva sulla paura dell'inferno per convincere a credere in Dio. Peccato che sia ormai evidente che con la paura non si educa veramente nessuno, nemmeno ad amare Dio, anzi.
E' evidente che per molti devoti Dio non sia altro che colui che dovrebbe risolvere i loro problemi, perdonarli quando sbaglino, sostenerli quando sono bravi ed è evidente che chiunque si consideri devoto è convinto che Dio gli debba dei favori in quanto appunto bravo devoto, e si arrabbierà e indignerà quando questi favori non arriveranno nel modo in cui lui ha stabilito che debbano arrivare.
E' evidente che le religioni siano strumenti di potere (tutte le religioni hanno cercato di espandersi, anche con le armi) e che il potenziale distruttivo delle guerre di religione non si è ancora esaurito, purtroppo.
E' evidente che sebbene il contributo delle religioni allo sviluppo dell'umanità sia stato gigantesco (le prime regole morali, la devozione, il desiderio di una vita che non sia animalesca) è un contributo che dovremmo avere il coraggio di abbandonare, perché l'umanità non è più nell'infanzia e non ha più bisogno di storie ma è ormai adolescente o addirittura adulta e ha bisogno di altro, di verità.
E' evidente che chi crede in Dio si ritiene salvato anche se non fa nessuno sforzo per vivere fino in fondo alla sua anima secondo ciò che la sua religione comanda. Spesso crede che i riti e l'esteriorità lo salveranno, sebbene anche nei libri sacri questo sia recisamente negato.
E' evidente che chi crede in Dio vede ovunque la corruzione, ha paura di chi la pensa diversamente e di chi vive diversamente perché le sue credenze sono talmente basate sulla paura da essere superficiali, possono crollare da un momento all'altro.

Ciò che a me pare evidente è che serve avere fiducia in Dio. Dio non ha bisogno che io creda in lui, se c'è crede abbastanza in se stesso da fare quello che gli pare, sia che io creda sia che io non creda. Però avere fiducia in lui come principio organizzatore delle cose potrebbe essere sensato.
Avere fiducia in Dio significa rinunciare alla pretesa che io sappia dire che cosa sia vero o falso su di lui, sui modi in cui vuole essere pregato, sui libri che ha scritto o non ha scritto.
Avere fiducia in Dio significa smettere di giudicare secondo categorie che non possono che essere dell'ego: buono come conveniente per me, cattivo come non conveniente per me (o la mia famiglia o il mio gruppo sociale, è uguale).
Avere fiducia in Dio significa non aspettarci che Dio ci dia ciò che noi vogliamo, non chiederci che cosa di male abbiamo fatto per meritarci la sua punizione ma fermarsi a guardare le nostre azioni e vedere i loro risultati e avere il coraggio di cambiare le azioni per avere altri risultati. Significa accettare che tutto è perfezione, perché tutto ha una lezione da insegnarci, se stiamo ad ascoltarla invece di sovrapporvi la nostra angusta visione.
Avere fiducia in Dio significa leggere in tutti i testi sacri qualcosa di buono e capirli secondo il doppio parametro dell'umano e dello spirituale, e discernere ciò che si può lasciare andare, ora che come umanità siamo quasi tutti adulti, e che cosa invece sarebbe il momento di approfondire.
Avere fiducia in Dio significa usare la ragione per conoscere il mondo.
Avere fiducia in Dio significa allargare il cuore perché lui lo possa colmare e perché vi entrino non solo i nostri cari, ma tutta l'umanità, visto che la separazione è solo una povera, misera illusione.
Avere fiducia in Dio significa vedere che possiamo vivere accanto a chi la pensa diversamente da noi, a chi crede in Dio in un altro modo, a chi non crede e non sentirsi interiormente costretti dalla paura della corruzione ad odiare, disprezzare, demonizzare il diverso.
Avere fiducia in Dio significa avere fiducia in noi stessi: saremo noi a toglierci dai problemi e a creare un futuro migliore, anche correndo rischi, ma sicuramente non sarà l'intervento magico di Dio a farlo.
Avere fiducia in Dio significa educare nel rispetto e nell'amore e non nella paura: educare al bene e non educare contro il male.

E' possibile che Dio non esista, ma se concedo fiducia a Dio senza giocare alle scommesse come faceva Pascal, mal che vada concederò fiducia alla vita. E quando concedi fiducia a qualcosa, non una fiducia ingenua, ma una fiducia sensata, aperta, capace di cogliere i segnali che arrivano, di solito viene ripagata.