mercoledì 29 gennaio 2014

Tertium non datur

Dimostrare/dimostrarmi di essere brava, intelligente, infallibile. Evitare il fastidio, la fatica, lo sforzo, per evitare il fallimento. Disconoscere i propri mostri. Rifiutare la propria natura. Aderire ad un modello.
Oppure
Provare, sbagliare, imparare, fare.


Per una ridefinizione del se', per superare le definizioni del se'.


Non c'e' tregua, sono la casalinga, non cosi' disperata, della mia anima.
E' un continuo, quotidiano, noioso, a volte faticoso e fastidioso, indispensabile lavorio.
L'entropia non va in vacanza.







lunedì 27 gennaio 2014

Postilla al post precedente

Dimenticavo: ci vuole un gran culo.

Che coss'è l'amor. The ultimate answers.

Se cerco di immaginarmi il nuovo aspetto che il dispotismo potrà avere nel mondo, vedo una folla innumerevole di uomini eguali, intenti solo a procurarsi piaceri piccoli e volgari, con i quali soddisfare i loro desideri. Ognuno di essi, tenendosi da parte, è quasi estraneo al destino di tutti gli altri: i suoi figli e i suoi amici formano per lui tutta la specie umana; quanto al rimanente dei suoi... concittadini, egli è vicino ad essi, ma non li vede; li tocca ma non li sente; vive in se stesso e per se stesso e, se gli resta ancora una famiglia, si può dire che non ha più patria. Al di sopra di essi si eleva un potere immenso e tutelare, assoluto, particolareggiato, regolare, previdente. Rassomiglierebbe all'autorità paterna se, come essa, avesse lo scopo di preparare gli uomini alla virilità, mentre cerca invece di fissarli irrevocabilmente nell'infanzia: ama che i cittadini si divertano, purché non pensino che a divertirsi...
Alexis de Tocqueville, La democrazia in America, 1848

"Fammi stare in mezzo alle tue gambe, non serve altro. Ma com'è possibile che tu abbia le gambe cosi' lisce?"
Quando ti accorgi che invece di metterti a sedere ed elencare infastidita lo scrub, la depilazione, le creme e il massaggio ecc ecc te ne stai sdraiata e sorridendo dici: "Ho le gambe cosi' lisce perche' ci sono nata, anzi dio o qualsiasi cosa mi ha fatto cosi' in attesa del momento in cui  tu saresti arrivato qui e non saresti mai piu' voluto andare via", ecco quando dici cosi', c'è qualcosa di irrimediabile. E quando sorridi al pensiero dell'irrimediabile, hai proprio perduto. O forse hai vinto.

"Come sei bella struccata..." Se invece di prenotargli una perizia psichiatrica gli credi e addirittura esci senza truccarti senza nemmeno notarlo, ecco hai proprio perduto. O forse hai vinto.

L'amore rende scemi. Evviva l'amore. Si diventa saggi, e meno presuntuosi.
L'amore rende pigri. Evviva l'amore. Si diventa selettivi.
L'amore rende attivi. Evviva l'amore. Si diventa energici.
L'amore fa paura. Evviva l'amore. Si diventa coraggiosi.
L'amore rende vivi. Evviva l'amore. Si diventa supereroi.

Visto che tutti dovremmo sposare o almeno passare la vita accanto al nostro primo amore, puro illimitato gioioso e trepidante, ma a volte non è possibile (e volte è ancor meno raccomandabile o consigliabile), prima di ogni storia d'amore è saggio imparare a trattare le nostre precedenti esperienze amorose come appartenenti a vite precedenti. Ci hanno insegnato molto, ci hanno fatto incarnare nella vita in cui siamo ora, ma stanno da un'altra parte. Ogni amore è un primo amore, o non è.

Stare zitti senza imbarazzi. Santo potere dell'amore.
Parlare imbarazzati. Santo potere dell'amore.

L'amore arriva. La disposizione ad amare si costruisce e prepara. L'amore a volte finisce anche, ma bisogna far finta che non accada mai. E quando accade, piangere forte, e ringraziare di aver amato. E non riparare il cuore, che poi non entra e non esce piu' nulla.

Quando uno ti dice che vuole stare con te, stai bene in equilibrio tra queste tre cose:
- ma come cazzo e' possibile?
- ma che dono degli dei!
- ma certo, fai benissimo, anche io vorrei stare con me.
E ricorda, l'equilibrio e' dinamico, altrimenti e' paralisi.

L'amore e' sempre un po' malinconico, perche' l'oggetto del nostro amore ci sfugge sempre e noi vogliamo prenderlo. Ma non si puo'. Lasciarlo andare e seguirlo, andare e farsi seguire. Se prendi o ti fai prendere una volta per tutte, stringerai il pugno attorno a aria putrida.

Un piccolo elenco, provvisorio e poco attento, delle ultimate love songs: una, due, tre, quattro e cinque. E sei. E sette. E otto. Ma bho, ci sta tutto quello che volete. Che palle le classifiche.

L'amore rende piu' forte il committment verso relazioni migliori, letture e visioni migliori, lavoro migliore, politica migliore, mondo migliore. Che vivere solo io e il mio amore, due cuori, una capanna e un dito medio a tutto il resto ucciderebbe l'amore, se mai ce ne fosse stato.

Ne' ieri ne' domani. Adesso, un adesso con il potere di mille testate nucleari, e allora il futuro diventa da solo quello che deve diventare.

Visto che l'amore pensato e' un bacio non dato, queste parole saranno le ultime sull'amore, in questa forma. L'amore fa anche evolvere, in caso non fosse ancora chiaro. L'amore e' un mistero, basta rompergli i coglioni.

domenica 26 gennaio 2014

Le charme discret de la bourgeoisie


Those who dare to teach must never cease to learn


Io volevo lavorare, ma poi Silvia mi rompe i coglioni e mi fa pensare, e allora devo scrivere. Poi lavorare, e poi vedere Shameless. Che della borghesia e' giusto l'esatto contrario.

Borghese e' avere paura del giudizio degli altri.
Borghese e' avere paura del giudizio degli altri, perche' si sa quanto il proprio e' crudele.

Borghese e' amare il prossimo tuo, finche' te ne viene qualcosa.
Borghese e' il narcisismo, per coprire il disgusto verso se' stessi.

Borghese e' non aver bisogno di cose nuove, se non da comprare.
Borghese e' pensare di essere adulti.

Borghese e' considerare i bambini imperfetti, perche' piccoli.
Borghese e' considerare i bambini come adulti, solo piu' piccoli.

Borghese e' studiare, per il voto e la carriera.
Borghese e' diffidare di chi studia per sapere.

Borghese e' fare cio' che si deve.
Borghese e' sapere sempre cio' che e' dovuto.

Borghese e' la separazione.
Borghese e' credere che la separazione sia normale, e giusta, e auspicabile.

Borghese e' cedere il potere, legittimo, sulla propria vita.
Borghese e' reclamare il potere, illegittimo, sulle vite altrui.

Borghese e' avere sempre qualcosa da fare, che l'ozio e' il padre dei vizi.
Borghese e' fare le vacanze, per avere  l'ozio senza rischiare di dover pensare.

Borghese e' credere al potere.
Borghese e' non capire che presto sara' anche lui uno schiavo completo di questo potere.

Borghese e' sistemare tutto.
Borghese e' pretendere che niente si sia mai rotto.

Borghese e' consolare.
Borghese e' consolare per evitare di cambiare.

Borghese e' andare in chiesa e non credere a niente.
Borghese e' andare in chiesa, non credere a niente e non accorgersi nemmeno che c'e' qualcosa di strano.

Borghese e' il fastidio verso l'odore di chi lavora.
Borghese e' il fiuto per l'odore dei soldi.

Borghese e' fingere indifferenza per i soldi.
Borghese e' pensare solo ai soldi.

Borghese e' l'amore per i delfini, i gatti e i cuccioli degli animali.
Borghese e' mangiare carne senza porsi nemmeno una domanda.

Borghese e' l'orrore per le domande.
Borghese e' la fede nelle risposte. Le proprie.

Borghese e' non chiedersi da dove arrivino le proprie risposte.
Borghese e' la fede nel libero arbitrio.

Borghese e' credersi liberi, non sapere di doversi liberare.
Borghese e' pensare che chi e' schiavo se lo sia meritato.

Borghese e' l'azzurro per i maschi e il rosa per le femmine.
Borghese e' assumere i due colori come dato di fatto.

Borghese e' la vergogna.
Borghese e' cercare qualcosa di talmente forte da spezzare la vergogna, per poi vergognarsene.

Borghese e' il moralismo.
Borghese e' l'amoralita'

Borghese e' dare per scontato.
Borghese e' tradire per noia.

Borghese e' salvare la faccia.
Borghese e' assumere la propria faccia per vera.

Borghese e' credere negli aggettivi con cui ci definiamo.
Borghese e' credere nell'identita'.

Borghese sono i preconcetti.
Borghese e' l'incapacita' di vedere i preconcetti.

Borghese e' la via facile dell'esistenza.
Borghese e' la via miserevole dell'esistenza.


 
Angelus Novus, Paul Klee, 1920.

sabato 25 gennaio 2014

If I exorcise my devils, well, my angels may leave too

Ti apri con chirurgica precisione, o almeno ci provi, perche' spesso  ti affetti perche' non prendi bene la mira, e corri troppo, e sei impaziente.
E una volta aperta, ci metti un po', ma infine ti vedi, vedi i tuoi demoni e i tuoi angeli. E cerchi di liberarti dei demoni, e soprattutto dei demoni che pensi non possano piacere agli altri. Agli altri chi? La tua famiglia, il tuo ex, i tuoi ego, i tuoi amici, il ragazzo che ti piace, i colleghi ma anche gli sconosciuti.  Perche' no, non avranno anche gli sconosciuti il diritto di dire la loro su di te, quando gli passi accanto per strada, e tu il dovere di ascoltarli e di accontentarli?
E rischi di moncarti per sempre, di diventare insipida e innocua come il cibo che a volte mangi, ma di diventarlo per sempre. Un pallido riflesso di un ideale inutile e blando e pallido e noioso e certamente non memorabile.
Bene, hai visto il rischio. Che fai, prosegui? No. No? No, ho detto.
Allora ridai un ultimo sguardo, che ormai sai bene come funziona tutto, e puoi anche non stare piu' a contemplare le viscere aperte (che tra l'altro puzzano terribilmente) per non morire mangiata dai demoni.
E vivi. Demoni e angeli, come on dancing. Now. Let's get lost.
E ti rendi conto che la cosa piu' gradita agli dei non e' la purezza di chi non ha vissuto e non ha altra scelta  che essere puro perche' non conosce il mondo e tantomeno l'immondo,  e nemmeno la purezza di chi si estirpa la vita l'essenza la lotta dal corpo, ma e' la purezza di chi sceglie di essere puro. Di chi sceglie di santificare anche i demoni, vivendoli, vivendo, accettandoli, accettandosi, ridendone, ridendo. Caro agli dei e' colui che sa far risorgere  la purezza perduta per troppa stoltezza e per troppo "ficcar lo viso a fondo". E di nuovo si entusiasma, tutto intero.

lunedì 20 gennaio 2014

I am the master of my fate: I am the captain of my soul

Out of the night that covers me,
Black as the pit from pole to pole,
I thank whatever gods may be
For my unconquerable soul.

In the fell clutch of circumstance
I have not winced nor cried aloud.
Under the bludgeonings of chance
My head is bloody, but unbowed.

Beyond this place of wrath and tears
Looms but the horror of the shade,
And yet the menace of the years
Finds and shall find me unafraid.

It matters not how strait the gate,
How charged with punishments the scroll,
I am the master of my fate:
I am the captain of my soul.

Non ho un computer funzionante su cui preparare power point delle mie lezioni, o montare un video o guardarne mille su youtube o qualsiasi altra cosa dovrei vorrei fare. Allo stesso tempo non sto bene e non riesco a concentrarmi, ma prometto che dopo aver scritto questo post farò dello cose "adigitali".
Però nel frattempo non è che non abbia fatto niente di valevole e utile.
Ho usato l'iPhone come un tablet, e, rischiando la vista, ho letto un sacco di articoli. Tralasciando le cazzate, ho letto un articolo sul crescente, imbarazzante, vergognoso divario tra ricchi e poveri; un pezzo, bello, sui google glasses e la realtà "diminuita"; uno sulla gentrification ovvero come rendere una zona cool al solo scopo di far scappare i poveri e infine uno sull'uso del termine radical, sul perché rivalutarlo invece che considerarlo un insulto.
A queste letture si sovrappongono i ricordi forti di due, anzi tre film molto diversi ma belli.
12 years slave, bellissimo film sullo schiavismo dalla regia asciutta e precisa; Django, il western in cui si ammazzano molti bianchi e anche molti neri di Tarantino, anzi alla Tarantino e Invictus, sulla vittoria della nazionale sudafricana nella coppa del mondo di rugby, vittoria che Mandela stesso, da poco presidente, ha ispirato e voluto.
Argomenti vicini, ma affrontati in modi diversi.
Dei tre il mio preferito è il primo. Perché? Perché è più radical. Perché ti fa arrivare alla radice del disagio e dell'orrore per la comune appartenenza ad una razza umana che ha pensato che lo schiavismo fosse normale. E perché allo stesso tempo ti conduce alla radice dell'umanità: l'uomo che decide che "vuole vivere, e non sopravvivere". E lo fa con intelligenza, passione, accuratezza, compassione, minuziosità. Vivendo tutte le paure, arrivando a un passo dalla disperazione ma fermandosi prima. Nel film, fatto di lunghi ralenty, di suoni, di tagli stretti sui visi e i corpi alternati a campi larghi bellissimi, mi ha colpito il momento in cui Solomon Northup, il protagonista, uomo libero nel nord degli Stati Uniti rapito e venduto come schiavo al Sud, dopo averne subite qualsiasi umiliazioni ed essere stato tradito e aver visto l'orrore degli esseri umani decide di fidarsi di nuovo e chiede a un bianco antischiavista (Brad Pitt amore mio come sei bello da 50enne) di aiutarlo.
Questa radicale fiducia nel l'umanità, nonostante tutto, e questa radicale fiducia nel raggiungimento del suo scopo, ovvero che tornerà libero e potrà vivere di nuovo, questa radicale consapevolezza di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, questo radicale rigore unito ad una radicale tenerezza  sono fortissimi nel film. Anche Mandela era così, anche Django a modo suo, ma questa è un'altra storia. Django non muove le coscienze contro lo schiavismo, né vecchio né nuovo (se Solomon era libero ed è stato venduto, non può succedere anche a noi di crederci cittadini liberi e invece di tornare ad essere schiavi?) .
Ho molte idee e confuse, e scriverle in questo rettangolino non aiuta a metterle in fila.
Ma sono certa di una cosa. C'è bisogno di radicalità. La radicalità è umana, è la vision, è il punto di partenza e il punto d'arrivo. La radicalità è sangue e viscere, ma per davvero.  Non il sangue e le viscere  postmoderne e simpatiche di Tarantino. È la vita vera e non predigerita per te da Google. È schierarsi dalla parte dei deboli invece di provare a diventare come gli 85 più ricchi del mondo.
La radicalità è l' assenza di compromesso. Quello interiore, perché quello esteriore spesso permette di sopravvivere. Ma essere incorrotto e certi, intimamente certi. Almeno una volta, almeno per qualcosa. Non importa quanto ci vorrà. Vincerò. Vincerai.


domenica 19 gennaio 2014

Oggi ho una domanda

La domanda è: si può essere felici senza diventare noiosi come la morte?
E la domanda mi è sorta perché mi sono iscritta ad una pagina FB che promette la felicità eterna (in questo mondo) attraverso la pratica dello yoga e un mix di approcci psicologici behaviouristi e legati alla PNL.
E a me questa felicità che vendono (perché gli articoli sono quasi tutti legati a libri o corsi o seminari da vendere, this is Yankee business) mi sembra la noia più noia del mondo.
Mamma che palle al c***o che saremmo.
Ma ecco, mica sarò diventata così con tutta la mia analisi, l'arte terapia, l'ascolto profondo il respiro circolare e l'incenso e i chakra?!
Perché se sono diventata così niente, preferisco tornare al periodo punk. Che la vita non va mica smorzata perché si adatti alle nostre piccole vite, ma attraversata in lungo e in largo, curiosata, ravanata per avere grandi vite, grandi ricordi ,grandi ferite e grandi ricompense.

sabato 18 gennaio 2014

Che cosa sei disposto a perdere?

Sto portando il Mac dal dottore. Probabilmente gli devono trapiantare un nuovo hard disk, e da quello vecchio forse i dati non si salvano.
Non mi sento in colpa, nonostante l'abbia fatto cadere, e invece di essere disperata ho una strana sensazione di leggerezza. 
Non che sia contenta, ma anche se perdessi 3 anni di foto dal cell, documenti e molti molti più anni di musica (e questa è decisamente la parte peggiore) sento che sopravviverei. 
Anzi, che probabilmente starei meglio. A qualcosa devi rinunciare, se vuoi fare spazio al nuovo. 
E per me, con la paranoia della scelta e della diversificazione da cellula totipotente a cellula specializzata (con bellissima metafora medica del mio amico dott. Tagliabue) il fatto che sia il destino a scegliere di che cosa liberarmi, è un bene. 
Viaggio da tempo con bagagli troppo pesanti. Leggerezza. Fiducia. Un po' di felice insensatezza e dolce smemoratezza. 

mercoledì 15 gennaio 2014

And I think to myself...

Datti un obiettivo.
Ripetilo dentro di te, finché diventa tuo.
Ora dimenticalo.
E goditi il processo.



lunedì 13 gennaio 2014

Can you leave the comfort zone?

"La semplicità è mettersi nudi davanti agli altri.
E noi abbiamo tanta difficoltà ad essere veri con gli altri.
Abbiamo timore di essere fraintesi, di apparire fragili,
di finire alla mercè di chi ci sta di fronte.
Non ci esponiamo mai.
Perché ci manca la forza di essere uomini, 
quella che ci fa accettare i nostri limiti,
che ce li fa comprendere, dandogli senso e trasformandoli in energia, in forza appunto.
Io amo la semplicità che si accompagna con l’umiltà.
Mi piacciono i barboni.
Mi piace la gente che sa ascoltare il vento sulla propria pelle,
sentire gli odori delle cose,
catturarne l’anima.
Quelli che hanno la carne a contatto con la carne del mondo.

Perché lì c’è verità, lì c’è dolcezza, lì c’è sensibilità, lì c’è ancora amore."
Alda Merini


La mia teoria artisti vs. borghesi: fai quello che vuoi, ma fallo finché ti senti vibrare d'amore e soddisfazione, down to your bones and nerves. 
La delicatezza di Alda Merini. 
Una mano che ho voglia di tenere stretta. E che mi tiene stretta.
Spostare l'asticella, o fottersene. E saltare anche se la farò cadere. 
La voglia di dire alle persone, chiuse nel loro cappotto: "Ciao!"
La voglia di uscire dal mio cappotto. Lo stupore e la gratitudine quando accade.
Guardare guardare guardare.
Sentire sentire sentire.
Mimetizzarsi con l'universo, respirare universo, entrare nell'universo e uscirne migliori.
Ho una possibilità, una sola. Ma sono molte, in una. Perché ogni secondo è una possibilità.
Per svegliarsi, per non schermarsi più.
Per dare. E dare aggratis! 
Per dirmi: che figa che sono! Per dirmi: che cogliona, ma ora ho imparato. 
Per dire ad un bambino: sei l'amore dell'universo. Per regalargli un palloncino.
Per dire a mia mamma e mio papà: vecchi, vi amo. Non capite niente, ma vi amo.
Per ascoltare musica, e ballarla inappropriatamente. 
Per fare pace con qualcuno. Per fare le linguacce. 
Per dire la verità, e incazzarsi. 
Mi fa male il cuore. Mi si appanna la vista. E' così bello essere vivi. 
Ma poi: aspetto. 
Ma che cazzo aspetto. Perché aspetto? E' tutto qui. Qui, ora, adesso. Tutto. 
Ma non per me, per tutti. 
Altro che invidia come motore del mondo! 
Se mollate l'ancora perderete solo alcune cose: la noia, l'avidità, l'arroganza, la sensazione di solitudine, il broncio perenne (ma questo è sexy, dai, possiamo sempre simularlo...)









venerdì 10 gennaio 2014

Chi cerca, trova. Se non si perde nel cercare.

Mi sono abituata ad avere così tante paranoie, che ora che sembrano (sono?) dissolte e sono serena tendente al felice, mi sento strana.
Non ho più un cazzo da fare.
Potrei tornare a drogarmi. Così genererei nuovi mostri, e sarei felice. Che alla fine, mi dico, c'è anche gente che è felice se si fa appendere con dei ganci da macellaio ai capezzoli. Non posso essere felice con le mie paranoie?! Le conosco, loro mi conoscono, andiamo d'accordo anche se a volte scazziamo.
E invece no! Sto talmente bene che sono oltre questi tricks of the mind, e staserà farò esattamente quello che ho voglia di fare. E non ho nemmeno bisogno di dirvi che cosa è.
Io me la godo finché dura.







giovedì 9 gennaio 2014

On ne naît pas femme, on le devient

"Non si trasforma la propria vita senza trasformare se stessi." 
"Una donna libera è il contrario di una donna leggera." 
"Desidero che ogni vita umana sia pura e trasparente libertà." 
"Pure ci tenevo troppo alla libertà per rinunciare a cercarla liberamente."

Oggi Google celebra Simone de Beauvoir.
Con un guizzo di fantasia la celebrerò anche io, perché mi racconta delle cose, giunta a questo punto della mia vita.
Simone de Beauvoir fece un patto con se stessa: cercare la verità su se stessa, in libertà. Libertà da ciò che le era chiesto di fare e di essere, in quanto donna. Ciò che ha in ogni modo e con ogni mezzo cercato di essere, vedersi, viversi è un essere umano. Né più né meno.
Ha fatto ciò che le è sembrato giusto, profondamente giusto fare, e ha spalancato le porte a delle donne che ora possono essere e fare e scoprirsi come vogliono. 
La radicalità di Simone de Beauvoir è totale. La sua relazione con Sartre, bellissima e difficilissima (per me) ma essenziale perché un certo tipo di ottusità borghese si levasse dall'amore è una relazione che apre mille domande sulla coerenza, la necessità, ciò che è profondo e ciò che posticcio. 
Sento un'affinità con questa donna, ovviamente ad una cifra inferiore, e un'affinità nel percorso di conoscenza di me. Un percorso che voglio approndire, ma non radicalizzare fino al punto da farmi di nuovo male. Non voglio più spremermi il sangue, credo di aver scandagliato quasi tutti i miei limiti, e se vorrò tornarci, e vorrò, saprò farlo con una delicatezza diversa da quella avuta finora. 
Ma senza Simone de Beauvoir prima di me, circa un secolo fa, non avrei potuto nemmeno concepire questo viaggio. E senza Simone de Beauvoir che mi ha detto: cercati la tua libertà in pura e trasparente libertà, non avrei saputo dove rallentare, perché mi sarei sentita obbligata a proseguire come una pazza, con furore e fervore. E invece no, perché, SdB, nel solco dell'esistenzialismo, insegna che ogni situazione è portatrice di valori unici, e che l'unica cosa da fare è sciogliere il nostro rovello sul chi siamo giocandoci in prima persona, nell'impegno con il mondo e con gli altri. 

PS:
Google Italia non celebra Simone de Beauvoir. E' una sconosciuta in Italia? Dubito, io l'ho studiata al liceo. In Inghilterra invece mi è apparso il doodle dedicato. Lanciamo subito il peana Italia terzo mondo Inghilterra paese avanzato? Starei attenta. Sto in un posto dell'Inghilterra in cui io, trentatrenne non sposata, non divorziata e senza figli sono una rarità, talmente sospetta che i miei studenti (che non sono cattivi, semplicemente assorbono ciò che sentono) mi chiedono insistentemente: Perché? (mi chiedono anche perché ho i capelli ricci e non li tiro, se è per questo). Essere donna, libera, che fa delle scelte o subisce le scelte altrui ma che ci naviga dentro, cerca un senso, cerca una vita piena e soddisfacente e non si sposa il primo che passa, è una scimunita. Non solo in Sicilia, ma anche in Inghilterra.
E vedo queste mie coetanee con figli a cui insegno, provate da matrimoni sbagliati, da una devastante mancanza di verità e di amore e da un sistema politico economico e sociale oppressivo.
SdB scrisse, e io condivido: Non ho mai nutrito l'illusione di trasformare la condizione femminile, essa dipende dall'avvenire del lavoro nel mondo e non cambierà seriamente che a prezzo di uno sconvolgimento della produzione. Per questo ho evitato di chiudermi nel cosiddetto «femminismo»
Continuiamo a stupirci del burka?
No, ma continuiamo a combatterlo. Il burka fa male anche ai maschi.







lunedì 6 gennaio 2014

L'arte del sogno.

C'è chi educa guidando gli altri come cavalli passo per  passo:forse c'è qualcuno che si sente soddisfatto quando è così guidato. 
C'è chi educa cercando di comprenderesorridendo, prudentelodando solo quanto trova buonoe divertendo per tenere in forma:forse c'è chi ama essere incoraggiato. 
Profondamente stimavo un amicoquasi invidiando un altro, a cui dicevastupido, e non a me. 
C'è chi educa senza nascondere l'assurdo che è nel mondo - aperto a ogni sviluppo ma tentando di essere franco all'altro come a sé, sognando gli altri come ora non sono:ciascuno cresce solo se sognato.
Danilo Dolci

Da queste vacanze di Natale a casa (nella casa che mi è capitata e ho imparato ad amare e nella casa che mi sono scelta) mi porto via un sacco di cose. Non so quanto ho ridato in cambio, spero almeno un po'.
Ma questa poesia, di cui conoscevo solo il verso finale, sento che racchiude tutto quello che c'è da dire. Come ormai so, la relazione educativa è specchio delle relazioni sociali, politiche, amorose, amicali che ci sono in gioco in ogni singola relazione. E questo testo che racconta varie possibilità, sempre compresenti in noi e nella società, per indicare alla fine il limite a cui tutte le relazioni dovrebbero tendere, mi commuove e mi conquista anche intellettualmente. 
Io sono cresciuta, sto crescendo, perché mi sono sognata diversa e messa alla prova e perché mi sogno ancora, anche se a volto smetto e mi lamento. E quindi, anche se a Boston Uk può essere dura, ce la sto facendo e sono ripartita certa che questa fosse la cosa giusta, che è stata la scelta giusta. 
Tornando a Milano non ho potuto fare a meno di sognarmi in una possibilità di felicità concretamente radicata lì. Non l'ho scelto, è stato un sogno così preciso e naturale che ho deciso di credergli. 
Gli incontri mi hanno fatto capire che chi ci ama meglio è chi ci sogna al meglio. Ognuno di noi proietta immagini diverse a persone diverse. La capacità di amare di queste persone è la capacità di prendere ciò che proiettiamo e vederlo migliore e più ampio di quanto è. E la mia capacità di amarli, be, ovviamente è la stessa cosa. 
Le conversazioni sulla politica inglese, quella italiana e sul senso di questa società capitalista avanzata (talmente avanzata da essere declinante) mi hanno reso chiaro che serve un sogno per fare una migliore politica. Serve un sogno anche mio, al di fuori dal sistema. E a chi mi dice: "se non sei capitalista, sei comunista" ecco che cosa farò: riderò in faccia, e mostrerò una visione, concreta. Obama, con tutti i suoi difetti, aveva un sogno, ha convinto gli elettori e l'ha realizzato: milioni di persone negli USA hanno ora l'assistenza sanitaria gratuita. Io non voglio votare nessuno che non mi sappia rapire un po' con lui nel suo sogno. 
Ricominciare a studiare materiali sull'educazione, soprattutto avendo in mente il sistema scolastico inglese che altro non è che un sistema di conservazione del sistema classista su cui si regge la società (non solo inglese, ovviamente, tutti i sistemi educativi statali risentono dell'impronta della società, soprattutto dopo le riforme dei neoliberisti, ma qui è particolarmente evidente) mi ha convinto di nuovo che insegnare è un lavoro che voglio fare. 
Per sognare servono delle condizioni: serve un tempo libero in cui esplorare possibilità, riconoscere come queste possibilità possono evolvere, servono stimoli, serve bellezza. Serve uno spazio interiore, ma anche esteriore, in cui farlo. Io non riesco a sognare un mondo diverso, delle relazioni diverse, in un posto dominato da sogni (incubi) altrui. Non posso sognare in una scuola oppressiva, non posso sognare in un centro commerciale, non posso sognare in un posto distraente. Posso sognare se io sono piena, se il sogno deborda da me, naturalmente. E serve del tempo per sognare. Serve rallentare, allentare, lasciare andare. 
Educare (vivere una relazione) sognando non significa illuderci.  Bisogna anzi essere franchi, come dice Danilo Dolci con questa parola bellissima, antica e solida. Si sogna senza nascondere l'assurdo, senza coprire di ciò che noi vorremmo, ma non è. Senza trasformare il sogno in illusione. Il sogno è concreto tanto quanto la realtà, perché è la via della trasformazione della realtà. 
Il mondo finirebbe, senza sogni. Forse per questo non riuscivo a dormire, avevo paura non degli incubi, ma dei sogni. Ma io non voglio essere morta, io voglio essere viva, e sognare. Anche se è pauroso e difficile e incerto. 

venerdì 3 gennaio 2014

Parental advisory: explicit content

"Dalla nascita alla morte, dal lunedì alla domenica, da mattina a sera, tutte le attività sono organizzate e prestabilite. Come potrebbe un uomo prigioniero nella ragnatela della routine ricordarsi che è un uomo, un individuo ben distinto, uno al quale è concessa un'unica occasione di vivere, con speranze e delusioni, dolori e timori, col desiderio di amare e il terrore della solitudine e del nulla?"
Erich Fromm, L'arte di amare

"L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio."
Italo Calvino, Le città invisibili


Il 20credici se ne è andato, mi ha lasciato in balia di un 2014 che ancora non conosco, ma che se viene dopo il duemilacredici già un po' mi piace. 
Ho re-incontrato le due citazioni in esergo nei giorni scorsi, e me le sono tenute lì, in the back of my mind. E ora so perché, perché ora so che c'è una domanda che mi faccio e mi devo fare, dopo aver salutato ciò che andava salutato e accolto ciò che andava accolto, e dopo aver passato altre 12 lune a riflettere su molte cose, ma soprattutto sull'amore, le relazioni, il senso di una vita che non sia da milanese imbruttita (per quanto ami Milano, Milano è anche la città del successo, del tritacarne, del narcisismo e del cinismo). 
Ecco, la domanda che mi faccio è questa:
"Ma se per un caso, uno di quei casi che non comandi ma che ti arrivano addosso, incrociassi uno che mi piace davvero, dal sorriso al profumo al culo e via elencando, e se a questo qualcuno piacessi davvero, io, io Marilisa Cometti aka Misa aka Mariblù aka Marilù aka Marylix aka Misanderstanding, che cosa farei?
Se incontrassi uno che mentre mi guarda il viso non sta pensando a come riuscire a venirmi in faccia, e nemmeno uno che mentre mi guarda il culo mentre scopiamo a pecorina non sta pensando a come andarsene la mattina successiva senza che io me ne accorga e gli dica "ci vediamo", e nemmeno uno che non mi guarda sconsolato come se fossi la sua ultima spiaggia, e quindi nonostante tutto ci prova, ma con sufficienza e mancanza di rispetto verso se stesso, ma incontrassi uno a cui il cuore si sia rotto e abbia deciso di lasciarlo crepato, così entra la luce (e esce l'amore, e le parole vere, e i gesti che ne conseguono), io che cosa farei?
Fingerei di non aver capito? Scapperei urlando alla follia pura? Negherei, dimostrandogli con concrete (pfff!) basi scientifiche (pfffffff !!!) l'inesistenza dell'amore? Mi farei scopare, anzi lo scoperei a smorzacandela, pensando io a come andarmene o cacciarlo? Lo asseconderei come si fa con i matti ma mi terrei le risposte vere chiuse in fondo all'ultimo cassetto segreto del cuore? O mi guarderei e mi farei pena per un cinismo che fa schifo e proverei ad andare al di là di una mortale banalità e sorridendo e tremando attraverserei il confine?
Questa è la domanda. E so che cosa risponderei. E spererei di farcela. 

PS: cmq il contenuto esplicito di questo post non sta nelle immagini sessuali, ma nel parlare d'amore. Il vero grande escluso dai discorsi socialmente accettabili. L'amore, l'ultima frontiera della pornografia. 



giovedì 2 gennaio 2014

Mi darò battaglia

Cinismo: non aspettarsi da alcuno più di quanto noi stessi siamo.Elias Canetti

Il primo misanderstanding dell'anno è questo: che il mio travalicare nel buonismo è spesso una copertura del mio cinismo, del mio smettere di credere in me e negli altri.
E che l'essere miserevole che emerge da siffatto approccio alla vita, mi schifa abbastanza.