giovedì 31 maggio 2012

I wanna make a supersonic woman out of me

Fare disfare rifare.
E' tutto un faticare.
E' tutto inutile.
E' tutto divertentissimo.
Basta fottere il nemico annidato nello specchio. E poi vrooooooommmm. 




martedì 29 maggio 2012

Monologo d'amore. Per una propedeutica al dialogo.

Seduta sulla mia follia,
ti vedo rotolare.
Cambiare forma e pulsazioni.
Anche io. Deforme informe, poi riformo.
Mi 
riformo. 
--
bastabastabastaancora. è perfetto.
--
Resisto. Non voglio
cambiare.
Non puoi cambiare!
Chi sei? 
Perché non mi ami?
Cosa vuoi da me? Nonmidomineraimai.
Dominami! Sbaglio. Io sbaglio. Non posso?
Sbaglia!
Non sbagliare!
Insegnami qualcosa, per favore!
Io non so niente. 
-- 
ho bisogno di te
--
Cambia.
Cazzo!
Cambia. 
Cambiamo. Smettila di resistere.
Smetto anche io. Ma smetti per primo.
--
ahia. Yellow. Senza fine. You & I. SMS. Cazzate. Cazzate CAZZATE! 
--
Tienimi!
Lasciami!
Amami come sono!
Non amarmi, sei vigliacco!
Perché stai qui, vigliacco?
Senti, fammi un favore,
vattene (affanculo). 
Resta!
Perché?
Perché voglio.
Perché non vuoi?
Vuoi?
Io non voglio più.
Ora ti rivoglio
Ora mi rivoglio.
--
tiammazzeròmiammazzeròperfintamalofaròtitortureròmitortureràiltuoricordovogliotorturarti
--
E' colpa tua.
E' colpa mia.
Dei tuoi. Dei miei. 
E' inutile.
Forse
indispensabile.
Sei indispensabile?
Sei indispensabile.
Sei indispensabile!
Lascia stare. 
--
non amarmi.
--
Non sai che pericoli corri.
Non lo sapevi.
Dovevi prepararti. 
Quando? Prima.
Farti trovare pronto. Ora non si può. Più. Non c'è più. 
Io.
Io faccio.
Io faccio male.
--
scusa
-- 

non sono 

(stata)

capace. 

Coccolamifatticoccolarepensamidimenticaminonvogliopiùniente
Finalmentefine.

sabato 26 maggio 2012

Durante il lavaggio strade

Vedere la realtà e sentirla davvero e lasciarla libera di essere come è, piena di miserie, e avere voglia di raccontarla e radunare le capacità per farlo richiede uno sforzo gigantesco e una vigilanza costante.
Milano congiura ogni istante perché chiuda gli occhi e continui a vivere in un sogno, ambientato tra Macao e Capetown, popolato di creativi stylist cocainomani hipsters modelle bocconiani lavoratori delll'arte fotografi registi autori direttori creativi punkabbestia rappers analisti feticisti velisti androgini artisti. E mi seduce continuamente, per riuscire a trasformarmi in una delle categorie che conosce e accetta e desidera possedere, al fine di perpetuare in eterno se stessa attraverso la mia fugace esistenza. Al fine di rendemi innocua. Al fine di incanalare la mia ansia di cambiamento e di rottura nello scopo degli scopi di ogni struttura sociale: fare in modo che nulla cambi. 
E allora invece di spostare la macchina, sfido la sorte e la polizia municipale: mi chiudo in camera a leggere Antonin Artaud. E non vedo l'ora che sia lunedì, per prendere la 95, e respirare l'odore della persone vere. E spero un giorno di avere il coraggio di andarmene, anche se amo Milano. Perché a volte lasciare un amore è necessario per ricominciare a vivere


venerdì 25 maggio 2012

In Corso Lodi ovvero della finzione ovvero un post uscito dalla quarantena

Stasera tornavo da teatro. In bicicletta, passo veloce sul marciapiedi. Due ragazzi, carini, si scostano per farmi passare. Mi guardano. Guardano i miei capelli rasati da un lato, gli occhiali rosa, il rossetto, la bici, le borse, la maglia a pois, il modo in cui li guardo. E si fanno un'idea di me. 
Così come io vedo i loro abiti di cattivo taglio, l'Husky verdino appoggiato sopra, il piede sul paracarro, l'occhio cattivo di chi frequenta la cocaina, lo sguardo che guarda la mercanzia e spera che sia lo sguardo che piace. E mi faccio un'idea di loro.
Tre metri dopo scendo dal marciapiede troppo veloce, e il lucchetto salta fuori dal cestino. Raccogliendolo mi si impiglia la borsa nel manubrio e mentre cerco di liberarmi ad un tratto penso a quei due che mi guardano, e mi costa allontanare la tentazione di rendere i miei gesti meno goffi, di girarmi a guardarli per capire cosa stanno pensando di me, di andarmene. 

E penso al recitare: che è la ricerca di una finzione che, accolta in noi e riprodotta e riprodotta e riprodotta e perfezionata fino allo sfinimento, riesca a trasformare davvero l'altro con cui recito, e insieme a lui chi ci guarda, oltre che me stessa. Trasformare davvero. Davvero dico. Ma cosa dico? 
Esiste la verità? E non dico la verità con la V maiuscola. La verità delle cose che sono così come sono. Senza scopo passato futuro senso. Esistono e basta.
La finzione del teatro non è forse solo la finzione consapevole e volontaria ed accentuata e amplificata della continua menzogna a cui sottoponiamo noi stessi facendoci guardare e a cui sottoponiamo gli altri guardandoli?
Che cosa dico di vero qui, se penso a voi che leggete? Cosa dico di vero a chi amo, se voglio che mi ami? Cosa dico di vero a quelli che mando affanculo, se voglio farli arrabbiare? Cosa mi dite di vero di voi se mi raccontate chi siete? Cosa dico ai miei colleghi se voglio solo mostrarmi più brava di loro? Cosa lascio dire di me da chi mi maltratta? Cosa voglio vedere di me in chi mi loda? 
Come se ne esce? Come evitare di sputtanare la vita cercando di sembrare qualcosa invece di esserlo? Ma è possibile essere? Se sì come? E perché è così importante per me ora? Mi sto di nuovo autorappresentando come quella che cerca la verità? Ma c'è qualcosa che valga per sè ed in sè e non in relazione ad altro? C'è qualcosa da conoscere o è tutto sempre e solo un gioco di specchi, in cui però non vogliamo solo giocare ma anche vincere? 

Respiro. Che bisogna avere pazienza, l'ho imparato da poco. 
Per ora ho una risposta, e uso quella, finché non ne troverò una più ampia. Per ora ho scoperto che  la verità delle cose così come sono forse non è altro che la verità che si trova nell'assenza totale di verità. Nella menzogna consapevole e ripulita, che si fa vera per il semplice fatto che ammette di non essere vera. 
Fingere (consapevolmente) di fingere (inconsapevolmente) aiuta ad essere veri, 
L'osservazione paziente e solitaria della continua finzione della vita quotidiana che si fa per riuscire a rappresentarla ne smaschera la finzione, e ta-da! In quel momento di smascheramento posso essere vera. Ed è quell'attimo di verità in noi stessi, persi nell'assoluta solitudine dell'esperirla, che ci trasforma, noi e gli altri.
E anche James Randi, che ho visto da vicino in questi giorni, dice che i maghi sono honest liars, come gli attori. Ed ha ragione. Per trasformare la realtà bisogna conoscere le leggi della finzione, e far in modo che diventino vere.


martedì 22 maggio 2012

Straight to the point

Se dici a qualcuno che desideri un nano da giardino, non aspettarti che capisca che prima del nano vorresti un giardino. Perché questo qualcuno ti regalerà un nano di gesso e penserà pure di averti soddisfatto, e tu, incomprensibilmente ingrato ai suoi occhi, avrai guadagnato solo un inutile oggetto in più da piazzare nella tua stanza 3x2. Se proprio non sei scemo, a sto punto trasforma il nano in costante ed ingombrante promemoria di ciò che veramente desideri, ma non sei in grado di chiedere, ne' di ottenere. Pirla.

lunedì 21 maggio 2012

Io chi sono?

Un ragazzo si siede accanto a me sulla 93. Mi picchietta la spalla per attirare la mia attenzione, visto che ho le cuffie, e mi chiede, con un delizioso accento francese: "Scusa, ma tu sei punk?" e indica la rasatura dei miei capelli.
Io sorrido e dico bho. Inizia a farmi domande precise: "Ma tu occupi o vivi a casa tua?" "Ma sei mai stata ai rave?" "Ma è vero che prendete droghe?" "Ma che musica ascolti?" "Ma è vero che è uno stile di vita?"
E mi viene da ridere, perché lui che viene dal Cameroun e studia ingegneria, mi tratta come io tratterei una persona di una tribù del suo paese. E evito di addentrarmi in risposte complicatissime e inutilissime e di pura giustificazione, in cui avvicino punk e buddismo, e spiego che quando avevo l'età per andare ai rave non ci sono stata, e adesso mi piacerebbe, ma non mi sembra più prioritario. E un sacco di altre cazzate con cui potrei continuare per giorni. Sorrido, ascolto le sue domande, e scendo alla mia fermata.
E provo a continuare a smettere di dare risposte.  La risposta è non rispondere. E' abbastanza punk?


sabato 19 maggio 2012

Notturno in piazzale Libia

Bicicletta, pensieri lasciati liberi. Testimone neutra.
La legalità o l'occupazione? L'arte o l'amore? La vita che vuoi o la vita che ti accade? La ricchezza o la felicità? La verità o quello che mostro? La comodità o l'essenziale? La causalità o la casualità? Radical o chic? Milano o il mare?
Finché il profumo di tigli mi porta in un secondo, come posso immaginare faccia un viaggio lisergico, a vedere che non c'è nessuna opposizione. Che per avanzare devo usare il pedale destro tanto quanto il sinistro. E così tutti gli altri ciclisti. Una sola cosa devo scegliere: di usare la bici invece di lasciarla legata dando la colpa alla cervicale.



giovedì 17 maggio 2012

The ultimate love song

Stasera voglio parlare d'amore, che da un po' non tocco il tema.
Ecco, ne ho parlato.
Buona serata.




mercoledì 16 maggio 2012

Un blog selettivo, mica cazzi

Ho appena scritto un post bellissimo, pieno di cose super interessanti. Ma denso, e lungo, e pure farraginoso nei passaggi logici. Quindi, presa dal dubbio che less is always more, l'ho salvato come bozza. Prima o poi lo rileggerò per capire se tutto quel filotto di idee ha un senso. E se sarà il caso lo leggerete. Se non lo leggerete, sarà perché era supefluo, non serviva né a voi né a me.
Perché quello che serve è sapere chiaramente quello che non serve. E se serve una cosa per sapere ciò che non serve, è il tempo.

lunedì 14 maggio 2012

Oltre lo specchio

Guardati allo specchio. Adesso.
E ricordati come eri stamattina. E nota tutte le differenze: ora hai le occhiaie, la pelle lucida, gli occhi arrossati, il trucco sfatto, i capelli disordinati. Se guardassi bene, con estrema attenzione, vedresti che ti sono pure cresciuti i capelli, e la barba e le unghie. Sei più gonfio.
Ora guardati di nuovo e ricordati com'eri da neonato. E nota tutte le differenze.  Ricordati di te a due anni. E nota tutte le differenze. E di te a 10 anni. E nota tutte le differenze.
E ora prova a negare ancora che tutto cambia. Prova a convincerti che le cose durino per sempre. Già solo tentandoci ti renderesti conto che è da folle.
Eppure sei tu che guardi, ne sei certo. Sei cambiato, ma sei proprio tu nello specchio. Ma guarda bene questo tu. E scoprirai che non esiste. Ti si sgretolerà davanti. Tu, quello che credi di essere, cos'è? La somma di pensieri, solitamente altrui. E di emozioni. Cose comunque inconsistenti. Irreali. Vanno e vengono. Non sono te. Tu non esisti. Prova a negarlo senza sentirti pazzo. Provaci. E non dare a me della pazza per ripicca. Sii onesto.
Continua a fissare lo specchio. Guarda bene questa inconsistenza di te. Spaventati. Rompi lo specchio. Cosa avrai ottenuto? Che ne vedrai molte altre, di queste inconsistenze. Bene, ci stiamo avvicinando. Un'idea, una cosa, inafferrabile e ineffabile resiste. Forse è l'anima. E vorrai mica convincerti di possederla, che sia tua un'anima? La ospiti. E puoi solo esserne profondamente grato.
Ora continua a guardare. Sei frantumato. Irreale. Chi viene a specchiarsi dietro di te, alle moltitudini tutte irreali di te, è come te. Magari non lo sa ma è così. Fragile, delicato, esploso. Eppure potentissimo. Perché, ora lo senti, grazie alla fragilità sei diventato potentissimo. E non esisti. Non hai più confini.  Non ti viene voglia di dirlo agli altri? Non ti viene un amore profondo tenero assoluto per gli altri? Perché ora che sei senza confini sei tutto. E se ami te ami tutti. Se ami tutti ami te.
E prima o poi in quello specchio in frantumi, se continui a prestare attenzione, se davvero lo vuoi, nello specchio in frantumi vedrai l'universo intero.



domenica 13 maggio 2012

Requiem in D minor K626 - fragmenta

Sappiamo tutti la storia: Mozart è malato, povero, abbandonato dalla moglie e disperato. Uno sconosciuto gli commissiona una messa da Requiem. Lui, mentre compone furiosamente, sente che sta scrivendo ciò che verrà suonato al suo imminente funerale.
E infatti muore, lasciando la messa incompiuta. Verrà conclusa dal suo più stretto collaboratore, Franz Süssmayr. E noi l'ascolteremo pensando a cosa era suo e cosa invece no. Che note ha scritto e quali sono state immaginate da un'altra persona, per quanto vicina irrimediabilmente altra.

E questa storia oggi mi mette i brividi. Perché anche noi viviamo sperperando incoscienti i nostri talenti e le nostre miserie, e poi ci accorgiamo che prima o poi moriremo, e vogliamo lasciare qualcosa, ma qualsiasi cosa lasceremo sarà incompiuta, e toccherà ad altri dare un senso. E non sarà il nostro, perché il nostro sarà stato nel senso che aveva quello che facevamo nel momento in cui lo facevamo, e nessuno lo saprà mai. Al massimo possiamo sforzarci di saperlo noi, e sarebbe già tantissimo.
Che poi alla fine raccontarsi che l'arte rende eterni è una cazzata. Al massimo guarisce da questa malattia che è vivere. Allevia la forza di gravità che brutale ci schiaccia e paralizza. E in tutto questo sforzo di resistere, di elevarci, di andare oltre noi stessi incorporando tutto quello che siamo (che molto spesso fa schifo), gli altri sono solo un pretesto. Perché tutto si gioca tra noi e noi. Al massimo facendo arte regaliamo agli altri degli strumenti per la loro personale guarigione. E sì, l'arte è un sottoprodotto, non il vero risultato. 
E allora poi penso che forse non ha senso voler fare qualcosa, che posso regalare i risultati della mia ricerca e della mia guarigione alle poche persone davvero amiche. E forse per questo vorrei tanto una relazione vera, perché il mio ego ha bisogno di sapere che c'è qualcuno a cui io, io Marilisa e non un'altra, interesso. Ma basterebbe stare ferma, e donare quello che sono senza maschere e strategie e donare il modo in cui sono e provare a stare nella vita senza farmi annientare dalla gravita, senza voler niente in cambio. Che basta questo, che tutto il resto è uno sforzo troppo grande per me, che l'arte o una famiglia o un progetto a cui dedicarmi sono solo forme ulteriori di ricercare emozioni forti per ricordarmi che sono viva, quando in realtà basta sedermi a meditare o giocare senza pensare ad altro con i miei nipoti, o stare al sole e sentire che è caldo o scrivere questo post e sapere che lo sto scrivendo.


sabato 12 maggio 2012

Alleluia!

Beata sia la crisi, se distrugge le speranze.
Beata sia la crisi, se spazza via le cose solite.
Beata sia la crisi, se la invitiamo ad un  girotondo, senza paura.
Beata sia la crisi, se fa brillare i colori come mai prima.
Beata sia la crisi, se ci fa scoprire che siamo ricchissimi.
Beata sia la crisi, se ci mette le nostre miserie davanti agli occhi e ci obbliga a lavorarci
Beata sia la crisi, se è così travolgente che non ci lascia il tempo per lamentarci.
Beata sia la crisi, se ci fa venire voglia di alzare il dito medio, sorridere, abbracciare uno sconosciuto, cantare e rotolarci e coccolarci, tutto insieme
Beata sia la crisi, se ci fa inventare.
Beata sia la crisi, se ci fa cambiare il mondo, cambiando noi stessi, che noi siamo il mondo.
Beata sia la crisi, se svela che è tutto una messa in scena.

Tutti hanno bisogno di una crisi, di questa crisi,  ma molti non sanno che farsene. Io sì, e per questo oggi me la voglio menare.

giovedì 10 maggio 2012

I do not intend to tiptoe through life only to arrive safely at death

Ho appena fatto una cosa che mi ha sempre affascinato ma non ho mai avuto il coraggio di fare.
Tagliarmi i capelli da sola. Una volta però me li sono fatta rasare da un mio fidanzato, in una sorta di mutilazione auto-etero inflitta simile alle ritorsioni sulle donne dei fascisti dopo la Liberazione (questo giusto per sottolineare che cose banali per altri per me sono conquiste, considerando il mio punto di partenza, come quando un professore regala un 7 immeritato a uno che parte da 2, giusto per incoraggiarlo).

Ad ogni modo, stasera mi sono proprio divertita a farlo, anche mentre guardavo i pasticci che stavo combinando.
Perché anche gli sbagli sono divertenti, anzi, sono la cosa più divertente che possiamo fare. Tanto, i capelli ricrescono. Le ferite si rimarginano. Le brutte idee le abbandono. Le foto mal riuscite non le stampo.
E poi sbagliando si impara. Tra una ventina d'anni sarò probabilmente pronta per aprire il mio salone da parrucchiera: le prenotazioni sono aperte.

mercoledì 9 maggio 2012

Good artists copy, great artists steal

Cosa ruba un artista? Ruba le idee che gli servono, ruba il futuro rendendolo presente, ruba la tecnica, ruba l'anima a chi gli sta intorno, ruba la vita a se stesso, ruba il sonno allo spettatore, ruba la coperta di Linus che ci portiamo sempre appreso, ruba l'ingenuità, ruba le ipocrisie.
Ma come ruba? Ruba come i politici, ruba come Lupin, ruba come Robin Hood, ruba come un tossico o ruba come se stesso? 


lunedì 7 maggio 2012

Non queo plura iam scribere; impedit maeror

Mi stavo lamentando dello studiare il latino, che le lettere di Cicerone dall'esilio sono una vera piaga. E ho mandato una mail ad un mio amico, perché sarebbe meraviglioso raggiungerlo a NYC. Ma ho sbagliato e mi sono auto-risposta ad una mia mail. Ed è stato tutto chiaro.
Ogni lamentela raccontata a qualcuno è solo un pretesto per parlare a noi stessi di noi stessi, per dirci quanto meritevoli siamo della nostra compassione, per lasciare all'ego il solito spregevole compito di trattenerci nelle nostre miserie, nel passato, nella paura del futuro, nella noia, nella nausea, nell'inattività, nella lontananza da noi stessi, che così possiamo dimenticarci che siamo vivi e possiamo essere splendenti no matter what.
E quindi la moglie di Cicerone, la figlia Tulliola e Marco jr avrebbero dovuto sfancularlo, a Cicerone senior, già 2000 anni fa, e invece ancora ce lo fanno leggere, quando è evidente che non aveva capito un cazzo.
E pure io: mi sa che ancora non ho capito un cazzo, visto che mi sto ancora lamentando. Ma la colpa è dell'educazione, e ci vuole tempo per dimenticare tutto. Già la consapevolezza è mezza salvezza. Ma questa mezza consolazione è la fine della redenzione. Quindi: non ho capito un cazzo, e non me ne lamento.

Grandi princìpi per piccoli prìncipi

Stamattina alla fermata dell'autobus una vespa ha scambiato i miei occhiali color orchidea per dei fiori. Ci svolazzava intorno entusiasta, ma lo sappiamo tutti che se si fosse posata sarebbe rimasta delusa.
Ecco, io continuamente ho scambiato cose che avevano qualcosa che ricordava l'amore per l'amore. E sono ancora più scema dell'apina, perché per capire dovevo posarmi, e restarne delusa.
Quindi ora mi sforzo di imparare a vedere. Ma mi sembra però che da vedere non ci sia niente.

domenica 6 maggio 2012

Eterna st(r)agista

Comunicare è impossibile. Si è soli, in una realtà inconoscibile e che non riusciamo a condividere con nessuno.
La vera, ultima, direzione di ogni passo che facciamo è la morte.
Passiamo la vita a risolvere problemi. L'unico che non possiamo risolvere è quello di essere vivi.

Una volta accettati questi assunti, vivere diventa più facile, pieno e soddisfacente. Ma soprattutto diventa  inutile come solo le cose essenziali sanno essere.



venerdì 4 maggio 2012

La primavera di RdL ovvero un altro post egocentrico

Oggi a RdL e' in corso una performance artistica, un atto psicomagico, un'epifania.
Si sta rivelando la verità: che la follia, quella cattiva perché inespressa, cova sotto l'etica del lavoro. Che l'onore e la rispettabilità, che al sud vengono identificati con altre cose per cui noi di RdL ci indignamo, sono motivi validi per minacciare la vita di altre persone. Che i soldi a noi di RdL ci tengono in ostaggio. Che il boom economico ha causato un'esplosione nella mente delle persone, finora tenuta a freno dal benessere, ma che ha mangiato dall'interno la loro umanità, umanità che solo la maschera delle buone maniere e della morale borghese-cattolica si sforzavano di imitare. Invano, se sapevi guardare.
Ecco. Detto questo, forse in questo fatto si cela la possibilità che domenica, alla prima comunione di mio nipote, il mio essere single non sia l'argomento principale di conversazione.


martedì 1 maggio 2012

Essere umani

Ascoltavo senza riuscire a staccarmene le intercettazioni delle Olgettine su repubblica.it. Una soap è decisamente meno avvincente, anche perché non la sento così vicina, visto che Ridge e Brooke non hanno mai avuto responsabilità di governo che ricadano su di me.
Quindi ho invocato il potere di Francuzzo per riuscire a "tornare in me, sulla mia via". Ma il pensiero resta lì, e al disgusto, all'incredulità, alla rabbia subentra una pena infinita per questi esseri umani. Fragilissimi. Tristi. Inquieti. Come me. Né meglio né peggio. Forse leggermente più infelici.


Nella foto: Hitler bambino

Mi arrendo

E lo posso fare solo perché ho il cuore infranto e non lo voglio più riparare. Lascio entrare e uscire le cose. E la felicità è così forte che piango leggero.
E so che pensare di poterlo spiegare è un'illusione. Ma a questa ancora non so arrendermi.