lunedì 7 maggio 2012

Non queo plura iam scribere; impedit maeror

Mi stavo lamentando dello studiare il latino, che le lettere di Cicerone dall'esilio sono una vera piaga. E ho mandato una mail ad un mio amico, perché sarebbe meraviglioso raggiungerlo a NYC. Ma ho sbagliato e mi sono auto-risposta ad una mia mail. Ed è stato tutto chiaro.
Ogni lamentela raccontata a qualcuno è solo un pretesto per parlare a noi stessi di noi stessi, per dirci quanto meritevoli siamo della nostra compassione, per lasciare all'ego il solito spregevole compito di trattenerci nelle nostre miserie, nel passato, nella paura del futuro, nella noia, nella nausea, nell'inattività, nella lontananza da noi stessi, che così possiamo dimenticarci che siamo vivi e possiamo essere splendenti no matter what.
E quindi la moglie di Cicerone, la figlia Tulliola e Marco jr avrebbero dovuto sfancularlo, a Cicerone senior, già 2000 anni fa, e invece ancora ce lo fanno leggere, quando è evidente che non aveva capito un cazzo.
E pure io: mi sa che ancora non ho capito un cazzo, visto che mi sto ancora lamentando. Ma la colpa è dell'educazione, e ci vuole tempo per dimenticare tutto. Già la consapevolezza è mezza salvezza. Ma questa mezza consolazione è la fine della redenzione. Quindi: non ho capito un cazzo, e non me ne lamento.

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