lunedì 30 aprile 2012

Sull'educazione, dove di nuovo si incontrano il teatro, Nietzsche, la meditazione e l'analista.

Il mio insegnante di recitazione ci ha consigliato di farci delle docce fredde o calde, senza irrigidirci né spegnere subito. Per imparare a non resistere alle sensazioni, a non proteggerci, a sentire caldo o freddo fino al midollo senza fuggire.
Questo ci aiuta ad essere canali aperti alle emozioni, per recitare meglio. 
Ed è vero, e ci trovo pure delle relazioni con la meditazione, con lo stare con quello che c'è quando c'è. Ma non è di questo che voglio parlare. 
La doccia fredda è stata un metodo educativo usato per forgiare il carattere, anche in tempi recenti e su persone insospettabili. Ma un'imposizione del genere, per quanto gli scopi possano essere benevoli, farà solo crescere rancori, resistenze, corazze, e renderà insofferenti alla disciplina.
E così per me è stato, benché le docce fredde non me le abbiano mai fatte. Ma molte e molte altre imposizioni, benché probabilmente amorevoli, mi sono state date, rendendomi un animaletto incapace di accettare e di darsi qualsiasi regola. Le regole mi attraevano ma non potevo fare altro che sfuggirle. Anche perché non sono mai stati capaci di spiegarmi il senso delle regole. 
Però negli ultimi mesi ho capito che è necessario darsi delle regole, per sviluppare determinate capacità. E leggendo Nietzsche mi è stato tutto ancor più chiaro. 
Ma l'unica persona che ci può imporre una cosa del genere e ottenere i risultati voluti siamo noi stessi. 
Quindi tirando le somme: non si può educare nessuno. Ad un bambino si può (e si dovrebbe) solo dare gli strumenti per autoeducarsi, e spiegargli come bruciare, metaforicamente, i propri maestri. Che poi altrimenti potrebbe farlo per davvero, e avrebbe pure ragione. 

domenica 29 aprile 2012

Dai tassi (alcolici) ai taxi. Un racconto a morale aperta

Ieri sera sono andata in un centro sociale.
A fine serata ero senza macchina, così come quasi tutti i miei amici e i loro amici, che tra l'altro volevano pure andare a mangiare un panino. Io volevo andare a casa, che stamattina mi sarei dovuta svegliare presto.
Per arrivare a casa con i mezzi avrei dovuto camminare per millenni. Allora, mentre intorno a me la variopinta folla di gente ride, elegge il re del tasso alcolemico e cade per terra, penso di chiamare un taxi. Ma un po' mi vergogno, che andare a casa da un centro sociale in taxi non si fa. I soldi quelli che vanno nei centri sociali li spendono in alcool e droghe, mica in taxi. Cazzo. Il mio tasso alcolemico nonostante abbia bevuto è un misero 0,55, e i soldi non li ho nemmeno, ma se proprio devo usare la carta di credito sarà solo per pagare.
Un paio di persone mi guardano storto, che già praticamente non ci conosciamo e mi sa che ho proprio la faccia da figa di legno, che ogni volta ad una battuta un po' volgare o una bestemmia mi dicevano "scherzo, eh" come se io non capissi.
Mi faccio coraggio e  con un po' di riluttanza, e soprattutto prendendomi per il culo per proteggermi dal giudizio altrui, chiamo una "vettura". La parola vettura, per il suo essere un po' fané (ma come cazzo parlo) mi attira ulteriori risate e sguardi un po' così. Provo a trasformare tutto ciò in vanto, ma in realtà sono imbarazzata. E provo a stare a mio agio nell'imbarazzo, direi. (Quest'ultima frase è uno dei tanti indizi che sto seminando nel testo per proteggere la mia immagine. Ci ho fatto un esame all'università sulla retorica del testo).
Ad ogni modo Taxi blu (quello di 02.4040) mi conferma la "vettura" XYZ in 6 minuti.
Aspetto, mentre continua la presa per il culo e pure il gioco di cadute dalle bici, accidentali o volute non lo so. Il taxi imbocca la strada. Saluto Mara, che è il suo compleanno, e con il saluto della regina mi avvio verso la strada.
Peccato che la vettura si avvicini, rallenti e se ne vada, mollandomi lì come una babbazza, nonostante i cenni per richiamarla. Vorrei precisare che in quel momento non c'era nemmeno nessuno per terra.
Io e Mattia, arrabbiati, chiamiamo lo 02.4040 (lo riscrivo così vi ricordate bene e non li chiamate più), ma Mara ci diceva, ridendo, che eravamo stronzi e mettevamo a rischio un lavoratore. Che ad ogni modo non è mica tornato.
Quindi alla fine vado a casa con uno, che Mara mi aveva presentato com matto ma simpatico e mediamente quasi sobrio, ma ha un tic al braccio che mi lascia perplessa sulla sua idoneità alla guida. E ridevo e facevo l'indifferente, ma adesso sono qui a scriverne, quindi mi sa che sono davvero figa di legno, non ne ho solo la faccia.
Eppure non riesco a capire chi tra tutti in questa storia è stato più ipocrita.
Di sicuro il più stronzo è il tassista. E se invece fosse solo il meno ipocrita?

sabato 28 aprile 2012

Le cose che vale la pena dire...

...sono davvero poche.
Non sopporto più il rumore. E questo che ho appena scritto è rumore.
Ma quello che ascoltate qui sotto non lo è.

venerdì 27 aprile 2012

La verità non si cerca, si prepara lo spazio perché sorga da sola

Se noi siamo il nostro peggior nemico, e il comandamento dice "Ama i tuoi nemici", allora la prima persona che dobbiamo amare siamo noi stessi.
Per quanto ne so, per innescare questo processo bisogna prendere coraggio, accendere una miccia e farci esplodere. Quando  i detriti inizieranno a posarsi scopriremo che non esistono barriere tra noi, i nostri amici e i nostri nemici.  E quando le polveri saranno svanite, tutto brillerà intensamente.
La miccia è pronta, l'accendino in mano. Forse ho già persino acceso, ma non mi ricordo.

giovedì 26 aprile 2012

Il tao illustrato da Lorenzo

INT - CASA - GIORNO

Io e Lorenzo facciamo i compiti insieme, sul tavolo della casa dei miei genitori.

Lorenzo (finendo di colorare)
Ecco, adesso le domande di scienze. 

Io 
Pronti.

Lorenzo
La costa è il punto di separazione tra terra e mare. Vero o falso?
(Mi guarda)
Vero. No falso.

Io
Leggi bene.

Lorenzo 
(con risatina poco convinta)
In realtà sarebbe il punto di incontro.  
(improvvisamente serio)
Ma sì, poi è la stessa cosa. Vero.

Il cattolicesimo illustrato da Lorenzo

EXT.  - TERRAZZA CASA - GIORNO

Io, mio papà e Lorenzo sul terrazzo della casa dei miei genitori, dopo pranzo.


Io (ridendo)
 La vestina bianca per la prima comunione, che sfigato...

Lorenzo (a me)
Scema, cretina, rimbambita. Non capisci un (sottovoce) cazzo.

Nonno (a Lorenzo)
Oooohhh, cosa fai?! Sei impazzito. Lo sai che non si dicono le parolacce!

Lorenzo (al mondo)
E va be', tanto poi mi confesso,

mercoledì 25 aprile 2012

Abbracciare mostri, cavalli selvaggi e specchi impietosi

Durante il ritiro di vipassana molte cose mi si sono palesate, sotto forma di quella roba che chiamiano insight. Servirà tempo perché si depositino e inizino a trasformarmi, ma alcune, quelli che mi paiono più interessanti per voi e che mi sembrano quasi traducibili in linguaggio, ve le voglio raccontare.

Non c'è niente contro cui combattere, nemmeno le parti di noi che a tutti i costi cercano qualcosa da combattere.

Se vuoi conoscere qualcosa, vai a farti un giro, lungo vero profondo e senza paura, nel suo contrario.

Il segreto per avere una vita più facile e fluida e' fare le cose veramente difficili, quelle che riteniamo al di fuori della nostra portata.

Per capire se sei nella consapevolezza, prova ad usare l'applicazione Mappe dell'iPhone senza imprecare. Se imprechi e poi sorridi, e' gia' qualcosa.

I superpoteri esistono, devi solo crederci e impossessartene. E attenzione alla kriptonite.

mercoledì 18 aprile 2012

Perché parlare se si può stare zitti?

Un tizio, che sabato sera ho sfuggito in ogni modo possibile ma mi ha recuperato tramite contatti comuni, oggi mi ha scritto una mail. Credo di approccio, ma è difficile esserne certa, poiché mi ha chiesto se sapevo perché domenica mattina dopo la sbronza si è svegliato con un dente in meno in bocca. Che l'unica cosa di cui era certo di ricordarsi era il mio viso. Non gli ho risposto.
Poi ho parlato al telefono con Silvia, ma avevo solo voglia di sentire la sua voce, e forse di bere un the con lei, che quello che ci dicevamo era alla fine irrilevante.
Poi ho scritto un post sul blog, che ho cancellato perché non ci trovavo un senso. Il mio primo ripensamento da quando ho aperto il blog.
Poi sono andata a lezione di teatro e Patrizia mi ha chiesto come stavo. Ed era un brutto momento, ma non volevo lamentarmi, che ora so per certo che è inutile, ma nemmeno essere ipocrita e dire "Bene" con sorriso di circostanza. E ho provato a spiegarmi, ma era imbarazzante.
Poi ho letto i tarocchi, ma solo per esercitarmi che ancora non li ho studiati bene, sempre a Patrizia, e anche a Francesco. E non sapevo bene cosa dire, tutto mi sembrava stupido. 
E poi, anzi proprio ora, Francesco mi sta scrivendo che gira e rigira parlo sempre del mio argomento preferito: me stessa. E non so cosa rispondergli, perché qualsiasi cosa gli risponda parlerei di me, rafforzando la sua opinione, giusta tra l'altro. Ma sono sempre io che lo dico.
In tutti questi casi ho avuto ben chiara l'inutilità delle parole. 
E se scrivo ora con parole che le parole sono inutili, è perché voglio usare le parole come un coltello, per fare a fette me stessa e le mie ipocrisie e incongruenze e stupidità. 
E certo ci sono altri motivi per parlare, ma adesso non mi va di parlarne. 


sabato 14 aprile 2012

venerdì 13 aprile 2012

Chi vuole uccidere il suo avversario, consideri bene se proprio così non lo renda eterno dentro di sè

Vado dal pakistano, che poi è del Bangladesh, dietro casa e chiacchierando chiacchierando di code saltate, di mazzette, di cinesi al porto di Genova, di sindaci amici che fanno riapparire permessi di soggiorno perduti, di italiani che non hanno mai preso un aereo, cosa salta fuori? Che lui a fine anno se ne va a vivere in Svezia, che quello sì è un paese serio.
E non so se chiedergli di restare per non privare l'Italia delle poche speranze che ancora ha, se gioire per lui e pensare che sono cretina a restare o preparare le valigie e comprare un volo solo andata anche io.

mercoledì 11 aprile 2012

Un giorno di pioggia

Il vero coraggio è sapere di avere paura e tenersela, questa paura. E andare per il mondo comunque. Detto in altra forma: accettare la paura, sentirla tutta e volerla superare ogni istante.
Anche condividere i ricordi imbarazzanti, inevitabili e inopportuni è un atto non meno coraggioso.


lunedì 9 aprile 2012

Criceti alla riscossa

Finalmente ho capito. C'è una sola cosa da imparare per diventare davvero grandi, e persone migliori e per trasformare quello che di noi non ci piace e ci allontana da noi stessi e dagli altri. Ma non posso dirvi cos'è, ancora no. Se lo facessi non aiuterei voi, che bisogna faticare per scoprire le cose, e farei dei danni a me, che le scoperte vanno digerite lentamente e non sbandierate.
Allora faccio semplicemente pubblica ammenda della mia debolezza, una delle cose che più vorrei trasformare, scrivendo questo post pur sapendo che non dovrei scriverlo.
Perché se lo scrivo è solo per poter controllare in quanti lo leggete. Perché sono una tenace insicura, e bisognosa di sguardi altrui e di conferme alla mia esistenza.
Così facendo appago sia il vostro desiderio di pensare male degli altri (che si camuffa abilmente da interesse), sia il mio desiderio di autopunizione che si maschera da capacità di ammettere i miei difetti.
Così alla fine anche stanotte posso pensare di dormire tranquilla perché mi illudo di esistere e di essere pure brava, ma in fondo sarò inquieta perché so che ho ceduto e sono solo un mostro.
Ma se vado a letto e mi abbandono alla sensazione dei muscoli doloranti per la fatica al parco avventura alla Roncola (esperienza che vi posso consigliare senza problemi e doppi fini e controindicazioni, almeno credo) allora me ne posso fottere, e dormire davvero. Che questo post è opera dei criceti, mica mia. Macheccazzo, anche così sto solo trasferendo le colpe. Ve ne rendete conto? No, dico, ve ne rendete conto? Io sì. Buonanotte.


sabato 7 aprile 2012

La Sua Dimensione

Per diversi motivi mi sento e mi vedo sulla via della guarigione spirituale e psicologica. Ma a tratti ho delle recrudescenze di rabbia, di attaccamento, di apatia, di insoddisfazione, di inconsapevolezza. 
E forse me le causo da me, perché temo che una volta passata la crisi, io smetta di sentire le cose con la precisione anche dolorosa con cui sento ora, che smetta di sentire le motivazioni che mi hanno fatto scegliere alcune cose e portarle avanti, che l'entusiasmante lavoro su di me finisca. Come se la crisi fosse stata una porta spazio temporale verso un'altra dimensione in cui tutto era insieme più preciso e confuso, come un sogno a tratti incubo durato quasi due anni ormai, che mi ha rivelato un sacco di cose. 
E' come se temessi che questa porta potesse richiudersi e lasciarmi fuori, in un mondo "normale" e non eccezionale che non riconosco più come mio, e lentamente mi vada addormentando pensando di svegliarmi.  E potessi così tornare cazzona come e più di prima. 
Ma Alberto, il mio coinquilino, l'altro giorno al mio annuncio che andavo 10 minuti sull'altalena dietro casa mi ha detto: "Ma non è che l'altalena è una porta verso un'altra dimensione in cui sei una supereroina e vai lì, fai cose eccezionali e poi torni come se niente fosse?".
E allora penso che potrei scoprire ed inventarmi delle porte di questo tipo, per entrare ed uscire quando voglio da questo mondo che mi ha avvolto, ma che devo riuscire a lasciar andare. Che è tempo di altre, nuove cose. 


PS: nella foto un autoritratto di Gustave Courbet. Sarà per l'influenza di Midnight in Paris ma mi sono innamorata di lui, anche se è morto da circa 150 anni. E sarebbe fighissimo trovare una porta per andare a conoscerlo... Oppure questo quadro è esso stesso una porta. Insomma, ho ancora le idee confuse, ma queste porte mi piacciono. 

venerdì 6 aprile 2012

Il privato è pubblico

Una mia amica, che non dirò chi è per non farle passare dei problemi, mi fa delle gran telefonate usando il telefono del suo posto di lavoro. Che è un posto pubblico.
E mi viene da ridere. Perché per cose del genere la mia bergamaschità (approssimativamente un connubio tra rispetto delle regole e borghese benpensare) si incazza. Ma visto che l'estate scorsa ho chiesto a Gesù di farmi diventare terrona e lui ha acconsentito, ora me la rido. Perché tanto io guadagno talmente poco che le mie tasse nemmeno coprono i costi delle telefonate. E poi comunque dallo Stato io, che dalla laurea in poi sono sempre stata non disoccupata ma diversamente occupata e quindi passibile di tutela a aiuto da uno stato sociale che veramente fosse tale, non ho mai ricevuto niente.
Infine, in queste telefonate lei mi da dei consigli, anche se a volte sono talmente scemi che faccio il contrario. Quindi queste telefonate mi aiutano ad essere migliore e a stare meglio, quindi in qualche modo finalmente ricevo qualcosa dalla Repubblica Italiana di cui sono cittadina per insensato caso.
Quindi allegramente mando affanculo i miei sensi di colpa.
E ora scusate, rispondo al telefono. E' ancora lei.


Fare teatro:meditare = andare dall'analista:leggere Nietzsche

Se impari a farlo, non puoi più fingere. E ti sgami da sola ogni volta che provi a fingere.
Devi essere lì, presente a te stessa in ogni atomo.
Devi credere di saperlo fare, ma non presumerlo.
Ogni volta, è la prima volta.
Puoi imparare dei trucchi per sentire il sole anche se non c'è. E scaldarti davvero.
Capisci come lasciare entrare gli altri, e non fartene travolgere.
Devi essere egoista, eppure darti.
Se fallisci non hai scuse: non ti sei impegnata abbastanza.
Hai mille dubbi e resistenze, ma prosegui.
Vuoi uscirne vincitrice, ma non sai dov'è l'uscita.
Smetti di parlare di te come se parlassi di altri e di parlare agli altri parlando solo di te.
Non parlo, faccio, e penso solo a me stessa. Ci provo.


mercoledì 4 aprile 2012

L'abisso dei perché.

Leggere Aurora di Nietzsche è doloroso. E' guardarsi senza filtri, schermi, giustificazioni e scoprirsi esseri miserabili e impotenti eppur potentissimi, sempre che si accetti di essere impotenti.
E mi chiedo perché lo leggo, e proprio il fatto che lo stia leggendo mi impedisce di formulare una risposta, perché ogni volta Friedrich me la distrugge quella risposta. E io lo ringrazio, ma perché lo ringrazio se mi fa male? E' come se per la prima volta mi rendessi conto delle nebbie in cui vivo, e ora che le vedo non so più dove andare, ma so che non voglio più viverne circondata. Ma contemporaneamente temo gli effetti di questa lettura, e per orgoglio non voglio cedere alla vigliaccheria. Credo che sia cosi, ma non lo so. Non so niente. Do nomi alle cose, ma è inutile. Allora provo così: avanzo e basta. Da qualche parte arriverò. Spero solo di non tornare indietro senza accorgermene. In caso, avvisatemi.

martedì 3 aprile 2012

Deduzione sulla dedizione

Ogni cosa a cui ci dedichiamo, che sia la lettura, la fotografia, l'amare qualcuno, il disperarsi per amore, lo yoga, le droghe, l'arte, mettersi lo smalto, cucinare, la carriera, uno scopo politico o religioso, il poker, le lotte ecologiche, la poesia, l'ozio, recitare, la scrittura, l'educazione dei figli, le serie televisive e via elencando, tutto provoca assuefazione e dipendenza.
E così da attività potenzialmente interessante ed istruttiva e stimolante e che ci indirizza verso una parte di noi più profonda ed inesplorata, tutto diventa abitudine meccanica di cui non possiamo fare a meno. E ci dedichiamo ad essa proprio per dimenticarci il più agevolmente possibile di noi stessi. Ma per fare bene qualcosa bisogna applicarsi con costanza. E quindi l'abitudine/dipendenza subentra inevitabilmente. Come fare? Forse non esiste davvero rimedio, perché essere vivi è la nostra prima ineliminabile abitudine/dipendenza. Forse pero' potremmo fare come alcuni animali, e fingerci di tanto in tanto morti per restare vivi per davvero. Tipo meditando, o non facendo proprio nulla per un po'.  La morte apparente come rimedio alla vita apparente.

lunedì 2 aprile 2012

Basterebbe scodinzolare

Oggi sono andata a trovare dei miei amici che hanno appena avuto un bambino bellissimissimo, Omar, biondino a dispetto del nome mediorientale. E loro, Anti e Morris, hanno anche due cani, uno mezzo andato tenerissimo, e una mezza matta. 
Questa cagnolina la volta precedente tentò due volte di mordermi. Oggi invece è scoppiato l'amore: coccole, leccatine e pure giro al guinzaglio con me.
Perché? Perché proteggeva Anti, la mia amica, che era super incinta. Ma adesso dovrebbe proteggere Omar, quindi potenzialmente dovrebbe essere ancora più aggressiva. Secondo me il vero motivo è questo: io qualche mese fa ero tutta nervi e rabbia e fatica, e probabilmente puzzavo pure di paura, e ora invece sono decisamente più rasserenata nei confronti della vita. E Peggy, non Guggenheim, Peggy il cane, l'ha capito. 
I cani sono molto ma molto più intelligenti dell'uomo. Voglio diventare intelligente come un cane. Sarebbe tutto molto più semplice.