martedì 24 settembre 2013

Della comprensione

La vita è maestra di vita. Ogni giorno è possibile capire qualcosa in più del precedente, restando aperti, vigili, sereni e consapevoli. (Jesus Christ, come sono noiosa!) 
Ieri pensavo di aver capito che c'è sempre una possibilità di riscossa per tutti. Avevo infatti visto la versione inglese di X-factor e mi ero resa conto che quel bell'uomo della giuria altri non era che Gary Barlow, il ciccione dei Take That, back in the early '90s. 
Poi ho pensato di aver capito che la questione: "Non mi chiama? Perchè? Che cosa devo fare?" fosse ormai decisamente irrilevante per me, e che l'unica risposta che volevo dare alla 40enne totalmente esaurita che mi faceva queste domande era "La verità è che non gli piaci abbastanza. E coraggio, adesso fatti una vita."
Poi invece ho capito che la vera lezione della giornata era contenuta nella foto qui sotto, trovata su FB. E ho smesso di cercare, almeno per un po'. Mi sono messa piuttosto a pensare a che cosa avrei cambiato del mio comportamento del passato, se avessi compreso questa verità in tempo. Ma ho smesso subito, perché mi sono sentita una cretina. Avrei cambiato millemila cose in me, e capito da chi stare alla larga in meno di un secondo. 
E allora ho capito che avevo davvero capito che quello che si capisce è solo quello che si può capire quando lo si capisce. Capito?


mercoledì 18 settembre 2013

Dell'essere single

Allora, mica è facile scrivere questo post.
Perché una parte di me è piuttosto addolorata per non essere amata e, ancor di più forse, per non poter amare nessuno in maniera non dico esclusiva (non lo dico più, perché non ha senso) ma preminente, peculiare, con uno scopo comune benché in libertà.
Però, cari amici che mi scrivete o mi chiamate, io ve lo devo dire. Essere single non è una malattia, almeno, se lo è, mica lo sapevo. Quindi evitate di auspicarmi un prossimo fidanzamento perché a) mi ricordate che non sono fidanzata e che anzi, in forma diverse sono stata mollata da due persone nel giro di 6 mesi b) mi fate riavvicinare pericolosamente ad una parte di me che ha il terrore dell'abbandono, motivo per cui mi sono sputtanata un sacco di anni di vita, e ora che questo piccolo mostro dentro di me, vorrei lasciarlo dormire c) mi fate venire voglia di dire che non me ne frega niente.
E non sarebbe vero, ovviamente.
Mi fidanzerò se (anzi, quando) mi innamorerò di qualcuno, che a sua volta si innamorerà di me. No matter what, in entrambi i casi. Ovvero senza se e senza ma. Senza trattenersi e senza rincoglionire. Ma su quest'ultima possibilità, quella del rincoglionimento, sono tranquilla: ho un'età, quasi critica oltre che cristica ormai, per cui non ci si innamora di un coglione qualsiasi come a 20 anni.
Ma certamente non accadrà che mi fidanzi con qualcuno giusto per non rimanere da sola.
Non ho ribaltato la mia vita, provando a non essere "borghese" nel senso specifico che io attribuisco a questa parola (conformista, incapace di osare, timoroso del giudizio altrui, spaventato dalla diversità e dalla creatività, noioso non perché stabile ma perché sprovvisto di curiosità) negli ultimi 2 anni per arrivare a questo. Proprio no.
So, leave me alone. Auspicatemi di innamorarmi piuttosto, e di essere ricambiata, ma anche questo auspicio, tenetelo per voi. I would appreciate it.


martedì 17 settembre 2013

Punk never die

Dopo aver scritto a tutti quelli che stanno affittando casa a Boston, ma proprio tutti (ovvero circa 7 persone), scrivo il mio primo misanderstanding dall'Inghilterra.
E insomma, un po' mi sembra ridicolo quello che sto per scrivere. Sto diventando una persona noiosissima, era così bello quando ero arrabbiata con tutti e tutto e odiavo l'universo e vi odiavo, oltre ad odiarmi.
Comunque, tra le cose noiose che ho imparato a fare c'è la pratica dell'assecondare le cose che arrivano, semplicemente lasciandole essere e dispiegare, il più possibile.
Quindi, con un briciolo di rimpianto per la Marilisa punk che ha avuto il suo momento di splendore ma che ormai si è ritirata e la mattina beve succo d'ananas invece che i resti caldi della lattina di birra della LIDL, vi dico che tutti i messaggi pre e post partenza ricevuti da moltissime persone sono qualcosa che mi commuove.
Mi commuove profondamente. E forse c'è una parte di me totalmente vanagloriosa ed egocentrica che vede come una giusta ricompensa il vostro affetto (io non sono nessuno per escludere questa possibilità, che il nostro cuore è un abisso di bellezza quanto di nefandezza) ma la cosa bellissima è che vedo, sento, percepisco, riconosco come reale questa rete di affetto.
Esiste, concretamente. Non perché mi aiutate o mi avete aiutato a fare questo o quell'altro o perché non ho la malinconia (finora non ne ho avuto né il tempo né l'occasione, sinceramente) ma proprio esiste, come questa tastiera su cui sto scrivendo esiste secondo le leggi della fisica newtoniana. Che se mi butto, questa rete d'affetto mi sorregge.
E ora, chi nega l'esistenza reale dell'amore è un povero coglione che non ha capito un cazzo e per quanto mi riguarda si può impiccare.


PS: scherzo. Vi amo tutti. Comunque.  (questo ps è la cosa più triste e meno autoironica e più didascalica dell'universo)

lunedì 9 settembre 2013

Una cosa che invece posso imparare

Posso imparare a vivere leggera. Poche cose, pochi ricordi, pochi pensieri, poche paranoie.
Ogni cosa che possediamo è un ricordo, ogni ricordo ci vincola a qualcosa che non siamo più, ma che ci viene prepotentemente sbattuto in faccia, ogni ricordo genera un pensiero, che se non siamo capaci di controllare diventa una paranoia.
Noi siamo anche il nostro passato, ed è quindi bellissima l'idea della madeleine di Proust, ma credo sia meglio che sia la vita a sbattercela davanti, invece di collezionare potenziali madeleine dentro ogni armadio, cassetto, borsa, valigia.
Mia mamma accumula accumula accumula ogni cosa, ogni armadio che si è liberato in casa man mano che noi figlie ce ne siamo andate è stato invaso da vestiti, fogli, oggetti, regali mai aperti e regali inutilizzati. Non riesce a liberarsi di niente.
Io sono un po' come lei, ma poi per la paranoia opposta mi viene voglia di fare come San Francesco e dare tutto quello che ho ai poveri.
Ecco, magari diventare saggi è trovare una via di mezzo. Ci proverò. Però la maglietta rossa, quella che ho comprato a Valencia, no, non la butto. E nemmeno il quaderno di italiano delle medie, e forse nemmeno il mixtape che mi ha regalato Alberto quando avevo 14 anni, e nemmeno il vestito che avevo quando sono uscita per la prima volta con quell'idiota, e nemmeno Vogue di due anni fa, perché mi può sempre essere utile per i collage...
Maledetto passato che non passa!
Ma insomma: Proust ha scritto la Recherce, che se è stata letta integralmente da 25 persone che non siano studiosi di letteratura francese è un miracolo. Ed era pure un certo esaurito che viveva in una camera insonorizzata. Quindi riassumendo:

domenica 8 settembre 2013

I miei amici

Sono a letto con la luce spenta per via di un discreto hangover. 
E penso che i miei amici mi hanno salvato la vita. E non solo ieri sera, non facendomi guidare. E non solo quelli che c'erano ieri sera.
E penso che una vita è troppa roba perché una sola persona, di solito colui o colei che definiamo l'uomo o la donna della nostra vita, la possa salvare. Ma che se anche è vero che solo noi possiamo salvare le nostre vite, è indispensabile che ci sia qualcuno intorno. Qualcuno che la vita te la salva mentre mangi le patatine e dici le cazzate e vai al mare e guardi un film e ti presti i libri. 
È penso che questi saluti siano la presa di coscienza di quanto di loro ci sia in me, che alla fine anche chi ho amato 10 anni fa verrà in qualche forma con me a Spilsby e ovunque andrò.
E penso che sono la mia nuova famiglia, i miei amici. Ne ho un'altra, ne ho molte altre. 
E penso che mi piacciono le persone, tutte, anche quelle che non conosco, perché ho finalmente capito che quando si vuol bene a qualcuno non è per meriti speciali, perché questo o questa se lo meritino più degli altri, ma semplicemente capita e ci si deve rassegnare. Ho degli amici che reputo un po' scemi, ma restano amici, desidero il loro bene, voglio che ridano e siano felici. Voglio farli ridere io. E allora posso desiderare il bene anche per gli sconosciuti. E forse qualcuno può voler bene pure a me, visto che non serve essere perfetti per essere amati. 
E penso che tutto questo amore io non lo sapevo vedere. 
E penso che ero proprio una cretina. E che se finalmente lo sono un po' meno, lo devo anche e soprattutto ai miei amici. Vicini lontani passati e attuali. 

sabato 7 settembre 2013

Una cosa che non si può imparare. F**k!

Puoi uscire con un sacco di persone.
Capire già dopo due volte, abbondando, se vale la pena oppure no.
Piangere per i tuoi ex.
Rallegrarti che siano tali.
Andare oltre tutti i rancori e i rimpianti.
Ascoltare le storie tristi o felici altrui.
Dare consigli, sciocchi in quanto saggi e quindi inutili.
Amare molti e molte, ovvero volergli del bene sincero.
Accettare il loro affetto sincero.
Superare l'imprinting paterno/materno.
Puoi essere felice da sola.
Puoi non fare dell'amore di coppia una tragedia o lo scopo della vita.
Puoi esplorare, sperimentare, conoscere, essere grata. Divertirti.
Puoi ascoltare canzoni romantiche e studiare l'amore.
Ma c'è una cosa non si impara. Ed è l'unica veramente bellissima.
L'unica che vorrei davvero.
Come cazzo si fa ad innamorarsi?


giovedì 5 settembre 2013

Vorrei dipingere di rosso la mia stanza

Un vecchio contadino aveva un vecchio cavallo per il lavoro dei campi. Un giorno il cavallo scappò in montagna, e quando tutti i vicini del contadino deplorarono la sua sfortuna, il contadino rispose: "Fortuna? Sfortuna? Chi lo sa?".
Una settimana più tardi il cavallo tornò dalla montagna con una mandria di cavalli selvaggi e questa volta i vicini del contadino si congratularono con lui per la sua fortuna. La sua risposta fu ancora: "Fortuna? Sfortuna? Chi lo sa?".
Quando il figlio del contadino tentò di domare un cavallo selvaggio, cadde da cavallo e si ruppe una gamba. Ognuno considerò ciò come una grossa sfortuna. Non però il contadino, che disse solo: "Fortuna? Sfortuna? Chi lo sa?".
Un paio di settimane più tardi l'esercito marciò sul villaggio e reclutò ogni giovane utile che poté trovare, ma quando videro il figlio del contadino con la sua gamba rotta, lo rimandarono indietro. 

Racconto tradizionale cinese

Ho passato minuti, ore, giorni, settimane, mesi, anni a etichettare ciò che mi succedeva come una benedizione o una maledizione, provando a ricostruire con lunghissime sequenze mentali quali sarebbero state le conseguenze nel breve, medio e lungo periodo di ciò che stavo vivendo e facendo. 
Di previsioni ne ho azzeccate veramente poche. Perché non si può sapere. Le cose accadono, e l'attribuzione di un senso di sfortuna/fortuna è solo uno spreco di energie. Che ci consegna all'eterna infelicità in cui sospirando "Ah, se fosse successo questo!" "Ah, se potessi avere quello!" ci alieniamo da quello che veramente abbiamo: il presente.
Nel presente decidiamo tutto, e possiamo essere presenti nel presente se evitiamo la valutazione buono/cattivo, fortuna/sfortuna, se anche nel presente siamo liberi dal giudizio, che è frutto del mero attaccamento o della mera avversione. Certo che ci piacciono le cose gradevoli, facili e belle, ma queste possono farci pagare frutti amari in futuro, quindi non vale la pena restarci attaccati. Certo che non ci piacciono le cose sgradevoli, brutte o faticose, ma queste possono ricompensarci grandemente in futuro. Ma non lo possiamo sapere, quindi il distacco, da ciò che ci è accaduto, da ciò che ci accade e da ciò che ci accadrà è essenziale.
E per me questo non significa non avere passioni, entusiasmi, obiettivi, desideri. Anzi, in questo modo mi è possibile vederli in modo più pulito, perseguirli con maggior facilità, lasciarli andare con grande tranquillità. Perché niente di ciò che mi è accaduto, mi accade e mi accadrà sono io, la vera io. 
Serve una presenza fortissima e pienissima per vivere nel distacco, nel perenne sorriso di chi vede le cose arrivare, le vive, ed è pronto a lasciarle andare. Il risultato è una rotonda felicità, che però non assomiglia più all'up del bipolare, a cui seguiva sempre un down devastante, ma ricorda invece qualcosa che rotola morbido, in accordo con il costante mutare del mondo. 

martedì 3 settembre 2013

Mio papà

In questa estate, che ormai vede le nottate arrivare con troppo anticipo, ho passato molto tempo a casa dei miei.
E ci sono stata bene. Finalmente. RdL è sempre un pantano, dolce e tranquillo, ma che nasconde sabbie mobili. Tutto sommato però ho imparato a starci senza farmene risucchiare.
In questo periodo mi è capitato spesso di vedere mio papà fare una cosa banale, che avevo dimenticato ma che in realtà ho sempre notato.
Lui si addormenta sul divano. Sempre sdraiato nello stesso punto. Ad un certo punto si sveglia. Si siede sul bordo, con la testa china. Si ferma lì qualche secondo, poi fa un sospirone, si alza e barcollando va verso il bagno e poi a letto.

Ecco, in quei secondi in cui sta seduto probabilmente non pensa a nulla, è solo intontito dal sonno. Eppure.
Eppure a me piace immaginare che in quei secondi stia considerando la sua vita. Da dove arriva e dove deve andare. Non filosoficamente, non per speculazione. Ma che nella fatica che lo abita senta che cosa è andato nella giornata e che cosa no, si pacifichi prima di andare a letto e decida per che cosa dovrà svegliarsi la mattina seguente.
In quei secondi, ogni notte, trova motivazioni per andare avanti, un giorno dopo l'altro, non più di un giorno dopo l'altro. Può andare a dormire ora, perché ora sa che si sveglierà, ormai l'ha deciso, perché sa perché lo farà.
E in quel gesto io, insieme a lui, finalmente trovo il senso e la bellezza, la piccola enorme bellezza, di una vita che per troppi anni pre, durante e post adolescenza ho considerato inutile e sprecata. Perché, accecata dalla presunzione di essere migliore di lui perché più intellettuale, non capivo che l'insegnamento non era: "Vai a letto e svegliati per lo stesso motivo per cui lo faccio io", ma "Trova il tuo motivo per andare a letto e svegliarti, come faccio io. E fallo, con fatica e forza, ogni giorno che dio ci manda in terra".