martedì 3 settembre 2013

Mio papà

In questa estate, che ormai vede le nottate arrivare con troppo anticipo, ho passato molto tempo a casa dei miei.
E ci sono stata bene. Finalmente. RdL è sempre un pantano, dolce e tranquillo, ma che nasconde sabbie mobili. Tutto sommato però ho imparato a starci senza farmene risucchiare.
In questo periodo mi è capitato spesso di vedere mio papà fare una cosa banale, che avevo dimenticato ma che in realtà ho sempre notato.
Lui si addormenta sul divano. Sempre sdraiato nello stesso punto. Ad un certo punto si sveglia. Si siede sul bordo, con la testa china. Si ferma lì qualche secondo, poi fa un sospirone, si alza e barcollando va verso il bagno e poi a letto.

Ecco, in quei secondi in cui sta seduto probabilmente non pensa a nulla, è solo intontito dal sonno. Eppure.
Eppure a me piace immaginare che in quei secondi stia considerando la sua vita. Da dove arriva e dove deve andare. Non filosoficamente, non per speculazione. Ma che nella fatica che lo abita senta che cosa è andato nella giornata e che cosa no, si pacifichi prima di andare a letto e decida per che cosa dovrà svegliarsi la mattina seguente.
In quei secondi, ogni notte, trova motivazioni per andare avanti, un giorno dopo l'altro, non più di un giorno dopo l'altro. Può andare a dormire ora, perché ora sa che si sveglierà, ormai l'ha deciso, perché sa perché lo farà.
E in quel gesto io, insieme a lui, finalmente trovo il senso e la bellezza, la piccola enorme bellezza, di una vita che per troppi anni pre, durante e post adolescenza ho considerato inutile e sprecata. Perché, accecata dalla presunzione di essere migliore di lui perché più intellettuale, non capivo che l'insegnamento non era: "Vai a letto e svegliati per lo stesso motivo per cui lo faccio io", ma "Trova il tuo motivo per andare a letto e svegliarti, come faccio io. E fallo, con fatica e forza, ogni giorno che dio ci manda in terra".


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