giovedì 24 febbraio 2011

Affinità e divergenze tra una stanza d'albergo e la vita. (post datato)

Uno ci entra, carico di borse, con il viaggio negli occhi e nella schiena. E' piccola, sicuramente non appariscente. Confortevole, però, parrebbe. Letto armadio comodino telefono giallo scrivania specchio bagno televisione.
Posa le valigie e se ne va, felice all'idea di tornarvi alla sera sapendo dove posare il capo e fare il caccone.
La sera arriva, e al rientro scopre che il telefono non funziona. Che la tapparella non si abbassa e c'è un lampione esattamente di fronte alla finestra.Che il bagno non è fornito di bidet, e  che dal cesso le ginocchia toccano la parete di fronte. E che se soprappensiero chiudesse la porta, rimarrebbe chiuso dentro. Che la tv in fondo non è così interessante, e per di più occupa tutta la scrivania. Che c'è un quadro, marina con tre barche, giusto sopra il cuscino, appeso sopra gli incubi che genererà.
Di fronte a ciò dovrebbe e potrebbe scendere e maltrattare il portiere di notte, già dedito ai solitari cicchetti. Invece riesce a fare la cacca, prende il Lexotan e va a letto comunque.
E sa che mai più dimenticherà questa stanza.



AGGIORNAMENTO: dopo tre giorni di accettazione e amore per la sorte che l'ha legato a quella precisa stanza in quel preciso istante, giorni in cui si palesa che nemmeno funziona il riscaldamento, questo uno si mette il sorriso migliore, e i tacchi. Scende direttamente dal direttore, e senza nemmeno chiederlo ottiene una stanza con angolo divanetto. E senza tappezzeria color vomito.

sabato 19 febbraio 2011

Una lista, non so impegnarmi di più. E nemmeno te lo meriti, RdL.

RdL è un libro contabile.
RdL è un parco giochi.
RdL è l'obbligo del ricordo.
RdL è la consolazione del ricordo.
RdL è ciò che resterà.
RdL è ciò che c'è anche se non voglio.
RdL è ciò che mi manca.
RdL è l'eterno ritorno.
RdL è il primo motore immobile.
RdL è un arsenale, di cui mi piacerebbe essere l'accidentale fiammifero.
RdL è un cimitero, con Maria e Agnese ad ascoltarmi.
RdL è H509 nel mio codice fiscale.
RdL è una manager con le mestruazioni.
RdL è profumo di bambino.
RdL è paura di bambino.
RdL è l'abito della domenica.
RdL è l'aperitivo al sabato.
RdL è un tiglio in fiore a giugno, struggente.
RdL è seducente.
RdL è bugiarda, ancor più seducente.

RdL non sono io, ma le assomiglio.

giovedì 17 febbraio 2011

Impermanenza

Da qualche mese vivo in una casa senza soggiorno. Cucina piccolina e tre stanze da letto. Stop.
Lavorando da casa, sto diventando una mezza Hikikomori, a parte il fatto che di tanto in tanto esco a bere.
Poiché in realtà la mia attività principale è fumare, ho delle considerazioni al riguardo, con correlato filosofico come da titolo del post. Eccole.

"Se fumi c'è odore di fumo. Se fumi per un settimana c'è odore di fumo stantio. Se accendi l'incenso, l'odore di fumo si attenua. Se accendi un altro bastoncino, l'odore di fumo scompare. Se scoreggi c'è puzza di scoreggia. Ma prima o poi se ne andrà anche quella."


Della scoreggia dico così per dire, io non scoreggio, sono una signorina.

Progetto

Farò una lista tutta colorata delle parole che non mi piacciono, per invitarle ad essere mie amiche.


martedì 15 febbraio 2011

Notturno

Cielo viola, mutevole. Raggi come lampi, o come laser, non so. Precisi ma mobili, intensi. Saturi di colore.
Si riflettono da qualche parte. C'è un mare sotto. Persone sulla riva. Silenziose, concentrate. Dalle loro mani a coppa partono senza sforzo i raggi, per perdersi dietro l'orizzonte curvo come un arco da guerra.
Come atleti durante una gara sanno quello che fanno, senza saperlo davvero. Conoscono la precisione dei loro gesti, senza tallonarla. Camminano tranquilli, l'aria gorgoglia leggermente al loro passaggio. Di tanto in tanto si fermano, e lanciano verso il mare un raggio. Donne e uomini, non hanno volti,  ma ognuno di loro, lo so, è diverso. Risuona in sintonia con il proprio colore.
Dall'orizzonte, altri raggi. Altri riflessi. Cadono nella sabbia, rosa nonostante il buio. Soffice, fresca. Vibrante. I piedi risuonano dei colori appena affondati.
Un'esplosione. Cupa, ma piena di melodia. Lenta. Profonda. Due raggi, uno giallo l'altro rosso giunto dall'altra parte del mare sono appena esplosi in un arancione denso che riempie la gola. L'impassibilità dei lanciatori si incrina appena. Tenerezza affiora nei loro occhi. Chi ha emanato il giallo non c'è più. E' altrove, ma lo sento ancora. Esiste. 
Altra esplosione. Bianco e blu. Un azzurro elettrico domina il mondo, che freme. L'azzurrità sparisce. Ma resta il ricordo.
Le scariche sono più potenti, più intense. La sabbia si intiepidisce. Le esplosioni aumentano. Le persone attorno a me non diminuiscono: altre compaiono a prendere il posto di chi svanisce nel viola che assorbe, nel verde che assorda, nel rosa odoroso.
E altre ne arriveranno, e molti e molte invece torneranno, con altri colori. Per nuovi colori.




È solo un punto di vista. Quindi per adesso è vero.

Elettroni protoni e neutroni variamente aggregati. E nulla più. Questo siamo.
Come spiegare altrimenti il potente effetto di un'indigestione da pizza sulla già devastata waste land che sto attraversando? 


domenica 13 febbraio 2011

Chiarore

Ieri sera, mentre guidavo verso il Plastic (e verso un Negroni senza ghiaccio che mi ha distrutto lo stomaco) ho avuto un altro orgasmo spirituale.
La comprensione netta totale fulminea che...non ve lo dico.
Perché tutto quello che ci resta da capire, lo si capisce solo nella solitudine più estrema. 


sabato 12 febbraio 2011

Non mi avrete mai come volete voi

Quello che una donna italiana dovrebbe dire e pensare domani durante la manifestazione:
"Scopo con chi voglio, se mi va mi faccio anche pagare, prendo e do ciò che mi pare ma tu, vile maschio italico, non devi darlo per scontato. E nemmeno sentirti costretto a mettermi in Parlamento."


venerdì 11 febbraio 2011

Tempora et mores

Mi dicono che devo dare tempo al tempo.
Io credo di no. Il tempo è un ingordo. Come un qualsiasi ragazzo di provincia alla sua prima cena in un All you can eat cinese, il tempo si prende qualsiasi cosa si trovi davanti e non avanza nemmeno un bocconcino per paura del supplemento.
Metterò a dieta il tempo, altro che assecondarlo. 

giovedì 10 febbraio 2011

Tu is mei che uan

Ieri non ho scritto il post giornaliero.
Del resto ho avuto una giornata pienissima. Per dirne una: stamattina ho fumato contemporaneamente le mie due sigarette preferite: quella dopo colazione e quella prima di dormire.


martedì 8 febbraio 2011

Confessione, senza pentimento.

La follia è sempre socialmente e culturalmente costruita. Il folle occidentale grida a tutti che la società è ingiusta, che i potenti schiacciano i deboli, che non c'è spazio per il gioco, che il rosa per le bambine è orrendo, che le/i bambine/i sono la verità,  che i fiori sbocciano anche dalle 9 alle 17.
Cospargere di sale la piaga purulenta della finta felicità dei normali, questo è lo scopo del folle. 
Il pazzo con le sue parole oscene e fuori luogo, con le sue scelte di verità e candore, massaggia le zone contratte del normale, finché questo salta per il dolore implorando: smettila!
Se il folle continuasse, il normale prima o poi starebbe meglio, ma non può permetterselo. Lui deve essere produttivo, vincente,  integrato, adeguato adesso. Non tra un'ora, o domani, o tra 6 mesi, o tra 2 anni. 
Troppi massaggi potrebbero infatti lasciar intravvedere ai normali un modo migliore di vivere. E questo significherebbe l'esplosione della società. Chiese, famiglie, scuole, luoghi di lavoro verrebbero squassati da un lampo di verità che li lascerebbe privi di senso e di funzione. Morti, come in realtà sarebbero se non succhiassero ai normali la loro vita.
Tutto questo per dire che io vado dall'analista per diventare folle. Felicemente folle.


lunedì 7 febbraio 2011

Minima Moralia Mediolanensium 3

Il barista maleducato profuma di ammorbidente e pane fresco. Il barista lento puzza di marcio dopo due minuti.

Della disputa sull'aglio

Ovvero come possono convivere sotto lo stesso tetto continuando ad amarsi due persone, di cui A. ama l'aglio e B. lo detesta.
Forse l'unica risposta è quella di A., ormai stremata dall'accanimento con cui B. esamina ogni piatto che A. cucina per convincerla di averci messo l'aglio senza nemmeno accorgersene di averlo fatto. 
"Gli esseri umani non sono fatti per la vita di coppia".



sabato 5 febbraio 2011

Momenti

Ho appena avuto un orgasmo spirituale. E non ho assunto droghe per raggiungerlo.

Del perché non credo ad un unico io

Ho iniziato a seguire The United States of Tara.
Protagonista Toni Colette, che interpreta Tara Craine, artista affetta da DDI. Tara a volte si trasforma in T, tamarra adolescente, oppure in Alice, devota casalinga, o addirittura in Buck, rude maschio.
A parte che la serie è davvero bella (del resto anche se a fatica ammetto che Spielberg raramente sbaglia) mi sta facendo pensare.
Forse nel mio nome composto c'è il germe della mia confusione. Anche se ho un altra teoria che vede protagonista l'angelo custode, ma ve la racconterò un'altra volta.

Mari. Sorride sempre, è generosa, le piacciono i colori forti, adora le sfide, fa le coccole ai cagnolini, sorride a vecchi e a bimbi, sa programmare la propria vita, piange per tutti i film. Adora viaggiare. Però ride troppo forte, è sempre in ritardo, si ubriaca subito e dimentica un sacco di cose.
Lisa invece è stronzetta, precisina, secchiona, punta il dito ad ogni errore, si veste come si deve vestire, sa essere acida e vendicativa, si diverte a sabotare. Quando nessuno la vede passa i suoi giorni in pigiama con i capelli sporchi. Però fa a mente i calcoli delle calorie, rispetta gli orari e ha una memoria pazzesca.
E poi c'è Misa. È felice se può arrampicarsi, sporcarsi i vestiti e le mani, parlare, fare scherzi, cogliere ciliege, abbracciare gli amici, inventarsi storie. Però ha bisogno di continue attenzioni, non sopporta rivali e bara quando gioca.

Mari, Lisa, Misa. Affrontarle tutte e tre tutti i giorni della mia vita è faticoso ma pure divertente, sebbene ingiusto.

PS: concorso a premi: un orsetto gommoso a chi attribuisce alla giusta personalità il giusto aggettivo, dei tre usati nella frase precedente.

venerdì 4 febbraio 2011

Una regola è una regola

Scriverò un post al giorno.
Domani finirò il giro dei sopralluoghi.
Non dirò mai più ti amo (non perché non amerò mai più, ma perché è solo uno spreco di energie)
Non mi addormenterò più al cinema.
Mi regalerò una fedina "Mari ♥ Lisa" per fare pace con me stessa.
Fumerò sempre.
Diro no se serve, e sì solo se necessario
Dormirò 8 ore.
Farò ginnastica, un po', tutti i giorni. E andrò a correre di tanto in tanto.
Starò a guardare quello che c'è, finche c'è.
Mangerò meno pizza.
Mi mangerò le unghie dei piedi, almeno una volta.
Nel blog metterò semplicemente foto che mi piacciono, senza giustificarmi. (unico ed ultimo avviso)

Mi sembra abbastanza. Buonanotte.

giovedì 3 febbraio 2011

Anche oggi ho imparato una cosa

Tra coccolarsi e scaccolarsi c'è una differenza sostanziale, sebbene entrambe siano attività attraenti e pressoché irresistibili.
Illustrerò la differenza con un esempio.
Farsi fare i massaggi è coccolarsi. Mangiarsi 12 gocciole extra dark davanti al computer finché sopraggiunge un'invincibile secchezza delle fauci è scaccolarsi.

mercoledì 2 febbraio 2011

Make.Believe

Oggi pomeriggio sono andata al Carrefour di viale Brenta.
Alle casse un signore che parlava da solo e si arrabbiava con i suoi acquisti ha approfittato della mia temporanea assenza (mi ero dimenticata la maschera all'argilla e non trovavo la mia preferita)  per scavallarmi.
Pazienza, mi sono detta.
Mi sono messa in coda: la cassiera osservava con cura ogni prodotto, in cerca di quell'oggetto nascosto ma indispensabile chiamato codice a barre. Con una frequenza straordinaria si alzava per chiedere la chiavetta dello storno. Poi tornava, stornava, riportava la chiavetta e ricominciava a scrutare le confezioni.
Pazienza, mi sono detta.
La signora in coda dietro di me ha iniziato a lamentarsi che avrebbe perso l'autobus, e che poi avrebbe dovuto aspettare 20 minuti e fa freddo e le borse pesano e la cassiera è lenta e suo figlio non trova lavoro e lei è da sola.
Prego, le ho detto.
Pazienza, mi sono detta.
Dopo un tentato furto di un tris di scatolette di tonno da parte della lamentosa signora (ha perso l'autobus, passato proprio mentre incassava il resto) giungeva il mio turno. E a parte la consueta quadriglia solitaria della cassiera, tutto liscio.
Uscita dal Carrefour, borse affilate come lame in mano, ripensavo alla mia seraficità, chiedendomi da dove mai fosse arrivata, e che senso avesse essere buona a Milano. In Corvetto. In un supermercato.
Finché in piazzale Bologna un camionista a bordo di un tir solidamente piazzato sulle strisce pedonali ha rinunciato al suo verde per farmi passare. Con il rosso. Con le borse. Sorridendomi.

Quando si dice togliere le parole di bocca

Potrei credere solo a un dio che sapesse danzare. E quando ho visto il mio demonio, l'ho sempre trovato serio, radicale, profondo, solenne: era lo spirito di gravità, grazie a lui tutte le cose cadono.
Non con la collera, col riso si uccide .
Orsù, uccidiamo lo spirito di gravità. Ho imparato ad andare: da quel momento mi lascio correre. Ho imparato a volare: da quel momento non voglio più essere urtato per smuovermi.
Adesso sono lieve, adesso io volo, adesso vedo al di sotto di me, adesso é un dio a danzare, se io danzo.

martedì 1 febbraio 2011