sabato 31 marzo 2012

Il giorno della fine non ti servirà l'inglese

Rimarrà un mucchietto di inutili resti. E' tempo di iniziare a usare, provare, giocare, rompere le cose, se vuoi che di te resti qualcosa. 

giovedì 29 marzo 2012

I fiocchi di neve cadono, ognuno al posto giusto.

Anche il dito medio che ti ho mandato oggi, caro Davide, quando mi sono vista bella con i capelli corti e il rossetto rosso, due cose che tu odiavi su di me, era al posto giusto...
E forse l'ho fatto più all'immagine tua dentro di me  (immagine che ha l'inquietante e irritante potere di darmi degli ordini) che a te, quindi non prendertela. Ne avevo bisogno.
E invece sai cosa, proprio per infastidirti? Metto questa immagine. Perché faccio quello che voglio, anche amarti da lontano. Molto, molto lontano (in senso metaforico si intende, che geograficamente tu stai in Bovisa ed io in Corvetto, mica al Polo Sud). Ma so che non lo sopporti ugualmente. Tie'! 

Si ringrazia Rob Brezsny per il consiglio dell'esorcismo fai-da-te. 

mercoledì 28 marzo 2012

Random is never random, nemmeno questo post

Così per voi il vostro amore del prossimo è una grazia? Bene, se per voi questo è possibile, fate ancora un passo avanti: amate voi stessi per grazia, - allora non avrete più bisogno del vostro Dio e tutto il dramma del peccato originale e della redenzione alla fine si giocherà in voi stessi.

Sono partita giovedì scorso per Parigi, prendendo con me come lettura Aurora di Nietzsche appena comprato. E poi in aeroporto sull'iphone ho letto il mio oroscopo di Brezsny, che mi consigliava di approfittare del mio attuale stato liminale, in cui ho abbandonato cose vecchie ma ancora non ho assorbito le nuove. Momenti che assomigliano appunto all'aurora.
E poi mentre sono via mi viene questa tremenda influenza intestinale, e devo passare un giorno sul divano della casa da bambola di Mara, poi mi imbottisco di farmaci per resistere e ora resto a casa dei miei convalescente. E questa malattia mi fa pensare che puoi provare a fermare le cose, con dei rimedi che in realtà sono peggio del male, ma poi ad un certo punto devi lasciare che le cose vadano come devono andare, che più si rimanda peggio è, che lamentarsi non serve a nulla se non a stare peggio, che il perdono arriva se ci si spoglia di ogni presunzione, che per vivere basta smettere di avere paura, che la certezza è un'illusione e allora tanto vale essere incerti, ma liberi dall'illusione. E quindi felici.
Che se anche mille momenti liminali mi sono passati davanti senza che li sfruttassi, non è detto che le persone non cambino. Non è detto che io non cambi. Non è detto che non vada al di là di me stessa, e accadrà solo amando me stessa adesso, esattamente qui ed ora e come sono. Stanca, con le occhiaie, senza lavoro, con le unghie color ciclamino, con tanti progetti aperti, senza amoregrande, con molte paure e piccole coccole per me.
Perché se l'attimo si apre, se lo lascio aprire e mi ci immergo, allora si innescano reazione atomiche di impensabile bellezza. Che solo io posso vivere per me.

martedì 27 marzo 2012

Il mio uomo ideale/2

Ieri tornavo, imbottita di farmaci, da Parigi. Accanto a me una coppia, veneta credo. Lui idiota, lei lo sopportava, ed era evidente che si vergognasse di quello che io potevo pensare di lui. Del resto lui parlava continuamente simulando un'odiosa voce da bambino, e pure le cose che diceva lo situavano intorno all'età mentale di 4 anni.
Una volta ho scritto che l'uomo ideale fa schifo perché coincide con il mio ego, epperò delle scelte bisogna farle, per evitare le situazioni di cui sopra. Ma nemmeno scelte, semplicemente avere la consapevolezza di quello che mi piace e non mi piace. Quindi ho fatto un mentale catalogo delle cose che non sopporto negli esseri umani di sesso maschile, soprattutto in un eventuale, molto eventuale rapporto di coppia
- Parlare con voce da bambino: amo i miei nipoti, ma non mi metto con loro. Ci sarà un motivo, no?
- La mancanza di autoironia: ma chi cazzo ti credi di essere?
- La mancanza di ironia: ho bisogno che mi rimetti al mio posto, e pure che te ne fotti un po' del mondo.
- Il romanticismo: l'amore come deve essere che ammazza l'amore come è. Veramente insopportabile.
- La calvizie: non è colpa loro, ma se non mi piacciono i calvi che ci posso fare?
- La biondità: ancora, non è colpa loro, ma per me sono come le donne bionde.
- La vigliaccheria: quelli che non si sbilanciano, e fanno giochetti su chi chiama prima.
- La trasandatezza: i calzini possono pure essere appaiati e senza buchi ogni tanto.
- La vanità: mettiti le creme ma non parlarne con me.
- La maleducazione a tavola: un uomo che grufola sul piatto è insopportabile, nonché imbarazzante. E ve lo immaginate a letto poi? Bleah!
- La presunzione: sarai laureato in Astrofisica, ma ci sarà pure qualcosa che non sai, no!? E poi io so già tutto, non venire a spiegarmelo (questo è un difetto mio, ma che devo fa'?)
- La mammite: in realtà detestano la mamma, ma vogliono che tu sia uguale a lei per odiarti meglio, e perpetuare così la loro misoginia tanto confortante.
- La pigrizia: non uscire, non provare cose nuove, non fare fatica sono tutti no detti alla vita.
- La paranoia: sì, ma, forse, non so, perché forse io un po' voglio ma il mio subconscio dice che non posso. Ecco, no, basta così grazie.
- Il troppo profumo/il cattivo odore: ci innamoriamo grazie all'olfatto, ricordatelo per favore prima di uscire
- I brutti denti: e se invece di comprarti i videogiochi i tuoi ti avessero mandato da un dentista?
- La frustrazione: faccio l'avvocato, ma lo odio, quanto mi piacerebbe vivere al mare. Basta che tu ci vada, è facile!
- La muscolosità impunita: le braccia si devono poter avvicinare al tuo tronco, davvero.
- La grassezza impunita: a te piace il mio culo ma presumi di poter ingrassare come un maialino impunemente? No.

Mi sembra un elenco esauriente, anche se ho sicuramente dimenticato qualcosa. Va da sé che ovviamente poi mi innamorerò dell'uomo con tutti questi difetti contemporaneamente, per poter superare dei miei blocchi karmici profondi. Ma almeno fingo di sapere cosa voglio.

domenica 25 marzo 2012

Influenza parigina

Living is killing me. Lascio fare, che rimedi non ce ne sono. Posso solo provare a capire cosa succede nel frattempo, e godermi ogni istante.

mercoledì 21 marzo 2012

Minima Moralia Mediolanensium/4

Non aggiorno questa rubrica da più di un anno. Allora adesso scriverò diversi pensierini dopo la giornata a due ruote.

Per andare meglio e con meno fatica in bici dovrei smettere di fumare. Ma non posso, che ho un olfatto degno di Rex cane poliziotto anche con la sinusite perenne dovuta al fumo: se smettessi l'odore di Milano risulterebbe talmente rivoltante che non potrei più andare in bici.

Mia mamma a RdL, cittadina piena di ridenti atrocità ma pur sempre a misura d'uomo, mi insegnava a  ricambiare il saluto di chiunque mi salutasse. Anche a scappellotti se serviva. A Milano tu saluti un bambino che ti fissa, e i genitori/nonni/babysitter ti guardano sospettosi e fuggono via. Gli insegnano da subito a schifarle le persone. Che imparino come girano le cose.

La bici per me è correlativo oggettivo della libertà. E un ciclista fermo ad un semaforo rosso di una strada a senso unico non trafficata è invece il perfetto milanese, sia che sia alienato e quindi non si accorga che potrebbe passare, sia che da bravo e solerte cittadino aspetti il verde per attraversare 5 metri deserti.


Nell'immagine: viale Montenero all'altezza di Piazza Medaglie d'Oro.

martedì 20 marzo 2012

The Great Wall Walk











Bye-bye, Extremes. Bye-bye, Purity. Bye-bye, Togetherness. Bye-bye, Intensity. Bye-bye, Jealously. Bye-bye, Structure. Bye-bye, Tibetans. Bye-bye, Danger. Bye-bye, Unhappiness. Bye-bye, Solitude. Bye-bye, Tears. Bye-bye, Ulay.

Marina Abramovic













Le geometrie non euclidee, ovvero della fiducia

Ho un problema con la fiducia. Conosco persone che non si fidano di nessuno, e anche quello non è mica facile, ma non è il mio problema. Io mi fido troppo. Mi sono fidata troppo.
L'altra sera leggevo il Tao della fisica, di cui forse ho già parlato, e scoprivo l'esistenza di geometrie non euclidee (me ne avevano parlato in circa 2 minuti al liceo, ma il libro le spiegava per bene anche a me che non sono pratica dell'argomento) e sono rimasta senza parole e senza fiato di fronte alla mia credulità. Io CREDEVO che la geometria euclidea fosse vera, non che fosse un modello interpretativo della realtà, che dipende da dove la guardi e come. Mi sembrava strano, ma ci credevo. Ai coni, alle rette infinite, ai piani, alle regole sui triangoli. E mi rassicuravano pure. Mi piaceva. Ma non esiste niente di tutto ciò, è solo un punto di vista, quello più vicino alla realtà come la possiamo vedere, ma non è LA realtà. A dirla tutta è proprio una della visioni più prive di fantasia: iscrive la realtà per come la si vede in leggi assolute che stanno altrove, a cui la realtà si può solo approssimare perché imperfetta.
E' stata un'epifania. Mi sono ricordata di quando ho visto Agora, e non sapevo che i cristiani avessero massacrato i pagani, perché mi ero fidata di altri racconti. E di quando ho creduto che fossi una fallita perché non trovavo lavoro, perché questo è quello che mi hanno detto e mi hanno fatto vedere. E di tutte le cose di cui mi hanno detto "Sono così o sono cosà", e anche se io facevo il contrario, in fondo ero convinta che fossero davvero così o cosà.
Io ho creduto a tutto quello che mi hanno detto della realtà, perché nella realtà io ci annegavo. Sovrastata dall'impossibilità di capirla, e attonita di fronte allo sforzo di spiegarmela da me, me la facevo continuamente illustrare, e a volte vomitare davanti. Dai genitori, dagli insegnanti, dai libri, dai film, dai fidanzati. E ci credevo. Cazzo, ci credevo. Volevo crederci, era indispensabile per non soccombere. E ho lasciato entrare non dico chiunque, ma molti, dentro di me. E me ne devo liberare. Ecco.
M non ribelllandomi, che è ancora stare dentro quelle coordinate imposte. Stavo per postare No feelings, ma è acqua passata, anche se a volte fa bene riascoltarla.
Come liberarmi? Creando. Sì, ecco, creando. Conoscendomi, conoscendo tante visioni diverse, e creando me stessa come voglio essere, per poi donare liberamente questa creazione.


Nell'immagine, un'illustrazione di Moebius, tra le altre cose copertina de La danza della realtà di Jodorowsky. Che è un libro di cui fidarsi, vi dirò perché prima o poi.

domenica 18 marzo 2012

Una semplice domanda

Dando per assodato che vivere è difficile in ogni caso, e che as far as I know un senso non c'è, preferisci che siano le tue paure a fotterti la vita, o invece provi a lasciare che sia la vita a fottere le paure?

sabato 17 marzo 2012

Akunamatata ovvero il pensiero ricettacolo dell'ego

Penso troppo in questi giorni. Cazzo. E' il pensiero a fotterci. Sempre. Perché gli diamo credito illimitato, e dimentichiamo che il pensiero è solo un sistema adattativo ed evolutivo per consentire alla specie umana (barcollante su due piedi, senza peli, senza sensi eccessivamente sviluppati che gli diano un vantaggio fisico sulle altre specie, con cuccioli che restano bisognosi di cure per anni) di sopravvivere in un contesto estremamente sfavorevole.
Ci facciamo possedere dal pensiero, invece di servircene quando occorre (per esempio per scrivere questo blog contro il pensiero). Dovremmo affidarci ad altro, alla nostra intuizione (che però nasce nell'inconscio in cui abbiamo una paura fottuta a guardare) e al nostro corpo, che sa molto più di noi. Ecco, il corpo non pensa ma è molto più saggio di quella roba che dentro di noi pensa senza sosta e senza freno.
Un esempio tratto dalla mia odierna seduta di yoga: io ho male alla schiena. Per evitare il dolore, il mio pensiero che pensa che il dolore mi fa del male, un pensiero nemmeno manifesto, blocca il mio corpo in una posizione innaturale che a lungo andare amplifica quel dolore, lo rende costante e ne scatena pure altri in altre parti del corpo. Ma se io lascio fare al corpo, e sto dentro questo dolore senza pensare che è insopportabile, senza pensare a niente, solo sapendo che c'è, il corpo se ne libera molto più in fretta. E questa vera storia vale anche per le cose dell'anima. Se uno pensa che quel dolore lo ammazzerà, che quell'ansia lo divorerà, che quella tristezza sia senza fine, con il pensiero aggiungerà dolore a dolore in una spirale senza fine. Tutto passa invece, se non ci si pensa.
Un altro esempio: se un tuo amico ti chiama senza nessun motivo "Mignotta" quattro volte in una sera, se pensi penserai per forza che è maleducato. Ma se senti nel corpo che questa cosa ti ha fatto ridere, e senti che va bene così, basta quello.
Se uno invece ti dice "Amore" e il tuo pensiero pensa "Che tenero, che bello, qualcuno mi ama" ma il tuo corpo vorrebbe tirargli un pugno, bhe, fidati del tuo corpo. E magari tiraglielo quel pugno che vuole uscire.

giovedì 15 marzo 2012

Quel che resta

Mucchietti di parole, arrotolati tipo polvere e capelli dietro il comodino.
I libri letti nelle tue case e mai prestati, perché dicevi che poi non tornavano indietro. Ma indietro, i pochi che ti ho preso, sono tornati tutti. 
Schegge di sole che mi ricordo proprio come se mi stessero scaldando ora.
Rumori di letti. Felici. Silenzi di letti. Spaventati. Urlavano ancora più forte.
Qualche urlo. Un vaso rovesciato. Le valigie fatte. 
Una bugia. E tante altre bugie che ci siamo dimenticati. E non voglio più ricordarle, che le colpe non esistono. 
La stretta allo stomaco.
Il cuore che si allarga. All'improvviso si stringe, fa male. Poi respiro e decido di lasciarlo allargare ancora, ma un po' meno. 
Gli occhi che si evitano, perché non possiamo lasciare fissare qualcosa che non possiamo più regalare.
Cene con pasta al suco e carne arrostuta, che il favismo è sempre in agguato. La tisana al finocchio.
I miei nipoti che crescono, ma ancora chiedono di te. E io gli dico che sei bello e stai bene. E gli insegno che le cose finiscono. Ma vorrei non lo scoprissero mai. 
Io uguale dentro di te, ma diversa. Tu uguale dentro di me, ma diverso. 
Il dubbio che il mio odore sia cambiato. La certezza che il tuo è rimasto uguale.
I capelli bianchi, anche se li tingo. La tua barba, che non c'era, ma ti sta bene. Qualche ruga in più. Qualche chilo in meno.
Consigli non richiesti. Richieste che non erano consigli.
Un dialetto imparato. Una terra che saprà per sempre di te, ma ci tornerò lo stesso.
Mail e messaggi, d'amore di mancanza di fastidio di nostalgia di spiegazioni di scuse di finta indifferenza di lavoro di appuntamenti di nulla che era tutto. Molti li ho cancellati, ma adesso me li terrò tutti. 
Amici nuovi. Lontananze vecchie. 
Rimpianti. Sarcasmi. Rabbia. Insulti pieni d'amore. Ma quelli c'erano da sempre. 
Curiosità per le tue magie. 
Una città che mi ricorda te, e a poco a poco sarà bello ricordarmelo. E magari ci incontreremo, che non è poi così grande. 
Biciclette rubate, rotte o mai usate. 
Lacrime che ormai bruciano poco. Ma le lascio uscire. 
Tenerezza per le tue lacrime, che escono silenziose, vergognandosene. 
La ricerca di un livello in cui i mostri non siano così tremendi, e in cui riusciamo a giocare senza arrivare sempre al game over.
Cicatrici, che ci rendono malinconici e spaesati reduci.
Una pesantezza che abbandono volentieri. Una leggerezza che arriverà portata da altri venti. 
La vita continua. Anche io, anche tu. 
Mi sento orfana, come canta Vinicio. Ma Vinicio mi rassicura anche, perché la grazia dei nostri cuori resta intatta. E so che la proteggeremo. 


mercoledì 14 marzo 2012

Sul giudizio ovvero fuga dal narcisista.

Avere un giudizio significa scomporre in pezzetti l'oggetto di giudizio, sia questo una persona, un'opera d'arte, un libro, un edificio, un pensiero politico, un cibo.
Scomporlo a pezzetti e passare ognuno di questi al setaccio mentale e quindi anche corporeo che divide tra giusto/sbagliato, bene/male, setaccio che a sua volta si è formato in noi soprattutto grazie ai condizionamenti avuti in passato.
Sembra impossibile vivere senza giudicare, e invece il giudizio non è essenziale. Sospendere il giudizio, e privarsi così dall'illusoria rassicurazione che il giudizio ci fornisce (illusoria soprattutto perché individuiamo come male ciò che più ci spaventa di noi stessi) è fonte di estrema liberazione. Ma fa paura. Perché abbiamo, in quanto esseri fortemente condizionati, bisogno di appigli per procedere nel mondo senza avere la sensazione che il mondo ci inghiotta.
L'amore e il giudizio non possono coesistere. L'amore riconosce tutto in tutto, riunifica, rimette insieme i pezzi sparsi di mondo, accetta le cose per quelle che sono, trascende e libera.
Un genitore che giudica il proprio figlio (sulla base delle idee che i suoi stessi genitori gli hanno trasmesso giudicandolo) è un pessimo genitore, perché scompone il figlio in pezzetti sparsi che il bambino inizierà ad amare ossessivamente o odiare profondamente al fine di essere amato dai propri genitori, o meglio dai filtri con cui i genitori lo guardano. Un innamorato che giudica ammazza l'amore, perché l'amore sta nell'accettazione dell'imperfezione dell'altro, e non nel tentativo di cambiarlo per il suo bene, tentativo che si presume altruistico e invece è egoistico e narcisista.
Ecco. Narcisisti. Statene alla larga. Amateli, ma statene alla larga.

martedì 13 marzo 2012

Sull'imminente concerto di Battiato ovvero il tempo stesso ovvero che minchia succede?!

Ascolto Battiato come se avesse composto e cantato per me, ma ho la stessa sensazione anche per Bach e Mozart. Leggo Platone come se avesse appena fondato l'Accademia, guardo il cielo e le altalene come se li avessero appena inventati per me. Dentro le parole sento premere la sillaba originale del mondo. Scatto foto mentali o con l'iphone perché ogni secondo è bello e irripetibile. 
Ma dove sono stata negli ultimi 15 anni? Nei grembi meccanici di Matrix? In ibernazione come l'astronauta di 2001: Odissea nello spazio? Nell'antro di Ursula la strega del mare? Dove cazzo ero!?
E' come se fosse arrivato il principe azzurro a svegliarmi, bella addormentata nel bosco che sono stata. Ma non mi sono innamorata. E non ho un principe azzurro, anche perché non ci credo. Vado pure a Parigi senza moroso, che pensavo fosse imprescindibile per l'allure romantique de la Ville Lumière. Ma che minchia è? 
Poi leggo sul retro della borsa che amo e che ho da un millennio e tutto si chiarisce. Mi ero solo dimenticata. 


domenica 11 marzo 2012

Egoismo = altruismo (se ancora non l'avete capito)

La pratica buddista di Metta funziona così: che si recitano degli auspici perché si possa essere al sicuro, in pace, in buona salute, ci si prenda cura di se stessi e si viva felicemente.
Si immagina un cerchio d'energia benefica che si irraggia alle persone vicine, poi agli sconosciuti vicino a noi, poi alla città, alla nazione, al mondo, all'universo intero.
E da dove partono questi auspici? Da chi li recita, che per primo li invoca per se stesso. Che il motto tanto citato del povero Cristo "Ama il prossimo tuo come te stesso" significa che prima di poter amare devi amarti. Ma visto che ai poveri cattolici questo sfugge, li amo ancor più. E amo la piccola cattolica piena di sensi di colpa ancora nascosta dentro di me.


venerdì 9 marzo 2012

Si conosce solo ciò che si può conoscere?

Abbandono il blog per qualche giorno, ma vi lascio alle prese con una domanda che se risolta potrebbe forse chiarire molte cose di come funziona il nostro cervello e sicuramente portare pace nel mio di cervello: cosa sogna una persona nata cieca, di cosa sono fatti i suoi sogni?

giovedì 8 marzo 2012

Che coincidenza, oggi è l'8 marzo.

"L'erba voglio non cresce neanche nel giardino del re". Ritornello costante dei miei anni da bambina.
Ma sapete cosa c'è ora?  E cerco di dirlo con la minor rabbia possibile, che sarebbe tanta per tutti gli anni in cui ho detto pallidi e miseri e inutili e imploranti vorrei, perché sto cercando di diventare grande e trovare motivazioni più profonde della rabbia: io voglio.
Serenamente, io voglio.
Con dedizione, io voglio.
Amando, io voglio.
Io voglio. Che liberazione.

mercoledì 7 marzo 2012

Cazzo. Cazzo. Cazzocazzocazzo!

E adesso che faccio? Scegliere tra Mozart e i Sex Pistols, tra il Tao e i compendi di regia, tra Jodorowsky e Louise Bourgois, tra Platone e Bergman, tra lo yoga e il latino sembra difficile, ma alla fine qualsiasi cosa scelga di fare sono sempre io, che mi rileggo in varie forme. 
Quando invece si tratta di esprimermi, dove sono io? Forse nel semplice gesto di fare. Forse, ma cazzo, eh!


martedì 6 marzo 2012

I figli di Dio

Davanti a me in metro due adolescenti latinos discutono appassionatamente dello Spirito Santo, che e' una colomba e ha messo incinta Maria e tutte cose.
Io invece ho appena parlato con una persona che mi ha chiarito che chi sente una chiamata, a 30 anni lascia tutto quello che aveva per seguire questa nuova vita che sente nascere in lui e non può opporsi se non a costo di essere infelice e falso e spezzettato e una disgrazia per se' e per gli altri.
Da ciò consegue (per me senza ombra di dubbio ma forse i due bicchieri di vino mi hanno reso più veggente del solito) che sono anche io Figlia di Dio, come Gesù, che a 30 anni abbandono' la casa paterna e il lavoro da carpentiere per predicare ciò in cui credeva.
E dubito che Ivonne abbia ricevuto la visita dell'arcangelo Gabriele, ma per esserne certa glielo chiederò.

lunedì 5 marzo 2012

Love until it hurts

Questo post fa il paio con l'altro di oggi, anche se pare dire il contrario. Ma pare a voi, a me no.
Amare, amare per il puro bene dell'altra persona, fa male. Perché l'ego non vuole lasciartelo fare, l'amore lo compromette troppo. Lo sbilancia, lo mette in discussione, lo ridicolizza, ne mostra le meschinità. E poi l'ego vuole sempre qualcosa per sè, è egoista, ça va sans dire. Quindi l'ego per non soffrire di questa diminuzione vorrebbe crescere e soffocare l'amore, stabilire vinti e vincitori,attribuire  colpe ed errori, inventarsi scuse e paure.
Come fare? Due soluzioni: o si lascia crescere a dismisura l'ego per proteggersi dall'amore e quindi non si amerà mai e si sarà sempre falsi, oppure si lascia fare all'amore e si impara a stare lì anche quando fa male, anche quando sembra di passare la carta vetrata a grana grossa nelle pareti interne del cuore, che in effetti è quello che si fa, per purificarlo dalle incrostazioni dell'ego. E purtroppo bere il Viakal per non dover strofinare non serve a niente.

Non è questione di dove prendete le cose - è questione di dove le portate

Da quando - che è poco tempo, ma accade sempre più intensamente -  faccio solo le cose che mi piacciono, e dico (quasi) solo i sì e i no veri, e vado per il mondo senza vergognarmi di chi sono, e mi porto appresso il minimo indispensabile di paura, e affronto l'inevitabile giudizio altrui fregandomene il giusto, succedono fatti strani: le persone mi amano più di prima. E io pure le amo di più.
L'egoismo è altruismo.

sabato 3 marzo 2012

Relatività generale

Sono a Canazei, val di Fassa, enclave ladina nelle Dolomiti, e nei bagni del campeggio 24/7 si ascolta radio Val di Fassa.
Ieri pubblicizzavano un integratore proteico adatto a chi pratica intensa attività fisica, ed era consigliato in quanto approvato e utilizzato dalla Società Italiana Hockey su Ghiaccio.
E chissene ho pensato. Ma poi e' finita la pubblicita' ed e' ripreso il programma, che era la partecipatissima radiocronaca del derby di A1 di hockey su ghiaccio Valdifassa vs. Bolzano.
Al di la' della constatazione di un planning e di una scelta del selling element perfetti, che dire? Che secondo me la Val di Fassa e' fighissima pure in estate. Ma per ora sono sempre solo venuta per andare in snowboard. Adesso indovinare cosa mi importa di più, se passeggiare o fracassarmi i glutei sulla neve, e' facile.
Perché come dice Buskopan l'importante e' ciò che importa.