lunedì 31 gennaio 2011

Combattere lo shuffle 2

Decidere sempre cosa voglio ascoltare è un impegno. A volte oltre le mie forze.
Eccomi quindi su Musicovery, perché sia il suo algoritmo a lavorare per me. È uno shuffle evoluto: io gli dico che tipo di musica voglio, e soprattutto come voglio sentirmi durante e dopo l'ascolto. Posso preimpostare con una certa accuratezza il mio stato d'animo, senza i tiri bassi dell'omino (immaginario, ricordate!) dello shuffle di iTunes.

Per esempio, proprio ora ascolto la proposta positive (quasi al massimo) ed energetico (a metà). Su Facebook mi è appena arrivato l'invito di un ristorante per l'evento "San Valentino".  Sto piangendo? Sto sfasciando il mio Mac? Sto per andare a buttarmi dal ponte di piazzale Cuoco? No no e no.
Sto solo cercando di capire come chiudere questo post.
Pensavo di farlo con una nota interessante, cioè che la Silicon Valley dove è nato Musicovery e l'università di Santa Cruz dove è nata la PNL sono a qualche miglia di distanza. Per dire che ho capito che questo magico sito è magico perché si basa sulla Programmazione Neuro Linguistica, che è la versione per atei e razionalisti della magia.

E invece no, Musicovery è francese, parisien. Quindi, il vero senso di questo post a questo punto è: devo smetterla di menarmela.

Minima Moralia Mediolanensium 2

Milano ha grandi sogni: immagina se stessa come la futura Arcore.


domenica 30 gennaio 2011

Forse senza senso

A volte mi sembra di essere triste, ma ho solo fame.
A volte i miei no sono dei sì, e i sì sono dei no.
A volte penso di essere saggia, ma sono solo pretenziosa.
A volte, come adesso, penso di essere stupida. Ed ho ragione.

L'equilibrio nella misantropia

Odiare la gente. Amare fortissimo le persone.

sabato 29 gennaio 2011

Combattere lo shuffle

Accendo i Tunes, troppo pigra e addormentata per scegliere un album e ascoltarlo tutto.
Modalità Casuale. Play. Ecco il risultato.



Ora, non posso passare il tempo ad arrabbiarmi con un immaginario omino (perché, sappiatelo, non esiste) dedicato allo shuffle nel mio fighissimo Mac BookPro. Ma nemmeno posso dimenticare che anni fa usavo lo shuffle per divinare, quindi la percezione di sfiga che una canzone del genere si porta appresso è difficile da sopprimere.

Quindi l'unica soluzione è: decidere cosa voglio ascoltare.

PS: The Miseducation Of Lauryn Hill is now playing

Gender gap

Gli amici ti possono salvare la vita. Gli amici gay la possono rendere infinitamente più divertente.

venerdì 28 gennaio 2011

giovedì 27 gennaio 2011

La semplicità è la cosa più difficile da ottenere

We are all made of stars

Se al liceo avessi studiato meglio fisica, senza presuntuosamente dire che non ne capivo niente e non mi interessava, adesso avrei le idee più chiare sull'entropia?
No.
Per scoprire l'entropia basta osservare come la mia stanza in pochi giorni diventi un immenso accumulo di vestiti usati carte utili ed inutili libri aperti progetti abbandonati accessori scartati calze spaiate rotoli di polvere.
Per ripristinare le condizioni ideali alla vita umana, serve lavoro. Il mio.

Nelle relazioni è uguale. Senza lavoro non vince l'inerzia, ma l'entropia. Siamo pieni di energie che spingono, si fanno la lotta, confondono tutto. Ci illudiamo di stare fermi, di non cambiare, ma siamo un rimescolio continuo. O si interviene regolarmente (o perlomeno si osservano i cambiamenti) oppure ad un certo punto è tutto troppo cambiato. E il lavoro per ripristinare le condizioni ideali diventa faticosissimo, tanto da pensare di abbandonarlo.

L'autrice ringrazia Wikipedia per aver fornito i materiali necessari  ad un veloce ripasso dei concetti di fisica esposti nel testo.

Interstitial

91: in ricalcolo
Finisco l'ennesima sigaretta della mattinata. Nella nebbia che non abbandonerà Milano per tutto il giorno, sto per godermi le ultime pagine dell'ultimo libro di Zadie Smith. L'anglo-giamaicana più figa del mondo. Sulla bellezza.  Ogni tanto si perde, ma è colpa della traduzione italiana.

91: 9 min
Perfetto. Apro la bocca verso il succulento boccone, faccio appena in tempo a gustare l'odore del sudore di Howard, il triste professore, che nel caldo estivo del New England, corre verso la conferenza che gli cambierà la vita, facendolo entrare (lui, che da 4 anni deve finire il suo libro su Rembrandt e la moglie l’ha pure abbandonato) in un’università super esclusiva.
Qualcosa mi distrae.
Un movimento agile, che colgo nel suo risalire, verso una sigaretta mollata a metà. Schiacciata dal tacco nervoso di qualche ingenuo che, in piazzale Cuoco, ancora crede all'ATM .
Mi disturba. Mi imbarazza sempre ricordare che a Riccione, anni 18 esperienza 0, raccolsi una sigaretta nell’alba post Peter Pan.
Torno ad occuparmi della corsa di Howard. Tre righe, poi i dettagli della scena appena intravista si fanno largo.
Unghie laccate di rosso solo al centro. Mano nodosa. Polso nascosto da pelliccia di visone color miele di castagno.
Zoom out. Figura intera. Una treccia bionda fermata da mollette con strass disposti a fiore. Pelliccia, intera, modello a campana, di visone color miele di castagno. Viso scavato e rugoso. Borsa a bauletto Laura Biagiotti.
Osservo lei, e le mie domande su di lei.

91: 7 minuti
Il tuffo per l’ultima immersione nella vita di Howard mi attende, non posso più rimandare. Leggo, in apnea, di come Howard mandi a puttane la sua carriera, fottendosene della conferenza per costruire un silenzioso, profondo dialogo con la ex moglie in platea. L’eterno dilemma arte vs. vita questa volta si è risolto in favore della vita. Pare. Seguono ringraziamenti. Maledico Zadie per amare tanto suo marito. Pensare all’amore mi fa pensare al mio, malandato e in isolamento.
“Ha l’accendino?” Sobbalzo. i pensieri di fine libro, le ipotesi sul finale aperto, le opinioni pronte per il dibattito interiore, tutto si sfilaccia.
Sta chiedendo da accendere ad un ragazzo, forse indiano: “No, no, io niente” Magari il ragazzo è parente degli indiani del corner shop della strada di Londra in cui viveva Zadie. Sarebbe fighissimo. “Ce l’ho io, se funziona”. Cerco in tasca il cilindretto dedicato a Che Guevara, prima ancora di rendermi conto di aver parlato. Lo trovo. Funziona, nonostante da giorni mi mandi segnali di un vicino addio. Anche lui.
Tutto precipita. Da vicino è tutto così evidente. La mano è evidentemente tremolante. La proprietaria della mano è evidentemente vecchia. La sigaretta nella mano della donna è evidentemente la parodia di una sigaretta.
Un fiocco bianco di seta sbuca da sotto la pelliccia.

91: 4 minuti
Lei si rigira. Ora vedo solo la colata color miele di castagno, e seguo il penoso tragitto bocca /altezza vita/bocca della mano che regge la sigaretta. Presa a pollice e indice, tesi per quanto lo consenta l’artrosi.
Howard e Kiki con i figli, la famiglia Kipps, Murdoch il cane. Dove siete? A passeggio per Wellington, scommetto. Tornate qui, ora, dentro la mia testa. Mi lasciate sola. Anche voi.
Il ragazzo indiano la guarda, incredulo pure lui. Ci scambiamo uno sguardo complice, stando attenti a non esagerare con la durata di questo compromettente contatto visivo.
La treccia. La treccia bionda e laccata. Tirabaci all’angolo del volto che riesco a vedere, ne immagino un altro uguale. Stivali neri, bassi.
“Sono truccata bene?” L’ho fissata troppo intensamente, mi sono di nuovo scordata la legge dell’attrazione. “Sì signora”, rispondo cercando di ripararmi da quello sguardo bordato di celeste. Silenzio. “E’ molto elegante”
Silenzio. Silenzio. I tirabaci sono davvero due.
“E l’acconciatura?” “Bella”. Silenzio. “L’ha fatta lei” “No, la pettinatrice”.  Silenzio. “Sono bella?” ”Sì, ha dei begli occhi” “Dolci?” “Dolci”. Silenzio.
La mano continua i suoi viaggi della speranza verso la bocca. Gli occhi bordati di celeste continuano a fissarmi. “Allora sto bene con il raccolto?” “Sì, le dona. Dove sta andando?” “A lavorare”
Silenzio. Silenzio. Silenzio. Sorriso. Silenzio. Si volta, dandomi le spalle. La sigaretta, il moncherino di sigaretta sembra non avere fine.

91: 2 min
L’indiano mi guarda. Sorrido veloce, poi torno a fissare la schiena color miele di castagno. Voltati. Voltati. Voltati. La legge dell’attrazione è una minchiata.
Andiamo a bere un the, per favore. Fatti guardare negli occhi bordati di celeste. Nelle rughe dove il fondotinta non si è calato. Fatti conoscere. Almeno tu.

91: max 1 min
Un minuto di silenzio. E speranza. Finisce la sigaretta.

91: in arrivo
La 91 mantiene le promesse. Salgo dalla sua stessa porta. Timbro, poi tornando indietro la incrocio. “Buona giornata”. Sorrido invitante.
Mi allontano. In fondo al bus per favore, in fondo. Resisto poco. Devo vederla. Eccola, in piedi. Che cafoni, non la fanno sedere. Un attimo dopo l’ho persa, e la ritrovo seduta, rivolta verso di me. Sollievo. Ansia. Zadie mi ha detto tutto quello che aveva da dirmi. Howard e gli altri sono tornati alle loro vite. Il telefono non suona. Sull'autobus non si può fumare.
La controllo ad intervalli regolari. Accarezzo il ricordo dei suoi dettagli, ché da qui li percepisco appena. Scompare e riappare dietro le sagome di altri stupidi passeggeri.
Non c’è. Le porte sono ancora aperte. Vedo la pensilina di Viale Romagna – Via Archimede. Ha un altro mozzicone in mano. Sta chiedendo di accendere ad un uomo. Un tipico uomo da 90-91, un addetto alle manutenzioni direi. Cattivo odore, barba di 3 giorni, pancia, berretto di lana fino a metà testone.
L’analista mi aspetta. Fanculo. Scendo e la riconquisto. Permesso, scusate. Il borbottio delle porte che si chiudono. Lo scossone della partenza.
Non la guardo allontanarsi.

mercoledì 26 gennaio 2011

Esame di geografia

- Signorina, cosa si intende per mappa mentale di un luogo?
- Be', le farei un esempio: Milano è per me la cartografia precisa del mio dolore e delle mie speranze. Ad ogni modo, preferirei mi chiamasse dottoressa.

Bravona

Questo blog è collegato ad un automatismo che ho deciso di creare per me.
Ogni volta che sono in preda ad un determinato pensiero, invece di coltivarlo, devo scrivere qualcosa. Così sono obbligata a pensare ad altro.
E ora sto pensando a quanto sono stata brava ieri a fare questo:

Shinkansen vs. pensiero

Iniziazione

Non esiste costume da carnevale da Principe Azzurro sprovvisto di piuma sul cappello. Ora, dopo una vita passata a immaginare l'imprescindibile accessorio di origine aviaria sul berretto infeltrito del primo che mi passava davanti, ho deciso per una svolta.
Una lotta all'amore, in nome del non-amore. L'unica cosa che so del non-amore è che non ha niente a che fare con l'odio, e nemmeno con la misantropia.
Per il resto, rimane un oggetto misterioso. Non so bene come sia fatto. Né come approcciarmi. Né a chi chiedere consigli, visto che sono (siete) tutti intenti a cercare l'anima gemella o, se già provvisti, a costruire il nido d'amore.

In questi giorni in cui tutti parlano di postriboli, ho pensato ai tempi in cui risparmiando sulla paghetta uno entrava in uno dei suddetti postriboli per comprare la sua prima mezz'ora d'amore.
Dopo la spiccia ma tenera introduzione ai misteri, quest'uno tornava nel mondo reale e sentiva che la strada verso l'amore non poteva che essere in discesa. Ormai dominava i fondamentali.

Quindi, non c'è davvero nessuno che mi dica dove posso comprare la mia prima mezz'ora di non-amore?