martedì 22 settembre 2015

Il cuore come una pesca matura


Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli,
ma non avessi la carità,
sarei un bronzo risonante o un cembalo squillante.
Se avessi il dono della profezia
e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza
e avessi tutta la fede in modo da spostare le montagne,
ma non avessi la carità,
non sarei nulla.
Se distribuissi tutti i miei beni per nutrire i poveri,
se dessi il mio corpo per essere arso,
e non avessi la carità,
non mi gioverebbe a nulla.
La carità è paziente,
è benigna la carità;
la carità non invidia, non si vanta,
non si gonfia, non manca di rispetto,
non cerca il proprio interesse, non si adira,
non tiene conto del male ricevuto,
ma si compiace della verità;
tutto tollera, tutto crede,
tutto spera, tutto sopporta.
La carità non verrà mai meno.
Le profezie scompariranno;
il dono delle lingue cesserà, la scienza svanirà;
conosciamo infatti imperfettamente,
e imperfettamente profetizziamo;
ma quando verrà la perfezione, sparirà ciò che è imperfetto.
Quando ero bambino, parlavo da bambino,
pensavo da bambino, ragionavo da bambino.
Da quando sono diventato uomo,
ho smesso le cose da bambino.
Adesso vediamo come in uno specchio, in modo oscuro;
ma allora vedremo faccia a faccia.
Ora conosco in parte, ma allora conoscerò perfettamente,
come perfettamente sono conosciuto.
Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità;
ma la più grande di esse è la carità.
 

Dalla prima lettera di Paolo ai Corinzi


Per le prima volta soffro per amore.
Perché tutte le altre volte ho sofferto per l'ego, per controllare, avere, ottenere.
Per la prima volta ho il cuore aperto come una pesca matura caduta dall'albero, gialla, con il centro rosso che pare sanguinare, e un nocciolo, duro e resistente, da cui nascerà un nuovo albero.
Un nocciolo duro e resistente che emana puro incondizionato amore, desiderio di felicità, che per sé non vuole niente, se non morire per dare la vita. Ma nemmeno lo vuole, sa che è il suo destino. Si abbandona ad esso senza desiderare nulla.
Non c'entrano relazioni finite, non c'entra niente di ciò che ho conosciuto prima. Che ridicolo ai miei occhi ora pensare che pensavo di soffrire per amore.
Ora soffro perché vedo soffrire e so che darei tutto, che offrirei qualsiasi attimo qualsiasi molecola qualsiasi pensiero per la felicità di chi amo.
E' al di là di qualsiasi mio sforzo di comprensione, sebbene senza la comprensione intellettuale non saprei che cosa mi sta succedendo ora. Non posso fermarlo. Non posso negarlo. Non posso farci niente. Posso solo amare. E tener pulito il cuore, perché muoia ad ogni istante per amore. Mi struggo per riuscirci. E forse non dovrei, dovrei solo aver fiducia nell'amore. Ma non sono santa, illuminata o altro, quindi amo anche me stessa, scema come sono, desiderosa di essere brava, incapace di amare e incapace di non amare.






martedì 15 settembre 2015

Del piccolo spazio inutile che è la nostra anima.

Chiudi gli occhi. Immagina la  periferia di una città, che ne so, la Barona a Milano, e un piccolo spazio inutile tra due palazzi, o accanto alla ferrovia. Ce l'hai presente? Per me sono gli spazi delle città più belli in assoluto. Amo le periferie per i palazzi, i parchetti, le geometrie, le ombre ma sopratutto per questi luoghi di nessuno.
Ho capito che questi luoghi di nessuno, questi piccoli spazi inutili sono esattamente come la nostra anima, il nostro nucleo, la nostra essenza più profonda.
Stanno lì, racchiusi tra palazzi che hanno una loro dignità (a me piacciono le periferie, ma anche Corso Vercelli non è male, potete anche immaginare ampi palazzi borghesi) e un loro scopo, strade in cui la gente passa e va, parchetti in cui ci si gode il fresco e si va sull'altalena e si vende il fumo, bar e negozi per tutto quello che ci serve o che crediamo che ci serva. E poi c'è un angolo, inutile, troppo piccolo per essere un parco, troppo angusto perché vi si costruisca, chiuso con una sbarra per cui nemmeno ci puoi parcheggiare. E' un posto inutile, ma necessario, lo spazio minimo per respirare, defluire, evitare l'accumulo, mantenere le distanze di legge. Un piccolo spazio inutile.
Ecco, la nostra anima è quel piccolo spazio inutile. Non ce ne facciamo niente. Non ci serve a nulla, non ci rende più famosi, non ci dà prestigio e nemmeno soldi o conoscenza. E' il posto in cui possiamo muoverci liberamente, senza aver nulla da dimostrare, in cui possiamo stare fermi in attesa di risposte e a goderci un po' di beatitudine e silenzio
Quel piccolo spazio inutile lo possiamo facilmente trasformare in una discarica. Probabilmente ci avranno pensato i muratori delle case accanto, che sono un po' come i nostri progenitori e la nostra società. Prima ancora di scoprire di avere dentro di noi i piccoli spazi inutili, questi sono stati riempiti (per noncuranza di solito, non per volontà di nuocere) di  detriti abbandonati da tempo immemorabile, ormai divenuti parte del terreno ma sempre estranei: mattoni, calce, pezzi di lavandino, sbarre di ferro... E  poi chiunque passi poi ci butta una lattina, un pacchetto di sigarette accartocciato, una siringa, una collana rotta, un pennarello finito. La confusione, il lezzo, il disagio crescono e il nostro piccolo spazio inutile attirerà sempre più immondizia. E anche noi lo consideriamo semplicemente un piccolo spazio inutile, e lo copriremo con tutto quello che non ci piace di noi e degli altri
Con il tempo il piccolo spazio inutile sarà ingombro, e tutto intorno sembrerà più brutto e confuso e degradato.
Ma con calma possiamo ripulirlo, metterlo in ordine, tagliare l'erba, strappare le ortiche indossando stivali e guanti di gomma, e poi coltivarci due pomodori in un angolo e lasciar crescere un tappeto di viole selvatiche margherite e denti di leone e magari piantare un cespuglio o un alberello di pesche. Pulire costantemente i rifiuti che qualche sbadato ancora ci butta e che noi pure bittiamo, dividendoli per la differenziata. Mettere una panchina? No, lo spazio non c'è, ma una sedia portata da casa ci può stare, anche due va', quando hai voglia di parlare di niente e di tutto una domenica d'agosto (non dimenticare l'Autan, o la citronella, prima di sederti, però).
Ecco.
La nostra anima sarà una discarica o un piccolo, inutile ma prezioso giardino per gli altri. Dipende da noi. L'anima degli altri sarà una discarica o un piccolo, inutile ma indispensabile giardino, dipenda da noi. Gli altri non sono la discarica dei nostri sentimenti, nemmeno quando vogliamo liberare il nostro piccolo spazio inutile. Non funziona che dal nostro possiamo trasferirli ad un altro. E nemmeno possiamo lasciare che ce li appioppino. Va be', per gentilezza e amicizia qualcuno possiamo accoglierne, ma solo quelli che sappiamo di poter smaltire nella differenziata.
Alcuni piccoli spazi inutili, così ben curati, diventerebbero posti gradevoli, e sebbene il loro profumo non coprirebbe totalmente l'olezzo di quelli mantenuti come discariche, lo allevierebbe.
Quindi, per favore, piantiamola di considerarci a vicenda discariche per sensi di colpa, disagi, accuse, ripicche, scorie di produzione dell'ego, invidie, gelosie.
Piantatela di considerare voi stessi delle discariche, e vi accorgerete che non potrete nemmeno più gettare rifiuti nel piccolo spazio inutile degli altri, e che non potrete accettare detriti dagli altri.
E' automatico, molto più semplice di quanto mi sembrasse tempo fa, ora che il mio piccolo spazio inutile l'ho fatto proprio grazioso. C'è spazio, venite a trovarmi, ma portatevi una borsetta, che i rifiuti ve li portate via.
E portatemi anche un birretta va', ne ho proprio bisogno.




martedì 8 settembre 2015

Ciò che ho (forse) capito del karma

Un fatto è un fatto.
Accade. Punto.
Noi siamo casse di risonanza per i fatti.
Le nostre attitudini, giudizi, pregiudizi, reazioni, controazioni ai fatti possono essere automatiche, inconsce (e bisogna essere fortunati perché il nostro mondo interiore sia abbastanza pulito per non deformare e distorcere le vibrazioni in arrivo o addirittura per non silenziare tutto senza restituire niente) oppure consce, e quindi spesso occorre "lavorare" affinché possiamo diventare una cassa di risonanza armonica.
Le vibrazioni che noi rimandiamo al mondo come risposta ai fatti che ci accadono causeranno altri fatti. E a quel punto non potremo chiamarci fuori. Ciò che accadrà accanto a noi, ma anche dall'altra parte del mondo (come ben spiegato dall'effetto farfalla), sarà nostra responsabilità.
In realtà possiamo tirarcene fuori, e continuare a rimandare al mondo vibrazioni peggiori e falsate rispetto a quelle che riceviamo, ma anche questa scelta sarà nostra responsabilità. E magari non lo vedremo subito il risultato, perché i fatti, come le piante, hanno tempi diversi per fiorire. E' importante quindi conoscere la natura delle cose, le relazioni di causa effetto, studiare e prendere nota e scoprire le connessione causali che ci appaiono casuali, anzi, che ci fa comodo etichettare come casuali per dirci che noi non c'entriamo.
Ringrazio i fatti accaduti nell'ultimo anno perché ho, forse, capito questo meccanismo. Così semplice, così misterioso.
Resta abbastanza chiaro che ciò che ci accade non può miracolosamente cambiarci in una versione migliore di noi stessi. O abbiamo in mente una versione migliore, più pulita, più armonica di noi stessi, e spendiamo del tempo ad accordarci, oppure i fatti possono velocissimamente trasformarci in una versione incarognita, rancorosa, dolente, anaffettiva, stridula o sorda di noi stessi. E non sarà colpa dei fatti, e non sarà colpa del mondo, e non saremo incolpevoli delle nostre e altrui sofferenze.
Quando sei nato, non puoi più nasconderti. Puoi solo scegliere come risuonare.


 Nella foto: Hide, di Stanley Donwood, 2007, acrilico su tela

sabato 5 settembre 2015

Niente è mio

Non ho voglia, non ancora, di scrivere estesamente del mese passato in India e Nepal.
Mi sembrerebbe di fare un torto a qualcosa o a qualcuno o forse a me raccontando senza la giusta distanza il viaggio di cui molti, ho scoperto, si aspettano il reportage. Non ci sarà il reportage, sappiatelo. Ci saranno magari dei racconti. Ma in ciò che scriverò e sarò in futuro cercate l'India, e la troverete.
Oggi avevo voglia di scrivere, perché ho un'immagine che mi gira in testa. Tendo a non credere a tutto quello che penso, no, non più, direi che non è il caso,  ho preso un sacco di cantonate credendo a ciò che pensavo. Ma  a qualcosa di ciò che mi passa in testa do credito, almeno temporaneamente, poi si vedrà. Quindi vi racconto ciò che vedo.
Oggi visualizzo costantemente me stessa, attaccata a un salvagente che non sapevo di avere, ma che mi ha salvato la vita, come un vero salvagente dovrebbe fare.
E questo salvagente che resiste nonostante tutte le cazzate fatte, tutto il dolore che ho vissuto e quello provocato, tutto l'impegno che a tratti ho messo per nasconderlo, è una sorta di purezza interiore.
E vedo chiaramente, oggi, quanta dedizione molte persone hanno profuso nell'intaccare questa purezza, al semplice scopo di sentirsi meno in colpa per aver ucciso la loro purezza.
E io forse la mia l'ho uccisa in passato, ma sotto quella ne è spuntata un'altra, più densa, più trasparente, più intensa. O forse si è rigenerata come la fenice.
Immune appunto a tutto ciò che la potrebbe intaccare, mi ci aggrappo, e poi tranquilla mi ci abbandono. Sto con questa sensazione di pienezza e leggerezza, e so che non è mia.
E ringrazio chi la intravede tra le persone a cui passo accanto ogni giorno, e sono loro grata per la loro delicatezza.
E fatico a crederlo, ma so che è anche questa purezza appartiene anche a chi ogni giorno tenta di scalfirla, perché non può sopportare di vedere qualcuno credere senza apparente motivo a qualcosa, e cercano ragioni alla base e non sanno che la base è proprio credere.
Che poi in realtà non è niente, non esiste questa purezza. Ma mi ha salvato la vita. Quindi ci credo.