lunedì 30 gennaio 2012

Un bel tacer non fu mai scritto ovvero della retta parola

Sia invece il vostro parlare sì, se è sì; no, se è no; il di più viene dal maligno
Mt 5, 37 
Passi una vita a dire dei no e dei sì a caso, agli eventi, alle scelte, al capo, alla mamma, al papà, agli amici, ai vestiti, all'alcool, alla droga, alla meditazione, all'amore, al colore dei capelli, alla casa in cui abiti, al film da vedere, alla musica da ascoltare, al lavoro che fai, alle mostre che vedi, ai locali in cui vai e tutto quello che fai.
Ti sembra di dirli davvero, sei certa che siano dei sì convinti e dei no recisi. Invece biascichi un sì o un no, subendolo, mentre rosichi, oppure frigni, oppure biasimi. Perché intanto ti giustifichi, con gli altri e quindi con te stessa, dei motivi del tuo sì e del tuo no.
Poi un giorno dici sì oppure no senza condizioni, come se tutta te stessa stesse dicendo quel sì o quel no. Ti arriva sulla bocca dolcemente, senza scalciare o recalcitrare e lo dici alla realtà così com'è, e a te così come sei, e agli altri così come sono. Senza rimproveri, senza giustificazioni. E sei sorpresa della pace che porta. E' pieno, quel sì o quel no, e non ha bisogno d'altro, al massimo di parole altrettanto quiete che aiutino qualcuno a capirlo se ce n'è bisogno.
E da allora questa totalità che senti diventa un imperativo categorico: ogni sì o no lo vorresti così, e quando i tuoi sì e i tuoi no diventano un groviglio simile a un ma, capisci che devi fermarti. E aspettare che sorga il sì o il no di cui hai bisogno.

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