giovedì 5 settembre 2013

Vorrei dipingere di rosso la mia stanza

Un vecchio contadino aveva un vecchio cavallo per il lavoro dei campi. Un giorno il cavallo scappò in montagna, e quando tutti i vicini del contadino deplorarono la sua sfortuna, il contadino rispose: "Fortuna? Sfortuna? Chi lo sa?".
Una settimana più tardi il cavallo tornò dalla montagna con una mandria di cavalli selvaggi e questa volta i vicini del contadino si congratularono con lui per la sua fortuna. La sua risposta fu ancora: "Fortuna? Sfortuna? Chi lo sa?".
Quando il figlio del contadino tentò di domare un cavallo selvaggio, cadde da cavallo e si ruppe una gamba. Ognuno considerò ciò come una grossa sfortuna. Non però il contadino, che disse solo: "Fortuna? Sfortuna? Chi lo sa?".
Un paio di settimane più tardi l'esercito marciò sul villaggio e reclutò ogni giovane utile che poté trovare, ma quando videro il figlio del contadino con la sua gamba rotta, lo rimandarono indietro. 

Racconto tradizionale cinese

Ho passato minuti, ore, giorni, settimane, mesi, anni a etichettare ciò che mi succedeva come una benedizione o una maledizione, provando a ricostruire con lunghissime sequenze mentali quali sarebbero state le conseguenze nel breve, medio e lungo periodo di ciò che stavo vivendo e facendo. 
Di previsioni ne ho azzeccate veramente poche. Perché non si può sapere. Le cose accadono, e l'attribuzione di un senso di sfortuna/fortuna è solo uno spreco di energie. Che ci consegna all'eterna infelicità in cui sospirando "Ah, se fosse successo questo!" "Ah, se potessi avere quello!" ci alieniamo da quello che veramente abbiamo: il presente.
Nel presente decidiamo tutto, e possiamo essere presenti nel presente se evitiamo la valutazione buono/cattivo, fortuna/sfortuna, se anche nel presente siamo liberi dal giudizio, che è frutto del mero attaccamento o della mera avversione. Certo che ci piacciono le cose gradevoli, facili e belle, ma queste possono farci pagare frutti amari in futuro, quindi non vale la pena restarci attaccati. Certo che non ci piacciono le cose sgradevoli, brutte o faticose, ma queste possono ricompensarci grandemente in futuro. Ma non lo possiamo sapere, quindi il distacco, da ciò che ci è accaduto, da ciò che ci accade e da ciò che ci accadrà è essenziale.
E per me questo non significa non avere passioni, entusiasmi, obiettivi, desideri. Anzi, in questo modo mi è possibile vederli in modo più pulito, perseguirli con maggior facilità, lasciarli andare con grande tranquillità. Perché niente di ciò che mi è accaduto, mi accade e mi accadrà sono io, la vera io. 
Serve una presenza fortissima e pienissima per vivere nel distacco, nel perenne sorriso di chi vede le cose arrivare, le vive, ed è pronto a lasciarle andare. Il risultato è una rotonda felicità, che però non assomiglia più all'up del bipolare, a cui seguiva sempre un down devastante, ma ricorda invece qualcosa che rotola morbido, in accordo con il costante mutare del mondo. 

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