mercoledì 18 aprile 2012

Perché parlare se si può stare zitti?

Un tizio, che sabato sera ho sfuggito in ogni modo possibile ma mi ha recuperato tramite contatti comuni, oggi mi ha scritto una mail. Credo di approccio, ma è difficile esserne certa, poiché mi ha chiesto se sapevo perché domenica mattina dopo la sbronza si è svegliato con un dente in meno in bocca. Che l'unica cosa di cui era certo di ricordarsi era il mio viso. Non gli ho risposto.
Poi ho parlato al telefono con Silvia, ma avevo solo voglia di sentire la sua voce, e forse di bere un the con lei, che quello che ci dicevamo era alla fine irrilevante.
Poi ho scritto un post sul blog, che ho cancellato perché non ci trovavo un senso. Il mio primo ripensamento da quando ho aperto il blog.
Poi sono andata a lezione di teatro e Patrizia mi ha chiesto come stavo. Ed era un brutto momento, ma non volevo lamentarmi, che ora so per certo che è inutile, ma nemmeno essere ipocrita e dire "Bene" con sorriso di circostanza. E ho provato a spiegarmi, ma era imbarazzante.
Poi ho letto i tarocchi, ma solo per esercitarmi che ancora non li ho studiati bene, sempre a Patrizia, e anche a Francesco. E non sapevo bene cosa dire, tutto mi sembrava stupido. 
E poi, anzi proprio ora, Francesco mi sta scrivendo che gira e rigira parlo sempre del mio argomento preferito: me stessa. E non so cosa rispondergli, perché qualsiasi cosa gli risponda parlerei di me, rafforzando la sua opinione, giusta tra l'altro. Ma sono sempre io che lo dico.
In tutti questi casi ho avuto ben chiara l'inutilità delle parole. 
E se scrivo ora con parole che le parole sono inutili, è perché voglio usare le parole come un coltello, per fare a fette me stessa e le mie ipocrisie e incongruenze e stupidità. 
E certo ci sono altri motivi per parlare, ma adesso non mi va di parlarne. 


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