martedì 3 aprile 2012

Deduzione sulla dedizione

Ogni cosa a cui ci dedichiamo, che sia la lettura, la fotografia, l'amare qualcuno, il disperarsi per amore, lo yoga, le droghe, l'arte, mettersi lo smalto, cucinare, la carriera, uno scopo politico o religioso, il poker, le lotte ecologiche, la poesia, l'ozio, recitare, la scrittura, l'educazione dei figli, le serie televisive e via elencando, tutto provoca assuefazione e dipendenza.
E così da attività potenzialmente interessante ed istruttiva e stimolante e che ci indirizza verso una parte di noi più profonda ed inesplorata, tutto diventa abitudine meccanica di cui non possiamo fare a meno. E ci dedichiamo ad essa proprio per dimenticarci il più agevolmente possibile di noi stessi. Ma per fare bene qualcosa bisogna applicarsi con costanza. E quindi l'abitudine/dipendenza subentra inevitabilmente. Come fare? Forse non esiste davvero rimedio, perché essere vivi è la nostra prima ineliminabile abitudine/dipendenza. Forse pero' potremmo fare come alcuni animali, e fingerci di tanto in tanto morti per restare vivi per davvero. Tipo meditando, o non facendo proprio nulla per un po'.  La morte apparente come rimedio alla vita apparente.

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