sabato 10 gennaio 2015

Durante la manifestazione a Milano, malata, scrivo.

« Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam. »
« Forse tremate più voi nel pronunciare contro di me questa sentenza che io nell'ascoltarla. »
(Giordano Bruno rivolto ai giudici dell'Inquisizione)
Il mio primo pensiero quando il Biondo, tornando da scuola, mi disse che c'era stato un attentato jihadista a Parigi è stato Salvini.
Perché me lo immaginavo felice, a strofinarsi le mani in vista dello stupro che avrebbe compito,  sulla morte dei morti e sulla vita dei musulmani vivi.
Ho avuto paura. E rabbia. E disgusto. E anche odio.
Quando ho visto la Santanché affermare che vorrebbe pubblicare Charlie Hebdo in Italia ho pensato di avere le traveggole, ma ho capito che la situazione era più nera del previsto. Persone che sono state prone ai diktat anti-satira di Berlusconi (do you remember l'Editto Bulgaro, per citarne uno?) e che reagiscono alle decisioni delle scuole pubbliche e laiche italiane di non fare il presepe con la stessa compostezza di un bullo di periferia quando inavvertitamente ti appoggi alla sua macchina ora sono compattamente al fianco di persone che hanno fatto dell'indagine dei confini dalla libertà di satira il motivo principale delle loro vite. Nonché la causa della loro morte.
Quando ancora ero cattolica, litigai con Ernesto Olivero, a casa sua, ovvero il Sermig di Torino, un arsenale militare convertito in "Arsenale della Pace". Un luogo di accoglienza, preghiera, incontro, nel cuore della Torino multietnica. Olivero espresse pareri apocalittici sull'Islam, in parte frutto di esperienza personale (la cultura di base del mondo islamico deve crescere molto per liberarsi di diverse zone d'ombra: diritti delle donne, diritto all'apostasia) e in parte legate al pregiudizio tutto cattolico (forse del cattolicesimo pre Papa Francesco, ma non lo so con certezza) che i cattolici hanno ragione, e quindi ogni discorso interreligioso deve essere comandato da loro.
Trovavo e trovo queste posizioni contrarie alla ragione, e glielo dissi. Non so precisamente come trovai il coraggio, ma lo feci. Io, 22enne bergamasca che ancora adesso a 35 anni nella vita non ha combinato un cazzo, feci la predica a un 60enne che si era inventato un impero (nel senso buono) della solidarietà. Gli dissi che qualsiasi discorso sulle relazioni tra Occidente e resto del mondo che prescindesse dai fatti coloniali, era un discorso monco, incapace di rendere ragione dei fatti contemporanei. Inoltre: i fondamentalisti islamici sono molto amici delle potenze segrete occidentali. Tutti i movimenti jihaidisti sono stati finanziati, cresciuti, addirittura addestrati dall'Occidente con lo scopo di farne una pedina per i loro giochi. Peccato che poi questi gruppi abbiano deciso di giocare un altro gioco. Infine, gli dissi che il mondo musulmano sicuramente è diverso dal mondo di origine cristiana ma  che le generalizzazioni, soprattutto da parte sua,  erano (e restano) sbagliate. Noi cristiani dovevamo amare gli uomini e non la nostra idea (ovvero preconcetto) di uomini.
Ciò che non seppi dirgli, perché non avevo ancora gli strumenti per farlo, era che la libertà di cui mediamente godiamo noi occidentali non la dobbiamo alle radici giudaico-cristiane, ma all'opera di pensatori che hanno, secolo dopo secolo, scalfito la gabbia illiberale di queste tradizioni religiose fantomaticamente liberali. Non serve mica che elenchi le nefandezze della Chiesa Cattolica e nemmeno i morti ammazzati. Dobbiamo la nostra libertà più a Spinoza (ebreo espulso dalla sua comunità) e a Giordano Bruno (cattolico bruciato dalla sua comunità) che ai papi e ai preti.
A me le vignette di Charlie Hebdo, che ho conosciuto in questi giorni, non piacciono particolarmente. Con un giudizio che appartiene sicuramente all'estetica piccolo-borghese di cui fatico a liberarmi, le etichetterei come "di cattivo gusto". A volte fanno ridere, altre no. Ma mi piace, e sposo in toto, l'idea di fondo. Sono talmente antirazzisti, egualitari e iconoclasti da gettarsi su tutto ciò che vale la pena decostruire. Ovvero si gettano come piranhas sul potere di qualsiasi tipo. Evviva! Evviva! Evviva! Il re è morto, ed è giunto il momento di non crearne uno nuovo! Sono con voi! Distruggete tutto con una risata! Fatelo anche per me! Non c'è niente da risparmiare! Per costruire il nuovo, dobbiamo annullare, annientare il vecchio! E farcela con una risata, sarà ancor più entusiasmante!
La questione del potere, centrale per tutti quelli che scrivevano e continueranno a scrivere per Charlie, sarà la questione centrale anche del dopo-Parigi, in Francia e in tutta Europa, non solo per Charlie, ma per ognuno di noi.
Il potere si nutre di paura, che genera asservimento. L'incapacità di ridere è frutto di paura. La paura impone alla mente di costruire schemi mentali estremamente potenti per consentire la sopravvivenza. E' ciò che accade a chiunque abbia subito dei traumi: la mente costruisce un mondo parallelo, seppellisce sotto modellizzazioni e sbarramenti la realtà, troppo difficile da affrontare.
Rischiamo tutti di diventare paranoici (vedremo nemici ovunque), schizofrenici (saremo liberali con chi ci piace, illiberali con gli altri), ossessivo-compulsivi (faremo pratiche che dovrebbero garantire la sicurezza utili tanto quanto gli schemi ripetitivi di chi sistema i libri 200 volte al giorno altrimenti esplode la casa), narcisisti (incapaci di sentire la nostre emozioni e quelle altrui, ci crogioleremo nell'autocompiacimento di "Noi meglio di Loro"), autodistruttivi (distruggeremo i principi liberali di convivenza, restringendo la libertà invece di aumentarla).
Quindi, se avremo paura, faremo il gioco del potere. So che ai potenti il potere piace, ma a chi è sotto, perché piace il potere? Potreste usare le vostre manie schiavo-padrone all'interno di giochi sessuali, che ne dite? Oppure potreste liberarvi delle vostre paure. O ancora: potreste chiudervi in enclavi con persone simili a voi e starci per i prossimi secoli, finché i vostri figli non avranno le code di porco come i parenti di Aureliano Buendia. Fate ciò che vi pare. Ma non toccate la mia libertà. Non toccate la libertà di nessun essere umano.
Tutte le considerazioni sopra riportate sono al netto delle ipotesi complottiste che, nonostante si presentino allettanti, ho deciso di escludere dal mio orizzonte. Se anche tutto fosse una messa in scena all'interno di un'inedita strategia del terrore à la française, non cambierebbe niente. Il portato sulla gente resterebbe uguale. E tutto ciò che posso fare è vigilare su di me, sulla mia libertà interiore. Su come la esercito nella vita di tutti i giorni. Su come provo a non piegarmi a logiche barbariche.
Posso spostare l'asticella, e capire per che cosa realmente mi interessa spendermi. Capire come, per esempio, posso essere un'insegnante democratica e libertaria, che formi un mazzetto di studenti un po' più consapevoli. Capire se c'è qualcosa per cui spendere le 24h al giorno che mi sono date per un numero sconosciuto di giorni in maniera libera. Provare ad avere fiducia nelle donne e negli uomini. E provare ad avere ogni giorno un po' meno paura.




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