martedì 12 agosto 2014

Positive thinking according to my dad

Continuo a credere che abbiamo il potere di scegliere delle nostre vite, di capire che in alcune situazioni mettere il muso o arrabbiarsi non cambierà le cose e quindi è meglio farsene una ragione e trovare un lato positivo. Tipo che se sei imbottigliato nel traffico, se ti arrabbi quella mezz'ora di fastidio ti sembrerà infinita. Accendi la radio e canta a squarciagola, piuttosto.
Continuo anche a credere che lavorare per la nostra personale felicità è una scelta con ricadute anche sugli altri, se io sono più felice lo saranno probabilmente anche le persone intorno a me, sono meno cagacazzi e meno disposta alla polemica.
Continuo imperterrita a pensare che alcune persone godono dell'essere infelici, così se la possono raccontare meglio, e possono chiedere compassione e sentirsi giustificati nell'essere stronzi.
Continuo a ritenere meglio non lamentarsi troppo, e piuttosto agire per cambiare le cose.

Ma c'è una cosa a cui non credo più: il positive thinking ad oltranza, noto anche come sindrome di Pollyanna. Se sei stronzo, arrogante, insopportabile, meschino, non sai fare il tuo lavoro, spadroneggi gli altri ecc ecc io ho il sacrosanto diritto di incazzarmi, e pure di dirtelo. Col cazzo che va sempre tutto bene. Col cazzo che mi stanno tutti simpatici. Col cazzo che giustifico uno stronzo perché "sai, anche lui ha i suoi problemi". Col cazzo che avere una malattia sia una cosa da cui imparare qualcosa. Magari lo è, ma resta una merda. Col cazzo che è sempre tutto fantastico e che la vita è un continuo gorgheggio di gioia.
Mio papà aveva ragione: essere buoni ma non coglioni. Ora che lo sapete, regolatevi di conseguenza.




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