domenica 21 febbraio 2016

Dei conflitti, delle difficoltà, dei problemi, dell'equilibrio e degli sbatti

Ho fatto un workshop di scrittura teatrale e recitazione, ovvero ho il cervello un po' fritto ma molto vivo dopo 20 ore di lavoro in 2 giorni e mezzo.
Guardare alla drammaturgia come possibilità di un vita un po' più interessante di quella inconsapevole, ecco, era un esercizio che non facevo da un po'.
Considerazioni emerse.
I conflitti sono di tre tipi: interno, interno di origine esterna, esterno.
Esemplifichiamo: vorrei un gelato.
Conflitto interno: non so se mangiarlo è giusto o sbagliato: potrei essere intollerante al lattosio, temo di ingrassare, ne ho già mangiati altri 5...
Conflitto interno di origine esterna: vorrei un gelato ma costa troppo, non so se posso davvero spendere 4 euro visto che ne ho in tasca 5 per arrivare a venerdì ed è lunedì pomeriggio. Oppure: vorrei il gelato di una certa gelateria ma è chiusa, quindi non so se ripiegare su un gelato qualsiasi.
Conflitto esterno: voglio un gelato ma il proprietario della gelateria non me lo vuole vendere perché gli sto antipatica, oppure voglio un gelato, lo compro e mentre sto per mangiarlo arriva uno che me lo ruba.
La reazione alle difficoltà che insorgono da questi conflitti sono la misura del desiderio del personaggio nel perseguire il suo obiettivo. Può mollare subito, sentirsi annientato e non volere più niente, usare la resilienza per trovare altri modi per raggiungere il suo obiettivo...
I problemi sono solo il mezzo che abbiamo per trovare soluzioni adeguate. Senza problemi ci annoieremmo perché tutto sarebbe già scritto. Senza problemi perché vivere? Non avremmo niente da sistemare. La nostra capacità di vedere i problemi e la nostra capacità di trovare soluzioni sono la nostra forma di intelligenza più acuta e utile.
A lungo ho pensato che l'equilibrio fosse l'ideale eterno da trovare una volta per tutte. Che minchiata. Dall'equilibrio, nell'equilibrio, non scaturisce la vita, perché l'equilibrio che si fissa è quello proprio delle cose finite, intrappolate, inerti. Dei problemi risolti una volta per tutto, tipo con fine del film o del dramma, o con la sepoltura.
Gli sbatti sono problemi a cui ci rifiutiamo di collegare la necessaria soluzione. Vediamo solo il rovello, l'impiccio, il fastidio, e non la possibilità creativa che ne è l'inevitabile accompagnatrice. Quando ragioniamo per sbatti, non siamo creativi. Siamo solo reattivi. E' come scrivere un testo, o provarlo per la prima volta ed essere infastiditi se non funziona subito.

L'ultima considerazione è che Umberto Eco forse è vissuto invano. Gli intellettuali o presunti tali che fanno corsi come questi dovrebbero ogni tanto anche dedicarsi a ciò che considerano trash, vile, inappropriato. Perché io tante cazzate sui social media come quelle che ho sentito in questi giorni, raramente. Li mortacci nostri, pure io non ho la televisione, però ogni tanto riemergo dal sarcofago di libri, buonismo e pensieri alti. E se nomino The Voice non andatevene a male! A maggior ragione visto che per scrivere di cose e persone vere bisogna almeno un po' amarle, anche se non ci piacciono, e perché imparare ad  aver a che fare con persone diverse da noi è un sano esercizio di creatività (e umiltà).




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