venerdì 12 febbraio 2016

Tregua

C'è stato un periodo della mia vita in cui l'unica cosa che volevo era rompere i coglioni.
Dovevo rendere evidente una verità su me stessa al giorno, in una sorta di bulimia di ricerca di verità, guidata dal sacro e fervente spirito di Nietzsche che viveva in me.
Ma non soddisfatta di rompere i cabasisi a me medesima, li rompevo pure agli altri, convinta che tutti avessero il dovere di stanarsi, dandosi la caccia senza tregua, e pure il diritto di sentire da me ciò che da soli non riuscivano a vedere.
Avevo sempre ragione, su di me e pure sugli altri.
Ma facevo continuamente esplodere bubboni, creavo crisi, cercavo diplomazie tra le varie entità della mia psiche e tregue (armate) con gli altri.
Ora sapete che c'è?
Anche ora vedo un sacco di cose, e so di avere spesso ragione in virtù di un intuito preciso. Eppure la via mediana della civile convivenza venata di illustre consapevolezza e di sana accettazione vince.
Guardo, rifletto, agisco, sto zitta. Non mi rompo il cazzo. Non ve lo rompo. Vivo. E vi lascio in pace.
Poi, se chiedete, vi dico tutto quello che volete, vi spiego tutte cose. E so che mi ringrazierete. Anzi, fatelo, chiedete per favore! Ottimi consigli al prezzo, al massimo, di un bicchiere di vino.
Ma se non chiedete, liberi di essere perfetti così come siete. Anche di guardare Sanremo, giuro.


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