venerdì 23 novembre 2012

Chi lascia la strada vecchia per la nuova...

... non saprà mai ciò che non trova.
Durante le mortali lezioni di scienze dell'educazione, ho pensato una cosa.
Che per essere educatori, e in fin dei conti esseri umani (infatti se il fine dell'educazione è fare in modo che crescano esseri umani il più possibile liberi e pieni e consapevoli, allora voglio allargare l'educazione a ogni relazione, senza stabilire chi è l'educatore e chi l'educato) bisogna essere disposti a cedere pezzi del nostro mondo, del nostro modo di vedere il mondo, e a riceverne di nuovi.
Incontrare l'altro è come partire per un nuovo continente, bisogna prima lasciare quello vecchio per raggiungerlo, o semplicemente per incontrarlo a metà strada.
Il narcisismo, l'ideologia, la sclerotizzazione della mente e dello sguardo in ciò che presumiamo vero e immutabile, la difesa spesso passiva aggressiva del nostro orticello, l'incapacità di ricevere critiche e di criticare sono nemici acerrimi dell'educazione e della relazione.
C'è un lavoro gigantesco da fare su di noi, e che si fa anche nella relazione, non solamente prima. Sbagliando si impara. L'idea che un giorno saremo perfetti, e allora sì potremo relazionarci per davvero, è solo un'altra forma di presunzione, perché presumiamo di poter bastare a noi stessi.

E' tutto un po' confuso. Ma una domanda chiara ce l'ho: date le premesse di cui sopra, cioè che è necessario essere disposti a cambiare mentre si educa e mentre si entra in relazione, come possono esistere educatori cattolici? O anche marxisti se è per quello, ma scuole private pagate dallo stato di stampo marxista non me ne vengono in mente...


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