venerdì 12 luglio 2013

Mistica da salotto

Ieri è stata una giornata faticosa.
Mille decisioni da prendere e problemi da affrontare.
Alla sera non volevo uscire, poi due amici mi hanno convinto e sono andata al Conservatorio per concerto e film all'aperto.
E lì, mentre mi godevo la brezza sulle spalle scoperte (mi ero pure messa un abito a pois di mia mamma, superelegante, ma sdrammatizzato dalla mia vena hipster) e gli uccelli che si rincorrevano sopra di noi in un tramonto morbido come un gelato al pistacchio, un coro ha cantato Veni creator spiritus.
E silenziosamente ho iniziato a piangere.
Ed ero felice di questo pianto che mi riconciliava con il mondo, con me stessa, con le mie memorie di cattolica, con la mia nuova sensazione che il mondo sia pervaso da un divino che è possibile cogliere e distillare, e che anzi, è in attesa del nostro sforzo perché questa trasformazione della realtà avvenga.
Ero felice e amavo tutte le persone accanto a me, principalmente snob del centro di Milano. Ma io li amavo, tutti. E speravo che tutti piangessero con me, e me ne fregavo del fatto di piangere in mezzo a sconosciuti. Perché non erano sconosciuti. Eravamo fatti della stessa materia/energia. Siamo fatti della stessa materia/energia.
E tutto quello che vedo delle persone è solo un involucro. Dentro (oltre) ci sono strati di mondo che aspettano di dispiegarsi e che potranno farlo solo quando io li guarderò con occhi nuovi, aperti, dispiegati, distesi, amanti.
La responsabilità della bellezza o dell'orrore del mondo in cui vivo è sempre e solo mia. E' sempre e solo tua.



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