martedì 28 giugno 2016

A tutti quelli che credono di non farcela

Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, a chi bussa sarà aperto. Dal Vangelo di Luca, 11, 9-10

E mi includo nella lunga lista di quelli che non credono di farcela, anche se i fatti dicono che ce l'ho fatta, ce la sto facendo e non ho nemmeno combattuto così forte.
Negli ultimi 24 mesi ho attraversato un piccolo personale inferno. Sembrava che da ogni parte mi girassi le cose cadessero a pezzi.
Un breve riassunto per chi ha perso delle puntate.
- ho perso un girino che stava nella mia pancia, come se fosse fatto di niente, e invece era fatto, se non d'amore, di follia d'amore
- il fidanzato mi ha lasciato. Se n'è andato di casa, senza preavviso e fidanzandosi dopo due settimane con quella che negava di scoparsi ma io lo sapevo che se la scopava. Non mi ha mai più cercata nemmeno per salutarmi.
- si sono suicidati due ragazzi della mia età, non amici ma quasi, buttati sotto il treno per la disperazione
- ho visto persone a cui voglio bene lottare contro tumori di vario tipo e, in un paio di casi, uscirne sconfitti
- ho visto una persona che amo immensamente prendersi il cazzo di HIV
- ho visto una persona che amo immensamente scendere in un inferno di paranoie incontrollabili e ho provato a farmi roccia su cui potesse appendersi per risalire almeno un po'
- ho riaperto posti del passato che avevo chiuso in una polveriera, e non sono saltata in aria
- sono stata in India da sola, non mi sono fatta sposare da nessuno dei medici indiani che mi si sono proposti e sono sopravvissuta ad un'intossicazione alimentare con visioni annesse
- ho imparato a chiedere al mio corpo che cosa ha quando si ammala, e praticamente non prendo più medicine
- ho avuto visioni della realtà ultima dell'universo senza friggermi il cervello
- ho imparato il perdono
- ho preparato due orrendi concorsi per l'immissione in ruolo come docente, di cui almeno uno passato
- ho visto ragazzini devastati da genitori che si meriterebbero di perdere la potestà genitoriale e non ho sbroccato
- ho imparato a depennare, una via l'altra, le persone che non aveva nessun senso assecondare nei loro deliri di controllo o svalutazione o oppressione, e l'ho fatto senza isterismi, ho semplicemente preso la porta, che era sempre stata lì
- ho imparato a non mettere le mani al collo (e non averne nemmeno la tentazione) a chi questiona continuamente la mia vita. Spesso sono le zie, ma non solo.
Ho visto anche un sacco di bellezza e amore e pulizia e cose che mi hanno smosso le viscere anche quando pensavo di essere paralizzata. Però sono stati 24 mesi di fatica. Ci sono ancora delle cose che hanno bisogno di essere affrontate completamente, ma sono qui.
Mi sembra di essere cresciuta di 10 anni. Eppure ancora sorrido, non ho troppe rughe di preoccupazione in mezzo agli occhi e soprattutto non voglio più avere un cazzo per cui sperare che le cose vadano meglio. 5 o 6 anni fa, non mi ricordo precisamente quando, ero sdraiata su un letto con il timore di volare via e dissolvermi nel nulla ed ero infelice, profondamente infelice. Ero arrabbiata, rancorosa, passivo-aggressiva, piagnona, terrorizzata dalla vita e dalle conseguenze di ogni azione. E pensavo che fosse normale. Pensavo che se avessi ottenuto alcune cose tutto si sarebbe risolto. Che minchiata.
Non è stata la speranza a salvarmi la vita, ma l'accettazione del presente. Qualsiasi sia il presente.
Accettazione significa piangere tutte le lacrime che vogliamo piangere, scrivere tutto ciò che vogliamo scrivere, lavorare al meglio, fare tutte le capriole di gioia che riteniamo necessarie per appagare lo spirito, stare in silenzio per ore, parlarne altrettante, sbronzarsi o andare a meditare. Accettazione totale di quello che c'è, di quello che è preparato per noi, perché abbiamo la consapevolezza che possiamo affrontarlo. Se è davanti a noi, è per essere affrontato, e lo sapremo fare.
La speranza è una trappola per poveri illusi, che si illudono di qualsiasi cosa: il guru gli darà la risposta, ci sarà la vita eterna, arriverà il principe azzurro o Geeg Robot d'Acciaio a salvarle, avranno successo, un lavoro migliore, la prossima riga di bamba li renderà immensamente liberi e felici, la vacanza dei sogni li cambierà eccetera eccetera eccetera. La speranza è quella cosa che rende gli occhi delle persone in metropolitana vitree e opache e senza luce. La presenza li rende invece scintillanti e vivi, sia nella gioia che nella tristezza.
Non esiste la speranza. Esiste una cupa disperazione al fondo di ognuno di noi in cui prima affondiamo e meglio è. Bevetela. Sputatela, tossendo e vomitandola. Trovate qualsiasi cosa vi faccia stare bene e fatela, il più spesso possibile. Concludete i vostri progetti (ecco, io su questo sono stata carente ma arriverà il momento anche per questo) o inventatene di nuovi. Cercate le risposte non negli altri e nemmeno nella vostra testa. L'unico posto in cui dovete guardare è il vostro corpo. Ascoltatelo. Lui sa tutto. Lui siete voi. Smettetela di pensarvi migliori o peggiori del vostro corpo.
Non aspettatevi un cazzo. Avrete tutto, niente di meno. L'universo è a disposizione, ma davvero pensiate che darà qualcosa a chi invece di chiedere si lamenta, invece cercare si rotola nella sua miseria e invece di bussare gira le spalle alla porta?
Non siate ridicoli. Tuffatevi, ora.



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