lunedì 17 febbraio 2014

Immaginate questa scena in una qualunque cucina

Lui torna dal lavoro. E vuole la cena pronta. Che è già tardi. E' tornato pure più tardi dal lavoro ma la cena ancora non è pronta.
E lei ha passato la giornata al telefono e poi gli imprevisti e pure il traffico. E sa che avrebbe dovuto preparare la cena a lui. E allora si sente in colpa, e va al supermercato. E non gliene frega niente di preparargli la cena. Che poi le viene voglia di mangiare anche lei, ma domani deve andare a farsi pesare.
Ma deve, e quindi torna dal supermercato. Lui è al computer, lo chiama, squillante, e lei finge di avere molte alternative. E gli chiede che cosa vuole.
E lui dice, la mia cena? Basta che mi lasci mandare una mail, fai quello che vuoi.
Ma non è vero. E' arrabbiato. E non la vuole vedere, e preferisce stare davanti allo schermo, per una mail che forse nemmeno esiste.
E lei non ha proprio la testa, e brucia la sua cena, la dimentica nel forno. E quando se ne accorge si muove concitata sotto il suo sguardo severo e di disgusto rabbia e fastidio, ma sorride, che ci sono ospiti.
E ci riprova, e rimette le cose in forno. Ma lui è arrabbiato.
E poi quando si mette a tavola, e lei spostando il tavolo per far spazio ad un ospite gli toglie lo spazio vitale, allora lui alza la voce, e gli dice che la colpa è sua. E lei dice che non è colpa sua se il tavolo ora traballa, ma lui si alza per prendere l'acqua e allora lei lo sistema. E poi lo guarda e gli dice soddisfatta: fatto, è apposto ora.
E poi lui finisce la zuppa, e vuole mettere i piatti in lavastoviglie, ma la lavastoviglie è carica. E allora la vuota, durante la cena, e fa rumore con i piatti, e lei è in mezzo che serve il secondo e lui non riesce a mettere i piatti nell'armadietto e li sbatte e se ne rompe uno.
E allora puliscono. E la cena non più bruciata è ora fredda. E l'ospite non mangia come si dovrebbe mangiare, che è strana. E invece lui sa che cosa si deve mangiare.
Poi lei si alza, e vuota rumorosamente le posate, e lui gli dice: donna, non fare rumore. Lei si siede.
E poi, mentre mangia la sua cena lo dice. No, non lo ammette che è arrabbiato, ma dice che al lavoro c'è un coglioncello nuovo, che ora gli dice che cosa deve fare per far guadagnare più soldi all'azienda. A lui lo dice, che è sempre diventato il capo di quelli che l'avevano assunto.
E allora è evidente, che cosa è il problema: almeno lei stasera, con la cena, con la sua (di lui) cena, lo avrebbe dovuto far sentire il re dell'universo. E invece niente.
E allora lei per riparare almeno un po', e distrarlo, prende una cosa bella da mostrargli, una collana di sua mamma che ha trovato proprio oggi, ma poi le cade e non la trova. E lui è furibondo, con questa donna che non sa fare un cazzo.
E lei vorrebbe dirgli che può andare a cagare.
Ma non lo fa. E nemmeno lui. Che ci sono ospiti. E poi loro si amano, e chi si ama non si manda a cagare, che hanno anche appena festeggiato San Valentino.
E allora dopo cena stasera c'è sempre la tv, separati, ma stasera prima parleranno un po' di più, con il segreto/palese obbiettivo che lui o lei la/lo torni ad amare.

E a me, che di solito stempero, a me oggi viene da stare male. E mi sento stronza anche. Ma oggi va così.  Io sono una degli ospiti, e vorrei non vedere enon sentire ma non posso e allora oggi decido di non parlare. E penso solo, da stronza che sono, che così, così mai. Che cenare allo stesso tavolo per un sacco di anni non significa niente di tutto questo.
E respiro, che non sono più nemmeno adolescente. E non sono nemmeno la figlia di questi due.
Ma avrei solo voglia di fargli vedere, di dirgli "Cazzo, ma non vedi? Nemmeno tu vedi? Non vedete che siete solo il sacco della spazzatura delle vostre reciproche frustrazioni?"
La spazzatura si butta nel secchio della spazzatura, né per strada, né sul pavimento, né addosso ad un altro. Si fa un bel sacchetto, poi quando è pieno, lo si butta fuori. La spazzatura è privata. Al massimo ne parli, della spazzatura, al massimo ti fai aiutare a portarla fuori, ma non la mostri per ottenere rispetto o compassione, né te la lanci addosso e giochi a sporcare tutto. Cristo, quanti anni avete?!
Ora respiro. Che non sono adolescente, non sono loro figlia, e sono solo una stronza che si dice che qualche possibilità di fare meglio ce l'ho. Respiro, e vado a letto.
E scusate per la spazzatura che vi ho buttato addosso.




Due foto, perché Martin Parr, la prima, è d'obbligo. La seconda è per provare a darmi speranza. Provare a sopportare non solo me, ma loro due. Anche se loro, tra di loro, non si sopportano. 


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