lunedì 16 dicembre 2013

Dell'inutilità delle maiuscole o del (non) dirmi cristiana

Sono andata a due Christmas services nell'ultima settimana.
Uno nella locale chiesa metodista, tenuto da Salvation Army, l'altro in una chiesa anglicana.
A parte la felicità dei pastori nel vedere le chiese piene, il freddo e Come all ye faithfull cantata da me in latino (con rischio di essere bruciata in quanto bloody Catholic, che è uno dei miei mille soprannomi according to my landlord), e a parte l'interesse antropo-sociologico, non ho potuto che riflettere, ulteriormente, sulla mia appartenenza religiosa.
Non posso non dirmi cristiana. Ma detesto non potermi dire totalmente non cristiana.
Le canzoni di Natale mi commuovono. Forse andrò persino alla messa di mezzanotte, se il vin brulé non avrà la meglio. Capisco il senso e l'esigenza di riti comunitari. Se avessi o avrò figli probabilmente li farei battezzare, anche se poi gli confonderei tremendamente le idee. Le parole dei Vangeli, ma anche qualcosa della Bibbia, mi risuonano dentro. Ecco, scrivo pure vangeli e bibbia con la maiuscola, automaticamente. E non solo per una questione grammaticale. Non riesco a considerarli libri come tutti gli altri.
Gesù Cristo era un grande uomo. E mica serve che lo dica io. Magari era solo un simbolo di un grande uomo, magari era la rappresentazione mediorientale dell'ancora più orientale Siddhartha Shakyamuni, aka Buddha, che comparando le due storie è palese che siano molto molto simili.
Ma non riesco a credere che Gesù sia stato mandato da Dio/dio che sta nell'alto dei Cieli/cieli perché si incarnasse sulla Terra/terra e ci redimesse dai peccati.
Posso tranquillamente credere che Gesù fosse un essere umano talmente grande, talmente sovra-umano, da diventare dio. O meglio, credo, e spero, che Gesù abbia allargato la sua anima tanto da lasciarsi invadere da dio.
E nemmeno posso credere nella transustatazione, ovvero che l'ostia e il vino, consacrati, divengano realmente, e intendo REALMENTE, il corpo e il sangue di Cristo. Posso accettarli come simbolo di comunione, appunto. Con le persone, con il famoso prossimo, ovvero anche con il vicino di casa con cui non parlo da anni ma con cui condivido lo stesso pane ovvero la stessa umanità e al contempo divinità. E quella comunione dovrebbe portarmi a non odiarlo più. Ma non mi pare che le cose vadano così.
E certamente non posso credere che Gesù, per conservarsi santo e puro, sia nato da una vergine. E' una concezione maschilista e sessuofoba. Tutto è santo, the world is holy.
Non riesco ad accettare di credere che il cristianesimo sia LA religione, dando per scontato che le altre religioni siano una fandonia. Lo sono tutte, e non lo è nessuna. Rispondono tutte a bisogni profondissimi di ogni uomo, ma credo diano risposte immature e semplicistiche. E credo che l'applicazione di queste risposte immature e semplicistiche sia in fondo alla base della nostra personalità/civiltà spesso immatura e semplicistica. Soprattutto le cosiddette "religioni del libro", non mi sembrano per nulla efficaci nel creare una società migliore, pacifica e giusta. Erano meglio gli antichi Romani con il loro accogliente politeismo, o Ashoka, imperatore buddhista da noi davvero troppo poco conosciuto.
Le religioni organizzate dovrebbero, a mio parere, limitarsi a mostrare un esempio di vita spirituale e di amore, e insegnarci a porci le giuste domande e coltivare le giuste pratiche per indagare noi stessi, il mondo e Dio, anzi, dio. E per giuste non intendo Giuste, intendo efficaci, utili, sensate ovvero piene di senso e umanità. Invece noi cerchiamo risposte, non capendo che dio si trova maggiormente a proprio agio nelle domande.
Del resto le ultime parole di Gesù in croce sono state "Dio mio, dio mio, perché mi hai abbandonato?". Mica un'enciclica...



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