martedì 3 dicembre 2013

Una pasta al ragù al sesto piano di un palazzo di Manchester.


Mourning, as we know, however painful it may be comes to a spontaneous end.When it has renounced everything that has been lost, then it has consumed itself, and our libido is once more free (in so far as we are still young and active) to replace the lost objects by fresh ones equally or still more precious. Sigmund Freud, On Transience 

Sono andata a Manchester nel fine settimana. Alla fine di una settimana in cui sono stata mangiata viva dalla nostalgia di casa, e dalla stanchezza, e da un certo senso di inutilità.
Inizio ad entrare nella fase centrale del mio assistentato in UK. La fase iniziale di totale novità è passata, il mio inglese non ha più un progresso così veloce, molte delle cose che volevo fare qui non si stanno concretizzando.
Mi mancano gli amici. Mi manca l'amore.
A Manchester mi ospita un amico francese, che sta al sesto piano di un palazzo che affaccia su dei palazzi come quelli brutti che a me piacciono tanto della periferia di Milano. E a me un po' piace lui, e anche io a lui. E c'è anche un altro amico, dal Belgio. E anche noi ci piacciamo, ma in un altro modo. E sono felice di essere lì. In una città. Bella, decadente, forte. Una città. Con loro che mi prendono in giro perché mi dicono che mi portano nel quartiere hipster così mi sento a casa. E io che chiedo al belga se il Belgio esiste davvero, e al francese dico che ha un accento un po' scemo e un po' sexy.
E a Manchester vado a vedere Blue is the warmest colour, ovvero La vie d'Adèle, ovvero La vita d'Adele. Perché il francese ama Adèle, e io sono persino un po' invidiosa. E prima di entrare ci facciamo le foto che sembriamo Jules e Jim, io che guardo uno, e poi guardo l'altro. E c'era una luce rossa e i riflessi delle coppie che parlavano piano nella caffetteria del cinema. E la vita fuori. E io che respiro e sospiro la città.
E sulla poltroncina del cinema piango per un'ora e mezza, e un'altra mezz'ora dopo. E piango perché rivedo me stessa dentro lo schermo, e pazienza se il mio era l'amore per un uomo e non per una donna. Era l'amore.
E piango, perché dopo quello sguardo ad una festa di Carnevale, io non mi sono più sentita predestinata per nessuno. Non l'ho più concesso a nessuno.
Piango per riempire il vuoto che ho dentro. Immenso, divorante,  una dannazione.
Piango perché Adèle ha perso l'innocenza, come me.
Piango perché il mio amore, come il suo, mi diceva che non ero abbastanza.
Piango perché lei, come me, ha tradito il suo amore.
Piango perché mi vedo agire nel mondo e mi vedo lavorare con la tabella del dare e dell'avere in mano, e mi faccio vomitare.
Piango perché vorrei abbandono. E produco solo sforzo.
Piango per la miseria di chi non ha amato mai. E per la fatica di chi vuole amare sempre.
E amo ogni immagine di Adèle, sporca, sudata, spettinata, vorace (pronunciato in francese però, è più bello). La vedo mangiare ed è meraviglioso. Mangia Adèle, ed è felice. Piange, e quando piange le se inonda la faccia, come a me. Ha il moccolo al naso e singhiozza. Come me.
Elle est perdue. She's lost. È perduta Adèle. Ma è forte. Ed ama la vita. Si impegna, cammina decisa, si mette il vestito blu, si guarda allo specchio con paura, ma va dove deve andare. E quando arriva saluta tutti, e beve il vino e io che la guardo mi chiedo: ma come fanno a non vedere che è rotta? Sta sanguinando, povera Adèle.
Io anche sto sanguinando. E mentre sanguino e divento debole, prima sulla poltroncina del cinema e poi nell'aria fredda di Manchester, mi sembra che tutto prenda un senso, una posizione in un puzzle che al momento non riesco a completare, ma vedo il disegno generale.
E allora andiamo, io e i miei due amici, a fare la spesa. Ero già la cuoca designata, in quanto femmina ed italiana. E allora anche se sono vegetariana decido di cucinare la pasta al ragù, la stessa che Adèle mangia con i suoi genitori, e che cucina per gli amici di Emma, ma per Emma, mica per loro. E per se stessa, per il suo amore cucina. Perché le fa bene al cuore cucinare per il suo amore.
E la pasta al ragù mi piace un sacco, e quando mia mamma cucinava il ragù ero felice. Ed ho imparato a farlo bene, e anche se sono vegetariana voglio mangiare la pasta al ragù come Adèle. Voglio mangiare la pasta al ragù al sesto piano di un palazzo di Manchester con il mio amico belga e il mio amico francese, che si chiama Max ed è triste pure lui. Il belga no, è felice, lui ha la sua birra. Sembra sempre così sereno lui.
E allora ecco, cucino la pasta al ragù, con calma. In un appartamento al sesto piano di un palazzo di Manchester.
Bevo il vino rosso intanto. E ascolto la musica che i miei amici scelgono. Musica africana, e I follow river, che balliamo un po'. Ma Adèle la ballava meglio nel film.
E penso ai miei amici che stanno altrove, non lì nell'appartamento al sesto piano di un palazzo di Manchester, e decido che proverò a raccontare a loro questo momento. Che lo so che sto semplicemente cucinando una pasta al ragù al sesto piano di un palazzo di Manchester, ma c'è una vita che sta andando apposto lì dentro. E li vorrei lì, e cucinerei una pasta al ragù gigante, anche se ho solo delle pentole piccolissime, nell'appartamento al sesto piano di un palazzo di Manchester.
E poi ogni tanto sento le lacrime in fondo alla gola, allora mi rollo una sigaretta. E leggo On Transience di Freud, che Thomas ha con sé, chissà poi perché. Ma anche Freud è un altro pezzo di qualcosa che si sistema, facendosi spazio, facendomi male. E poi parliamo del fatto che tutto passi e mi chiedono di farli meditare e io dico, ok.
E poi metto in tavola la pasta. Metto la pasta in tavola in una casa da studenti al sesto piano di un palazzo di Manchester. Per me, e un amico belga e un amico francese.
E allora mi accorgo che stiamo facendo una cosa. L'unica cosa sensata da fare. We are sharing love.
E benedico tutte le mie lacrime, e quelle di Adèle, e quelle di Max che non vedo, e quelle del mio amore, e quelle di chi avrei voluto amare ma non ce l'ho fatta, e quelle di chi mi avrebbe voluto amare ma non ce l'ha fatta. E le mie.
E mangiamo la pasta al ragù. Fine della storia.




4 commenti:

Anonimo ha detto...

"E per la fatica di chi vuole amare sempre."

Mi chiedo se ha ancora senso leggere dopo questa frase. Nella vita dico.

s

misanderstanding ha detto...

Caro S., ha senso vivere. L'avrebbe, perlomeno, se ci si riuscisse. Se ci riuscissi, io.

LoveIsNoise ha detto...

E in tutto questo amore, mi sento di dirti che ti amo, anche se hai un po' spoilerato e mangiato ragù non di soia.

misanderstanding ha detto...

Amore nonostante lo spoiler. Wow, non ne sono mai stata capace...