mercoledì 4 dicembre 2013

Le conseguenze di una pasta al ragù (ovvero dell'amore)

Le conseguenze dell'amore sono imprevedibili.
Nessuno giocherebbe con passione una partita a calcio se sapesse nei dettagli che cosa succederà (per questo il calcioscommesse sta uccidendo uno sport di cui non mi frega niente ma che trovo molto bello, soprattutto se visto allo stadio).
Oggi parlavo in chat con P., il mio ex fidanzato/fidanzatino/best friend with benefit (non so come definirlo perché non ci siamo mai detti che cosa eravamo). Quello venuto dopo il grande amore di cui ho parlato molte molte volte qui.
E gli ho detto "Per favore, se hai letto o leggerai il mio blog non rimanerci male. Perché a te ho voluto bene, ti voglio bene, posso persino dire senza mentire che ti amo, ma a mollare la presa e ad invitarti a mollarla, proprio non ce l'ho fatta. E l'altra sera piangevo anche per quello, perché non ce la faccio".
E lui mi ha detto che non mi legge più, perché non vuole essere coinvolto in questa condivisione di sentimenti da web 2.0.
E prima di aver scritto il post di ieri, dissi al mio perduto amor, che mi cercò in skype e vorrei coccolarlo e menarlo fortissimo allo stesso tempo, che avrei scritto qualcosa su La vie d'Adèle che tanto mi aveva fatto piangere, mentre avevo in testa la faccia e le mani sue.
E capisco la reazione di P., e mi chiedo perché scrivo questo blog. E per chi.
E credo di scriverlo perché ho scelto un commitment di onestà, scavo, rielaborazione, che devo a Nietzsche, e scrivere che lo devo a un pazzo genio filosofo fa ridere fortissimo. Scrivo questo blog perché sto meglio se scrivo. Perché voglio condividere qualcosa, che mi sembra che sia il senso della vita, condividere. Però poi mi chiedo se posso condividere anche la vita degli altri, se posso fare del male (è successo) tramite questo strumento. Se è vero che mi schermo, che lo uso come uno scudo e a volte come un'arma. Mi chiedo se scrivo questo blog perché sono totalmente egoriferita e perché l'analisi mi ha abituato a spezzettare tutto, e penso che queste due risposte siano molto molto plausibili.
E penso che non dovrei scriverlo più questo blog, ma dovrei imbottigliare ciò che sento e sottoporlo a una più intensa trasformazione al fine da rendere meno immediata la mia vita, e provare a fare qualcosa di più lungo, meditato, rielaborato di quattro parole a volte messe decisamente a caso.
E alla fine mi ricordo che le conseguenze dell'amore sono imprevedibili.
La vita vera è cucinare e poi mangiare la pasta al ragù al sesto piano di un appartamento di Manchester. La vita mediata è scrivere di questo. La vita ancor più mediata è leggere gente che mi dice "grazie, mi hai emozionato". Ma è vita vera anche questa, quella mediata. Anche Adèle non è vera, ma mi ha emozionato davvero. La vita vera è avere un virus intestinale dopo aver mangiato la pasta al ragù al sesto piano di un appartamento di Manchester.
La vita vera è quando smetti di chiederti quali sono le conseguenze dell'amore. E capisci che le conseguenze dell'amore sono tutto ciò che ti circonda, tutto ciò che sei.
La conseguenza dell'amore è l'universo intero.

3 commenti:

Daniele ha detto...

Mi ha profondamente emozionato quello che hai scritto. E non lo dico solo perchè l'hai scritto nel post, ma davvero mi sono rivisto. Anch'io, detto banalmente, abito al sesto piano e recentemente abbiamo fatto il ragù. E mi sono chiesto:"È questa la realtà? Fingermi felice in un paese straniero solo perchè attorno a me tutti credono negli altri? Essere felice per una pasta venuta bene?" È strano come di Milano odiavo più di tutto l'indifferenza, sarei scappato dovunque pur di non vedere più quel menefreghismo dominante, qui non c'è traccia di indifferenza eppure mi manca Milano.
No, per me la realtà non è qui. non riesco a dirti dov'è, ma non la sento qui come non la sentivo in casa mia in Italia. (In Italia mi sentivo a casa per strada).
Mi dispiace leggere che piangi per un uomo, anche perchè io odio gli uomini, ne ho conosciuti pochi che meritassero le lacrime di una ragazza come te. Ma è anche bellissimo sapere che ti emozioni, che ami qualcuno, che non sono l'unico essere vulnerabile al mondo ma che ci sono altri che si emozionano per i film e per aver perso qualcuno.
(...scusa se mi sono dilungato, ma ci tenevo a dirtelo.)

misanderstanding ha detto...

Grazie Daniele.
Probabilmente siamo solo degli sradicati un po' alienati.
Bello riconoscersi, no? E bello mangiare la pasta al ragù e sapere di essere vivi.
Cmq preciso una cosa: io non piango per un uomo. Non ora. Non più. Piango per me. E non so se è un bene o un male.

Daniele ha detto...

Sì, bello. :-)
E se piangi per te è certamente un bene.
Io ho pianto per me per un anno intero. E ne sono uscito migliore.