venerdì 20 dicembre 2013

Ho idee che non condivido/3

Negli ultimi anni mi sono avvicinata al buddismo.
E' un modo di vedere il mondo che mi piace, perché dice che sebbene tutto quello che vediamo e facciamo è in ultima analisi destinato a finire, foriero di dolore e inconsistente (impermanenza, sofferenza e non sè sono i tre segni dell'esistenza) dice anche che non sei buddista se non pratichi la meditazione, ovvero una via pratica e sperimentale per liberarsi da questi tre marchi atavici che ci portiamo addosso, che il mondo si porta addosso, per il semplice fatto di esistere.
Questo significa prendersi la responsabilità delle mie azioni. Se medito, o se agisco in maniera meditativa (che non significa pensando, ma consapevolmente, in piena presenza) getto semi positivi per il mio karma. Se non lo faccio, negativi.
Perfetto. Fin qui tutto bene.
Ma.
Ma questa visione del mondo impiantata sulla mia radice cattolica piena di sensi di colpa, e fomentata da un atavico senso di essere sbagliata e pure da cattivi maestri, ha fatto in modo che mi convincessi che "fosse sempre colpa mia".
Ecco, no.
Non è vero. Non è sempre colpa mia. Posso fare meglio, ma non posso fare meglio anche al posto degli altri. Non posso farmi massacrare perché io devo imparare a ricevere i colpi. Non posso davvero credere che gli altri non abbiano responsabilità. Si finisce al manicomio così. O si diventa delle prede facili, e delle persone sconfitte. E si resta per sempre bambini (nel senso negativo di questa fantastica condizione)
Perché solo un bambino può credere che sia sempre colpa (o merito) suo, come se l'universo girasse attorno a sé.
Se gli altri sono stronzi, da praticante buddhista posso provare compassione per i loro atti, ma sicuramente non è colpa mia. Non è vero che me lo merito. E se sono felici, non è merito mio. Non è solo merito mio.Non restare attaccati a nulla, questo mi dice il buddismo. Godere finché c'è, ed essere pronta a lasciare andare. Soffrire il necessario, osservare il dolore, ma astenersi dal riaprire le ferite e lasciarsele riparire. Provarci, sedersi in meditazione e accettare ciò che c'è, ma non sforzarsi. Praticare la gentilezza amorevole e l'equanimità, non la stolta presunzione di essere ovunque, di comandare il mondo, nel bene e nel male.
E io lo sapevo, una parte sana di me l'ha sempre saputo.
NON E' SEMPRE COLPA MIA.


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